The King
19
"Eccolo qui," disse
Assail, indicando un punto attraverso il parabrezza. "Il bivio."
Aveva atteso un'eternità per veder
comparire la stradina quasi nascosta e soffocata dai sempreverde che infine
comparve quindici metri dinanzi a lui.
Seguendo le indicazioni date dal
telefono di Ehric, avevano percorso la Northway attraverso Adirondack Park,
superato un luogo chiamato Lake Placid, lo stesso dicasi per una montagna il
cui nome, considerato quel che si erano lasciati alle spalle, era piuttosto
calzante.
Gore Mountain.
E non aveva visto qualcosa di
simile a un villaggio invernale per amanti dello sci chiamato Killington?
Ovviamente il passatempo giusto per lui.
Era stato un lungo viaggio. Durato
ore e ore, ogni miglio macinato degli pneumatici della Range Rover come
un'infinita successione di ostacoli da superare.
"Grazie a Dio," borbottò
Ehric girando il volante e inforcando una miserabile striscia di terra.
La salita che si trovarono davanti
si adattava meglio a essere affrontata dalle capre, fortunatamente, però, la
trazione superiore della Rover, grazie anche a qualsiasi tipo di pneumatico
Goodyear su cui erano seduti, trasformò il tragitto in una alquanto piacevole
passeggiata.
Fu comunque un ulteriore
rallentamento infinito, al punto che Assail cominciò a credere che avessero
imboccato la direzione sbagliata: sebbene lo stesso Benloise fosse in auto con
loro, non si sarebbero fatti scrupoli con lui per avere una specie di ordine
appropriato in base a cui se l'uomo non avesse contattato i rapitori entro dei
termini prestabiliti, chiunque avessero in custodia sarebbe stato eliminato.
Assail sollevò il gomito verso lo
sportello e appoggiò il viso nel palmo della mano. Il fatto che Marisol fosse
una femmina lo angosciava. I maschi erano in grado andarci giù pesante con
quelli del proprio sesso - pensare a tutte le cose che potevano essere fatte a
una donna era un incubo per cui lui pregava non fossero ancora state
effettuate.
"Più veloce," disse lui a
denti stretti.
"E correre il rischio di giocarci
un ammortizzatore? Dopo dobbiamo scendere da questa pila di rocce."
Proprio quando Assail stava per
ruggire, la meta si presentò all'improvviso e senza alcuna fanfara. Una
struttura in cemento a un piano attraente quanto una cuccia per cani fu a
portata di vista, e prima ancora che si avvicinassero, lui si liberò della
cintura e saltò giù dall'auto -
Nello stesso istante, la porta
della casa si spalancò.
E per il resto della sua vita,
Assail non avrebbe mai dimenticato ciò che ne uscì.
Marisol era nuda dalla vita in giù,
un parka, che lui riconobbe, sventolava selvaggiamente alle spalle della donna
mentre barcollava nella notte. Accecata e illuminata dai fari dell'auto, lei
brillava di rosso, dei rivoli di sangue che scorrevano lungo le gambe e di
quello che imbrattava il suo pallido torace, il volto tetro come la morte
mentre puntava la pistola dritto di fronte a lei.
"Marisol!" urlò lui.
"Non sparare! Sono Assail!"
Lui alzò le mani in aria, ma non
era così sicuro che lei potesse vederlo. "Sono Assail!"
Lei incespicò fermandosi, ma, da
brava ragazza, tenne la pistola in alto mentre sbatteva le palpebre come se
fosse miope. "Assail... ?"
La voce della donna rotta dalla
disperazione lo cambiò per sempre: al pari della vista di lei, avrebbe sentito
le due sillabe spezzate del suo nome per il resto della sua vita.
Nei suoi incubi.
"Marisol, cara Marisol... sono
venuto per te."
Voleva dire a Ehric di spegnere
quelle maledette luci, ma non sapeva chi altro ci fosse lì con lei e se
qualcuno la stesse inseguendo.
"Marisol, vieni da me."
Il modo in cui la mano le tremava
quando la portò alla propria testa gli fece desiderare di andare da lei. Ma non
sembrava sicura se quella fosse la realtà o un inganno della sua immaginazione.
E con quella pistola tra le mani, era tanto pericolosa quanto vulnerabile.
"Marisol, ho promesso a tua
nonna che ti avrei salvata. Vieni da me, tesoro. Segui la mia voce."
Lui tese le braccia nell'oscurità.
