The King
12
La galleria d'arte Benloise si
trovava nel centro di Caldwell, a circa dieci isolati dai grattacieli e a
soltanto due dalle rive del fiume Hudson. L'edificio semplice e dimesso
constava di tre piani, con una doppia altezza per la galleria al primo piano,
gli uffici del personale sul retro e il corridoio tipo pista da bowling che
conduceva all'ufficio di Benloise proprio sotto il tetto piatto.
Mentre Assail parcheggiava la sua
Range Rover nel vicolo posteriore della galleria, respirò a fondo. Non si era
fatto di cocaina prima di uscire da casa perché voleva essere lucido.
Sfortunatamente, il suo corpo era agitato a causa della mancanza di eccitazione
e una fissazione da tossico lo colpì riguardo a ciò che non aveva fatto per
incasinarsi la mente.
"Vuoi che veniamo con
te?" domandò Ehric dal sedile posteriore.
"Solo uno di voi."
Assail scese dall'auto e attese che
decidessero chi doveva accompagnarlo. Dannazione, gli tremavano le mani,
malgrado non fosse caduta ancora un'altra spruzzata di nevischio, lui stava
cominciando a sudare.
Avrebbe dovuto farsi una tirata di
coca? Era prossimo ad appendersi il cartello Fuori Servizio sul petto.
Fu Ehric a unirsi a lui, aggirando
il SUV dal retro. "Cosa ti affligge?"
"Niente."
Una bugia in moltissimi sensi.
Mentre si avvicinavano alla porta
sul retro, Assail si arrese. Mise la mano nel taschino del suo cappotto Tom
Ford e tirò fuori la fiala marrone scuro. Svitò il tappo nero, riempì il
cucchiaino interno con la polvere bianca.
Sniff.
Ripeté il gesto all'altra narice e
poi prese una singola sniffata doppia per assicurarsi che tutto fosse a posto.
Il fatto che entrò subito in
modalità "normale" era un altro segnale d'avvertimento che lui scelse
d'ignorare. Dopo due tiri non avrebbe
dovuto sentirsi calmo e concentrato - ma non avrebbe sprecato tempo a pensarci.
Alcune persone si facevano di caffè. Altri con diversi prodotti a base di coca.
Riguardava tutto il fare la tua
mossa.
Quando arrivò a una pesante porta
d'acciaio - che era una misura di sicurezza mascherata da una testimonianza
sull'industrializzazione del mercato dell'arte - non c'era motivo di suonare
alcun campanello e sicuramente non doveva bussare. Quella mostruosità spessa
quasi otto centimetri non era qualcosa su cui si voleva perder tempo a prendere
a cazzotti.
E naturalmente, venne aperta in
fretta.
"Assail? Che fai?" chiese
l'uomo di Neanderthal all'altro lato.
Che stimolante comando e che
perfetta grammatica inglese. E anche l'accoglienza ricevuta gli diceva che
Benloise e i suoi uomini non erano a conoscenza di chi avesse effettuato quegli
omicidi a West Point la notte precedente - altrimenti si supponeva che questo
mostro d'intelligenza non si sarebbe comportato in quel modo.
Le maschere nere che avevano
indossato erano state un equipaggiamento davvero utile. E disabilitare le
telecamere di sicurezza una manovra fondamentale.
Assail sorrise senza mostrare le
zanne. "Ho qualcosa da dare al tuo datore di lavoro."
"Lui aspetta te?"
"Non mi sta aspettando,
no."
"Okay. Andiamo."
"Questo è il mio socio,
comunque," mormorò Assail mentre entrava nella zona degli uffici.
"Ehric."
"Già. Capito. Andiamo."
Attraversando lo spazio aperto
dall'alto soffitto, i loro passi sul pavimento liscio rimbombavano tra le
tubature esposte e i cablaggi sulle loro teste. Quando si parla di disordine
organizzato. Una fila di scrivanie funzionali, un mucchio di armadietti e pezzi
casuali di "arte" fuori misura soffocati in quello spazio immenso.