"Assail..." Quando fece
un passo avanti, lui si accorse che la donna zoppicava. Pesantemente. Quindi,
parte di quel sangue doveva essere il suo.
"Ha bisogno di cure
mediche," disse lui ad alta voce. Dannazione, come poteva curarla?
Se fosse morta durante il viaggio
di ritorno...
Quanto di quel sangue era il suo?
Quando Sola fece un passo e un
altro ancora, e nessuno le venne dietro, Assail fu pervaso dalla speranza che
non tutto il sangue che la ricopriva fosse il suo.
"Vieni da me." Quando
sentì la propria voce spezzarsi, percepì lo sguardo scioccato che Ehric gli
lanciò dal SUV. "Mia adorata..."
Marisol usò la mano tremante per
schermarsi gli occhi e, per qualche ragione, quello lo fece concentrare sul
fatto che lei fosse nuda.
La gola di Assail gli si strinse
talmente forte da non permettergli di deglutire.
Fanculo.
Assail rimise la propria pistola
alla cintola e corse avanti per incontrarla ben oltre metà strada.
"Assail... sei davvero
tu?" sussurrò lei quando lui si fece più vicino.
"Sì. Ti prego, non sparare -
vieni da me, tesoro."
Quando dalle labbra di Sola uscì un
gemito, lui la prese e la strinse forte al proprio petto, la canna della
pistola dritta contro il suo sterno. Se lei avesse premuto il grilletto, lui
sarebbe morto sul colpo.
Ma non sparò.
Con un singhiozzo, Sola cedette
alla forza di Assail, e lui la sollevò tra le braccia quando la sentì
accasciarsi. Era leggera come una piuma e, per qualche motivo, questo lo
terrorizzò ancora di più.
Si concesse solo un istante per
godere di quella unione - subito dopo sentì che doveva portarla in salvo.
Cullandola tra le braccia, Assail
si voltò e corse verso la Rover a prova di proiettile, corse verso quelle luci
come fossero una paradisiaca zona sicura.
Ehric e suo fratello capirono le
sue intenzioni alla perfezione e lo anticiparono. Saltarono fuori dall'auto e
aprirono le porte posteriori - prelevarono Benloise e lo tennero fuori vista.
Marisol non aveva bisogno di venire
a conoscenza della presenza dell'uomo.
Dopo aver accomodato la sua femmina
sul sedile posteriore, Assail aprì il sacco a pelo che aveva preparato, insieme
all'acqua e alle barrette energetiche che aveva portato per lei. Coprendo le
sue nudità, la tenne stretta quando la sentì tremare.
"Marisol," esclamò lui,
tirandosi indietro. "Mangia. Bevi. Ehric, mio cugino, ti porterà -"
Sentì le unghie di lei conficcarsi
nel suo braccio anche attraverso il pesante maglione che indossava. "Non
lasciarmi!"
Assail le sfiorò quel meraviglioso
viso. "Ho da fare qui per il momento. Alcune faccende da sistemare. Ci
incontreremo lungo la strada." Si voltò. "Ehric! Evale!"
I due maschi si avvicinarono - e
per un momento, lui prese in considerazione la possibilità di portarla via da
lì con le proprie mani.
Ma no, la vendetta andava consumata
e lui era l'ago che avrebbe fatto pendere la bilancia.
"Mia cara, ecco i miei
cugini."
Quando lui si fece indietro e
lasciò avvicinare i maschi per mostrare i loro volti, Assail fu grato che
avessero i suoi stessi colori e che gli somigliassero tanto. Certo, loro tre
erano stati degli sbagli per i propri fratelli. "Ti condurranno in un
luogo sicuro e ti difenderanno a costo della loro vita. Ci rivedremo tra poco.
Non ci metterò molto, te lo giuro."
Gli occhi afflitti e agitati di
Sola rimbalzarono a destra e sinistra, come se stesse provando disperatamente a
restare integra.
"Andate," sibilò Assail,
fissando l'edificio. "Andate adesso!"
Eppure gli riusciva impossibile
allontanarsi dalla sua Marisol. Aveva subito abusi e la nudità suggeriva che -
Ehric gli strinse il braccio.
"Stai tranquillo, cugino. Sarà trattata come fosse la nostra preziosa
sorella."
Per una volta parlò anche Evale.
"Sarà in buone mani, cugino."
Assail si sentì connesso ai maschi
dinanzi a lui, parole di gratitudine gli si bloccarono in gola. Alla fine,
tutto ciò che riuscì a fare fu inchinarsi.
Poi dovette per forza chinarsi di
nuovo nel SUV. "Non ci metterò molto."