Nessun dipendente. Nessun telefono che squillava. La facciata legittima del
grossista di stupefacenti Benloise chiudeva appena faceva buio.
Come previsto.
Una volta fuori allo spazio adibito
alla galleria d'arte, Assail si guardò velocemente intorno mentre la guardia
che li aveva fatti entrare scompariva attraverso una porta nascosta al secondo
piano.
C'erano due tizi di vedetta al
corridoio che conduceva all'ufficio di Benloise.
Assail guardò gli uomini. I loro
sguardi erano acuti come al solito, il peso del loro corpo si spostava senza
sosta, le mani in continuo movimento come se sentissero la necessità di
assicurarsi che erano armati.
"Magnifica serata, non è
vero?" commentò Assail, facendo un breve cenno a Ehric.
Mentre le guardie
s'immobilizzavano, suo cugino ne approfittò per andare in bagno, il vampiro
gironzolò intorno a un'esposizione di pezzi di giornale modellati a forma di diversi
simboli fallici.
"Un po' fredda, naturalmente.
Ma le spruzzate di neve sono piuttosto pittoresche." Assail sorrise e tirò
fuori un Cubano. "Posso accenderlo?"
Quello a destra indicò la tabella
laminata contro il muro. "Vietato fumare."
"Sicuramente ci sarà
un'eccezione nel mio caso." Assail tagliò la punta del sigaro e la lasciò
cadere a terra. "Vero?"
Il tizio con gli occhi color fango
guardò in basso. Poi alzò lo sguardo. "Vietato fumare."
"Non c'è nessuno, ci siamo
solo noi." Assail tirò fuori l'accendino. L'aprì.
"Non puoi fare niente di
quello."
Forse Benloise li sceglieva apposta
con delle carenze grammaticali? "Mentre salgo le scale, allora?"
Il genio guardò il suo collega. Poi
strinse le spalle. "Credo che va bene."
Assail sorrise di nuovo e fece
guizzare una fiamma. "Fammi entrare, allora."
Accadde tutto velocemente. Quello
che parlava ruotò il torso e aprì il lucchetto che chiudeva la porta - mentre,
nello stesso istante, l'altro decise di stiracchiarsi, piegando le braccia.
Ehric gli si materializzò
direttamente alle spalle, mise entrambe le mani ai lati del suo volto stupito e
gli spezzò il collo. Per non essere da meno, Assail si fece avanti col coltello
che aveva preventivamente estratto dal fodero sulla coscia, colpì all'addome la
guardia che faceva rispettare le regole. La mossa successiva fu far sparire
l'accendino e mettere una mano sulla bocca dell'uomo - zittendo il gemito che
minacciava di tradirli.
Per terminare, liberò la lama con
uno strattone e si fece di nuovo avanti.
La seconda pugnalata colpì l'uomo
tra due costole, direttamente sul cuore.
La guardia scivolò a terra
lentamente.
"Di' a tuo fratello di tenere
pronta la Rover," sussurrò Assail. "E porta questo fuori dai piedi.
Tra un minuto o due si dissanguerà e quel rantolo è udibile."
Ehric entrò in modalità pulizia,
afferrò quelle spesse caviglie e tirò il moribondo dietro a uno degli
espositori verticali.
Nel frattempo, Assail salì la scala
nascosta e si accese il sigaro, esalando nuvole di fumo mentre spostava la mano
della guardia a cui avevano spezzato il collo in modo che la porta restasse
spalancata. Ehric si unì a lui un istante dopo, accettò un nuovo cubano e lo
accese mentre lasciavano chiudere tutto alle spalle.
L'esperto in lingue che era andato
a controllare Benloise si affacciò dalla ringhiera in alto. "Che
fai?"
Quindi quella frase era sia un
saluto che una domanda. Qualcuno doveva annotarsela, pensò Assail.
Lui soffiò fuori una scia azzurra e
indicò le porte chiuse. "Hanno detto che non potevamo fumare nella
galleria."