D'istinto, senza esser cosciente di
volerlo fare... Assail baciò Marisol sulla bocca.
Mia, pensò.
Costringendosi a riconcentrarsi,
afferrò lo zaino, chiuse lo sportello del SUV e si allontanò. Ehric, benedetto
Ehric, prestò particolare attenzione a voltare il veicolo in modo che i fari
non illuminassero Benloise - e poi la Rover s'incamminò giù per il sentiero
accidentato.
Oh, quanto desiderava che la strada
fosse asfaltata. Voleva fosse una dannata autostrada con un limite di
velocità di 120 km all'ora. O meglio ancora, che fossero giunti lì in
elicottero.
Quando la luce dei fanalini di coda
scomparve, tirò fuori dallo zaino un elmetto da minatore, lo indossò e accese
la relativa luce. Poi andò da Benloise, afferrò il nastro adesivo che gli
teneva le caviglie e lo trascinò sul terreno innevato fino alla porta
d'ingresso.
Lasciandogli cadere le gambe,
Assail tirò fuori la pistola e la puntò contro l'uomo.
"Giusto per assicurarmi che tu
stia giù," esclamò lui.
Pop!
Benloise provò a raccogliere le
ginocchia per proteggere l'addome - troppo tardi. Il proiettile era già entrato
e stava comodamente espletando il suo compito, mentre dolorose e debilitanti
ferite intestinali si prendevano dolcemente il loro tempo per raggiungere l'obiettivo
desiderato.
Anche se Assail non aveva
intenzione di far attendere a lungo la morte al bastardo.
Entrando nella casa, lui tenne
l'arma sollevata e gli occhi vigili.
Ciò che trovò all'interno lo
bloccò.
Affianco alla porta aperta, una
mano umana giaceva per terra, come se avesse svolto il proprio compito e non
fosse più di alcuna utilità. Il corpo a cui era stata attaccata era proprio là
come se - no, quel cadavere aveva due mani... ma non la faccia.
Per cui c'era almeno un altro uomo
morto all'interno.
Chiaramente la sua Marisol aveva
lottato per la propria libertà come una indemoniata.
Camminando nell'open space non vide
niente d'interessante o di valore - o qualcosa per trattenere un individuo. Ma
nell'angolo più lontano, scorse una scalinata che scendeva a un livello
inferiore.
Controllò di nuovo il suo
prigioniero. Benloise continuava a contorcersi nella neve di fronte
all'ingresso, gli occhi scuri aperti e batteva le palpebre in maniera
discontinua, il labbro superiore tirato indietro, le capsule dentali in
porcellana scintillanti nella luce circostante.
Meglio portarselo dietro.
Assail uscì e strattonò l'uomo, mettendolo
in piedi. Quando Benloise non riuscì a stare dritto, gli ci volle un momento
per trascinare all'interno gli scarsi sessantacinque chili. Poi, insieme,
fecero una bella passeggiata verso la scala.
Giù nel sotterraneo, gli inutili
piedi di Benloise rimbalzarono dietro di loro come palle.
Ed ecco il male.
Il piano inferiore era composto da
un ampio spazio con tre celle e una parete dell'orrore. Una delle celle non era
vuota. C'era un uomo dal volto e il collo martoriati che giaceva sulla schiena
con lo sguardo fisso su ciò che si sperava fosse l'Inferno. Il braccio destro
era stato tirato attraverso le sbarre di ferro e il moncherino insanguinato
mostrava che era sua la mano a esser stata tagliata.
Per un istante, Assail sentì il suo
cuore bruciare di arido orgoglio. Marisol era riuscita a liberarsi. Non
importava quel che le avevano fatto, o quanto fossero minime le risorse in suo
possesso: lei aveva trionfato sui suoi aguzzini non solo rimettendoli in riga,
ma spedendoli nella tomba...
Fu in quel momento che capì di aver
perso la testa per lei.
Era innamorato di questa donna - e
di sicuro era una follia provare quei sentimenti nel bel mezzo di quella
carneficina, ma al cuor non si comanda.
E quando Assail vide con gli occhi
della mente la sua Marisol incatenata a quel pezzo di parete imbrattata, la sua
rabbia raggiunse picchi di follia, una mandria di tori gli attraversò il corpo
e le migliaia di zoccoli che lo colpirono lo condussero alla pazzia.
Si volse verso Benloise, snudò le
zanne e soffiò come il vampiro che era -
Nonostante fosse stato colpito, il
grossista di sostanze stupefacenti indietreggiò. "Madre de Dios!"