"Non potete fumare neanche
qui." L'uomo si guardò dietro la spalla come se qualcuno l'avesse
chiamato. "Sì. Okay."
Si voltò di nuovo. "Dice che sarà qui un
minuto."
"Credo che ti faremo
compagnia, allora."
La guardia del corpo non era al massimo
quella sera, vero? Invece di controllare la situazione, si strinse nelle spalle
e permise al suo nemico di avvicinarsi a lui, al suo capo.
Che regalo.
Di solito Assail si prendeva il suo
tempo, ma non questa sera. Lui e Ehric salirono in fretta le rampe metalliche a
passo svelto.
Era a metà strada dal suo obiettivo
quando si rese conto di aver commesso un errore. Probabilmente a causa della
cocaina. C'erano delle video camere in tutto l'interno della struttura - eppure
lui non se ne era preoccupato.
"Più in fretta," sibilò
Assail a suo cugino.
Quando raggiunse l'ultimo livello,
Assail fece un inchino alla guardia. "Dove vuoi che lo metta?"
"Che cazzo ne so. Quello non
doveva dirti di accenderlo."
"Oh, bene, allora."
Ehric si smaterializzò un'altra
volta e apparve dietro alla guardia. Con uno scatto, gli coprì la bocca e lo
strattonò all'indietro.
Presentando ad Assail il perfetto
bersaglio vivente.
Con una mossa violenta, gli tagliò
la gola con la lama in fretta e con facilità, come un colpo di tosse. E poi fu
la volta di trascinarne un altro fuori dai piedi.
Assail si fece largo fino alla
porta dell'ufficio e la spalancò. Alla fine dell'ampio spazio, Benloise sedeva
da solo dietro alla sua moderna scrivania in rilievo, il bagliore della lampada
al suo fianco illuminava i suoi lineamenti che rivaleggiavano coi migliori
ritratti di Goya.
"... sto venendo a nord adesso
-" Benloise tacque immediatamente e l'espressione sul viso divenne
impassibile. "Permettimi di richiamarti."
Il grossista di stupefacenti di
Caldwell chiuse così in fretta la comunicazione che la cornetta sbatté contro
il supporto. "Credevo di averti detto di aspettare, Assail."
"Davvero?" Assail diede
un'occhiata oltre la propria spalla. "Forse dovresti essere più chiaro coi
tuoi subordinati. Anche se, lo sa Dio, quanto sia difficile provare dipendenti
in gamba, non è vero?"
L'elegante piccolo uomo sedeva su
quella sedia tipo trono con la sua espressione immutata. Il completo su misura di
quella sera era in color blu scuro che esaltava la sua abbronzatura permanente
e gli occhi scuri, e come sempre, i capelli radi erano pettinati all'indietro,
mostrando la sua calvizie incipiente. Si poteva sentire l'odore della sua acqua
di colonia dall'altra parte dell'ufficio.
"Mi scuso per metterti
fretta," disse il gentiluomo con quel suo accento educato da
non-sono-uno-spacciatore. "Ma ho un altro appuntamento."
"Mi spiacerebbe moltissimo
trattenerti."
"Di cosa hai bisogno?"
Assail annuì una volta e bastò solo
quello. Ehric si materializzò dietro la scrivania rialzata e sollevò il
grossista da quella sedia prendendolo per la testa. Un colpo di Taser e
Benloise divenne una marionetta senza fili in un magnifico completo blu scuro.
Mentre suo cugino si caricava
l'uomo sulla spalla come un bravo vigile del fuoco, non si scambiarono alcuna
parola. Non ne avevano motivo - l'avevano pianificato in anticipo:
l'infiltrazione, la messa in sicurezza, la rimozione.
Naturalmente, sarebbe stato molto
più piacevole organizzare un confronto stile film Hollywoodiano in cui Assail
rispondeva alla domanda del grossista al fine di scivolare su particolari brutali.
Non se volevi prendere il tuo uomo
e tenertelo.
Con Ehric alle sue calcagna, Assail
cominciò a correre, attraverso il lucido pavimento nero dell'ufficio e scese le
scale velocemente. Quando arrivarono nella galleria, ci fu un istante di pausa,
un veloce controllo riguardo a eventuali rumori per un imminente confronto.
Niente. Solo il sordo ansimare
della guardia moribonda e l'odore ramato del sangue della sua ferita
all'addome.
Attraversarono la porta del
personale ed entrarono nell'area uffici. Superarono tutte quelle scrivanie e la
scultura mobile sospesa fatta di pezzi di auto demolite.
La Range Rover era parcheggiava
talmente vicino all'uscita sul retro che praticamente era nell'edificio e, con
mosse sicure, Assail aprì la portiera posteriore e Ehric spinse dentro Benloise
come fosse un borsone. Poi fu tutto uno slam,
slam, screech.
Se ne andarono e viaggiarono al
limite della velocità consentita, Assail seduto sul sedile anteriore del
passeggero, Ehric dietro col loro carico.
Assail controllò l'orologio. In
totale erano trascorsi undici minuti e trentadue secondi e avevano ancora un
buon numero di ore prima che sorgesse il sole.
Ehric tirò fuori delle manette e le
assicurò ai polsi del "commerciante d'arte". Giusto nel caso si
dovesse svegliare il figlio di puttana a suon di ceffoni.
Quando gli occhi di Benloise si aprirono,
l'uomo sobbalzò come si trovasse in un brutto sogno.
Col tono cupo, Assail infine rispose
alla domanda che gli era stata posta. "Hai qualcosa che mi appartiene. E
me la renderai prima dell'alba - oppure ti farò desiderare di non essere mai
nato."
* * *
Mezz'ora dopo l'epico confronto con
suo marito, Beth era seduta sul sedile posteriore della Mercedes S600 della
Confraternita col suo fratellastro di fianco e Fritz dietro il volante. La
berlina era appena uscita dalla fabbrica, l'aria era piena del meraviglioso
odore di pelle nuova e vernice come aromaterapia per gente ricca.
Peccato che quella bontà olfattiva
non facesse assolutamente nulla per migliorare il suo umore.
Mentre lei guardava attraverso i
finestrini oscurati, la discesa dalla montagna innevata verso la strada battuta
fino alla sua base sembrò andare al rallentatore - probabilmente a causa della
colonna sonora che accompagnava il viaggio, che avrebbe dovuto essere Vivaldi o
Mozart secondo la filosofia delle auto commerciali, che era quell'intossicante
partita di tennis rappresentata dalla conversazione con Wrath.
Merda. Il suo hellren era sempre stato dispotico - e poi, quello non aveva nulla
a che vedere con la sua posizione nella vita. Fanculo la corona, era la sua
personalità. E nell'ultimo paio d'anni, l'aveva visto comportarsi in quel modo
in innumerevoli situazioni, sia che riguardasse i Fratelli, la glymera, il personale di servizio -
diamine, il telecomando del televisore. Ma con lei, era sempre stato... beh,
non condiscendente. Mai. Lei aveva sempre avuto la sensazione che si rimettesse
alle sue decisioni. Qualsiasi cosa lei volesse, quando le andava - e Dio
salvasse lo sciocco che gli si metteva tra i piedi.
Per cui sì, Beth aveva creduto che
la faccenda del bambino sarebbe stata la stessa cosa - che lui avrebbe ceduto,
visto quanto era importante per lei avere un bambino.
Invece? Era l'esatto contrario -
Un lieve tocco al suo gomito le
ricordò due cose: Uno, non era da sola nell'immenso sedile posteriore di quella
berlina. E due, non era l'unica persona ad avere problemi.
"Mi dispiace," disse lei
mentre abbassava le mani che non si era accorta di portare al viso. " Sono
stata scortese, non è vero?"
Stai
bene? chiese John con le mani nell'abitacolo cupo.
"Oh, sì, assolutamente."