Assail si accovacciò, mettendosi
davanti al volto dell'uomo. "È proprio così! Sono il tuo incubo!"
C'era soltanto una catena che
pendeva dalla parete. L'altra si trovava sul pavimento della cella chiusa, il
sangue che impregnava gli anelli della maglia dimostrava che era l'arma del
delitto usata da Marisol.
E sarebbe stata usata di nuovo.
Assail si smaterializzò attraverso
le sbarre e raccolse la catena appiccicosa che odorava di rame.
Oh, Marisol, cosa sarebbe accaduto
se non fossi stata così coraggiosa!
Quando Assail si materializzò fuori
alla cella, Benloise non era più il controllato uomo d'affari capace di gestire
al massimo la situazione. A differenza dei cadaveri e del sangue o perfino
della perdita del fratello e la minaccia alla propria vita - dinanzi ai quali
era stato capace di autocontrollarsi - apprendere la vera identità di Assail
l'aveva sconvolto.
Singhiozzando, piangendo e
pregando, l'uomo perse il controllo della vescica, una pozza di urina si formò
al di sotto del suo uccello rinsecchito sul pavimento di cemento.
Assail andò verso il muro e
riattaccò la catena. Per fortuna non c'era sangue fresco sulla superficie
imbrattata. Ce ne sarebbe stato, comunque.
Strattonandolo, Assail sollevò il
corpo urlante, instabile e zuppo di urina di Benloise dal pavimento e strappò
via con le zanne il nastro adesivo che stringeva i polsi dell'uomo e lo
incatenò al muro come Cristo sulla croce, accorciando la lunghezza delle catene
fino a che la cavità toracica divenne piatta.
Assail aprì lo zaino. Dando
un'occhiata alla quantità di esplosivo che aveva portato con sé, era cosciente
che era più che sufficiente a far saltare in aria l'edificio. Guardò Benloise.
L'uomo stava piangendo senza ritegno e scuoteva la testa come se sperasse di
risvegliarsi da un incubo.
"Ovvio che sei
cosciente," disse Assail a denti stretti. "Tuttavia non per
molto."
Assail ruotò su se stesso e guardò
la cella, immaginò la sua Marisol là, terrorizzata... o peggio ancora.
Il cuore gli batté forte nel petto.
Se avesse fatto saltare in aria quel posto... Benloise sarebbe stato morto e
sepolto - probabilmente all'Inferno, ma non si poteva essere sicuri della vita
dopo la morte fino a che non si tiravano le cuoia, quindi era molto più
prudente sbagliare restando fermo sulla sofferenza in tempo reale.
Prima aveva intenzione di ammazzare
il grossista. Poi piazzare gli esplosivi e farli deflagrare a distanza.
Ma quella morte non sarebbe stata
neanche lontanamente equa. Marisol aveva sofferto -
Un ringhio gli vibrò nel petto... l'intero
suo corpo si ribellava contro la possibilità di venir fregato dalla morte.
"No," disse a se stesso.
"Meglio in questo modo."
Peccato che solo una parte di lui
ci credesse.
Assail richiuse lo zaino e lo mise
in spalla. Controllò prima una catena e poi l'altra, per sicurezza. Ovviamente,
erano ben assicurate. Lo stesso per quanto riguardava i ceppi attorno ai polsi.
Con uno scatto, afferrò il mento di
Benloise e lo costrinse ad alzare la testa.
Con un altro sibilo, lo morse alla
carotide, ne staccò un pezzo e lo sputò a terra. Il sangue aveva un buon sapore
nella sua bocca e i canini fremettero aspettandosene dell'altro. Ma non ne
avrebbero avuto.
Quel morso era il simbolo di quello che un maschio veniva indotto a fare dall'istinto di protezione verso la sua
femmina. E gli avrebbe strappato l'intero collo a morsi se lo stesso Benloise
non fosse stato torturato.
Quando la sua preda articolò
velocemente delle parole in quella lingua straniera, Assail combatté tra sé e
sé la battaglia per lasciarla in vita. La crudeltà richiedeva autocontrollo in
questa circostanza - e normalmente non rappresentava un problema.
Eppure nulla che includeva Marisol
era normale.
Assail zittì l'uomo con un ceffone.
Piazzandogli il dito sotto il naso,
ringhiò, "Lei non ti appartiene. Mi senti? Non è tua. È mia."
Prima di perdere definitivamente il
controllo, lui si avviò verso le scale, lasciando le luci accese in modo che
Benloise fosse completamente conscio di dove si trovasse: nella sua prigione
con nient'altro che i resti dei suoi scagnozzi a tenergli compagnia.
Salendo i gradini due alla volta,
Assail sapeva che c'era la possibilità che arrivasse qualcuno a liberare il
grossista, ma era remota. Benloise era notoriamente riservato e, con Eduardo
morto, le uniche persone a cui sarebbe mancato erano le guardie e il personale
- e dato il modo sfuggente in cui l'uomo operava, ci sarebbe stato un
ritardo prima che le truppe schierate ne discutessero e scoprissero che ogni
individuo non era da molto fuori dal giro e che non c'era stato alcun contatto
da parte del loro superiore con nessuno della squadra.
Dopo quello? Era una questione
aperta se qualcuno di loro decidesse di mettersi alla ricerca del capo. Chi
operava nel mondo clandestino tendeva a fuggire via senza lasciar tracce quando
si trovava di fronte a complicazioni come quella - nessuno avrebbe rischiato di
venire ammazzato oppure ammanettato dall'autorità umana solo per salvare la
pelle di qualcun altro.
Benloise sarebbe morto lentamente,
da solo.
E quando qualcuno avesse trovato i
corpi nell'edificio? Quest'anno... il prossimo... dieci anni a partire da quel
momento?
La copertura che Benloise aveva
costruito stava per saltare in aria.
Al piano superiore, Assail gironzolò nell'open space. Trovò
altri due telefoni, che spense, tolse loro le batterie e li mise in tasca. Lasciò le
pistole e i proiettili, fece attenzione nel chiudere la porta e controllò se la
serratura si fosse bloccata.
Lo fece.
Camminando attorno alla piccola struttura
tarchiata, vide una cisterna di petrolio sul retro. Trovò il misuratore e notò
che era piena solo per un quarto del suo volume. Dato il freddo che faceva a
quell'altezza, ipotizzò che il combustibile sarebbe terminato in un giorno o
due.
I corpi si sarebbero conservati in
un ambiente relativamente fresco. Andava bene, così non si sarebbe sentita la
puzza, non che se ne potesse avvertire molta, visto che c'erano solo delle
piccole finestre al piano superiore ed erano tutte chiuse.
Stava per andarsene quando vide
un'auto parcheggiata al lato.
La raggiunse, tolse la copertura
mimetica e controllò una delle portiere. Chiusa.
Se l'avesse fatta saltare in aria,
le fiammate avrebbero attratto l'attenzione e non era quel che voleva. Rimise
l'incerata a posto.
Chiudendo gli occhi mentre si
preparava a smaterializzarsi, vide la sua Marisol uscire da quella porta. E fu mentre
rabbrividiva che divenne tutt'uno con l'aria della notte, spingendo le sue
molecole verso sud, in una piazzola a poco più di trenta chilometri sulla
Northway.
Riprese forma e chiamò il cellulare
di Ehric.
Uno squillo. Due. Tre.
"Lei sta bene," lo salutò suo
cugino. "Ha mangiato e ha bevuto. Ed è ansiosa di
vederti."
Assail rabbrividì. "Perfetto.
Sono sul luogo prestabilito."
"Hai sistemato tutte le tue faccende?"
"Ovviamente. C'è qualcuno che
vi segue?"
"Nessuno, né davanti né
dietro, e siamo a tre chilometri da te."
"Aspetto qui."
Chiuse la comunicazione e fissò il
suo cellulare. Il primo istinto era quello di portare Marisol a casa sua, ma lei aveva
bisogno di cure mediche - e di sicuro avrebbe voluto ripulirsi e vestirsi
prima d'incontrare sua nonna.
La chiamata successiva di Assail la
fece a casa sua e quando una voce femminile pesantemente accentata rispose, si
ritrovò a dover sbattere le palpebre per scacciare le lacrime.
"Signora," disse con voce
cupa. "Lei -"
"Non morta," gemette l'anziana
signora. "Meu Deus, dimmi che
-"
"È viva. È con me."
"Cosa? Dillo di nuovo, per
favore."
"È viva." Anche se non
era sicuro che ci fosse un e sta bene.
"Lei è viva ed è sotto la mia custodia."
Si sentirono parole agitate in madre lingua.
E anche se Assail non ne conosceva nessuna, il significato non solo era
chiaro, lui era completamente d'accordo.
Grazie, Vergine Scriba, pensò,
anche se non era credente.
"Siamo lontani da
Caldwell," disse alla donna. "Potremmo non farcela a tornare prima
dell'alba, nel qual caso torneremo a casa dopo il tramonto."
"Posso... parlare con
lei?"
"Naturalmente, signora." Davanti,
una coppia di fari risalì un dosso e lo discese dirigendosi verso lui,
vicinissimo alla rampa d'uscita. "Solo un momento e gliela passo."
La Range Rover andò direttamente da
lui, i fanalini posteriori s'illuminarono mentre Ehric rallentava.
"Eccola qui, signora,"
esclamò lui, aprendo lo sportello posteriore.
Marisol era avvolta nel sacco a
pelo e il colorito era decisamente migliorato - almeno fino a che non lo vide e
il lieve rossore che le aveva colorato le guance scomparve all'istante.
Mentre Assail combatteva con la
confusione, Ehric si volse indietro, lo guardò - e indietreggiò. Con un veloce
cerchio, indicò il volto di Assail.
Oh, merda. Doveva avere sangue
tutto attorno alla bocca.
"È tua nonna," sbottò
lui, spingendo il cellulare nelle mani di Marisol.
Di sicuro quello funzionò a
spostare l'attenzione della femmina - e quando lei si allungò come se lui le avesse
offerto un'ancora di salvataggio, lui chiuse la portiera.
Voltandosi, corse a rotta di collo
fino all'edificio pubblico alle sue spalle, trovò il bagno degli uomini ed entrò,
superando la fila di orinatoi e i gabinetti.
Arrivato a uno dei lavandini, si
guardò nel pannello d'acciaio che fungeva da specchio.
"Cazzo."
Era un qualcosa che nessuna femmina
avrebbe voluto vedere, specialmente dopo essere stata soggetta a sequestro: la
sua faccia era tutta coperta di sangue, la mandibola e le labbra imbrattate - e
le sue zanne... se ne scorgevano le punte.
Sperando che avesse reagito in quel
modo alla vista del sangue rappreso sul suo viso.
Abbassandosi, aprì l'acqua e mise
le mani a coppa, ma i rubinetti erano del tipo che bisognava tenere premuto
affinché l'acqua uscisse. Il procedimento durò più del previsto, riempì una
sola mano e la portò al suo viso più e più volte. E poi non trovò niente con
cui potersi asciugare.
Passò la mano sui suoi
lineamenti e si sistemò i capelli, che grazie a Paul Mitchell serbavano una
parvenza di fascino -
Stava sul serio cercando di
migliorare il suo look in quella situazione? Che ridicolo!
Mentre tornava alla Range
Rover, sapeva di dover fare una terza
telefonata quando Marisol e la nonna avessero terminato: la sua donna aveva
bisogno di cure mediche.
Anche se... dove doveva portarla? Nel
Vecchio Continente non c'erano stati medici della razza disponibili per lui e
i suoi cugini. Tuttavia, fortunatamente, lui e i suoi parenti avevano potuto
fare affidamento su un umano o due che se n'erano andati dopo ore e senza fare
domande.
Ma non si era accordato con nessuno
nel Nuovo Continente.
Di conseguenza, c'era soltanto una
persona che poteva contattare - e sarebbe stata la soluzione migliore sotto
ogni punto di vista.
Marisol meritava il meglio. E lui
non si sarebbe accontentato di nulla di meno.
Grazie!!!!!
RispondiEliminaGrazie Kristiana, e' stato un brutto agosto senza te!
RispondiEliminaGrazie anche da parte mia Chris - finalmente the King e che puntatona - Assail grande - bentornata e bacioni - Adele
RispondiEliminaGrazie per il capitolo, attendo con ansia il prossimo
RispondiEliminaChiara
Grazie mille a voi, sempre pronte a seguirmi. Bel capitolo, vero? Ora cominciate a capire la mia predilezione verso questa coppia?
RispondiEliminagrazie...
RispondiEliminafinalmente era ora grazie grazie christiana ti aspetto con ansia il prossimo mercoledì puoi sapere quando sarà pubblicato in italia ciao tvb.
RispondiEliminaGrazieeee ok ora so cosa farmi regalare per il compleanno ��il libro esce tra il 15 e il 20 settembre
RispondiEliminaGrazie a te, Laura. Sì, parrebbe che Mondolibri lo dia in uscita in quei giorni. Speriamo!!!
Eliminama scusate 15/20 settembre esce da mondolibri the king?
RispondiEliminaDicono di sì...
RispondiEliminaquando uscirà x la rizzoli visto che ho preso sempre la collana rizzoli ciao
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