Lei batté su quella spalla massiccia, sapendo che tutta la storia delle crisi
gli doveva pesare parecchio. Il viaggio in città, la risonanza magnetica, i
risultati che sarebbero seguiti. "Più importante è come stai tu?"
Credo
che la dottoressa Jane sia riuscita a risolvere tutto al centro medico.
"Già." Beth dovette
scuotere la testa, la sua gratitudine nei confronti di Jane e il suo amico
umano, Manny Manello, la lasciava senza parole. "Quei due sono fantastici.
La cura della salute umana è costosa e difficile da governare. Come siano
riusciti quei due a sistemare tutto, non ne ho la più pallida idea."
Personalmente
credo che sia una perdita di tempo. John si voltò. Voglio dire, andiamo! Ho questi episodi da
quanto tempo? Non se n'è mai capita la ragione.
"È meglio dare una
controllata."
Il telefono di John risuonò con un bing! e lui andò al display per vedere
chi fosse. È Xhex.
"È arrivata anche lei?"
Sì. John
esalò un veloce respiro. Tutta questa
cosa dell'essere accompagnato in auto è ridicola. Sarei potuto arrivare in un
attimo.
"Sì, ma se tu fossi un semplice
essere umano, saresti venuto in auto. È più facile credere a una grossa bugia,
sai."
Meglio
ancora, avremmo potuto evitare questa stronzata. Lui fece
una piccola risata. Devo dirtelo, mi
spiace per chiunque incontrerà Xhex all'ingresso. È pronta a spazzar via l'intero
complesso ospedaliero - e quando si sente così? Non ti va di dirle di no.
Il rispetto che brillava nei suoi
occhi la ferì. Considerato il modo il cui si era comportato Wrath.
"Xhex
è una femmina fortunata," disse Beth bruscamente.
È il contrario. Fidati - perché mi
stai guardando così?
"Così
come?"
Lui
parve arrossire. Come se stessi per
piangere.
Beth
minimizzò. "Allergia. In questo
periodo dell'anno ho sempre gli occhi che lacrimano. Magari comprerò del
Claritin quando usciremo stasera."
A dicembre? Sul serio?
Fu
il suo turno di distogliere lo sguardo mentre Fritz aumentava la velocità sulla
strada di campagna. Rallentò in una curva. Riaccelerò una volta arrivati
dall'altro lato.
La Mercedes era confortevole su qualsiasi terreno, i sedili
ultra imbottiti assorbivano i movimenti del suo corpo, un lieve tepore le
arrivava ai piedi.
Avrebbero
dovuto inserire la didascalia "Ambien Edition" su quella macchina.
Anche
se, nessun effetto ninna nanna proposto dalla Benz avrebbe funzionato su di
lei.
Aveva
la sensazione che non avrebbe dormito fino a che lei e Wrath non avessero
risolto la questione - o...
Un
altro colpetto sul suo braccio. Lo sai,
puoi parlare di tutto con me.
Beth
si spostò i capelli sulla schiena... ma li riportò sulle spalle. Cosa diavolo avrebbe risolto? C'erano talmente
tante possibilità - ma John ne aveva già abbastanza di suo.
Beth. Dico sul serio.
"Che
ne dici se risolviamo questo tuo problema e -"
Mi darà qualcos'altro a cui pensare
e potrei cominciare adesso.
Quando
lei non rispose, lui mosse le mani, Andiamo,
per favore. Sono preoccupato per te.
"Sei
un vero amore, lo sai?"
E tu non parlerai, vero?
Beth
tacque per un momento. Di fronte a loro, apparve un cartello per la Northway ,
la scritta "Interstatale 87" brillava alla luce dei fari. Se avessero
proseguito invece di prendere la prima delle uscite per il cento di Caldwell,
sarebbero arrivati a Manhattan in un'ora. Ancora oltre verso sud c'era la
Pennsylvania, poi il Maryland e...
"Hai
mai desiderato fuggire qualche volta?" Beth sentì la sua stessa voce porre
quella domanda.
Prima che arrivasse Xhex? Certo. Ma
adesso...
Dio,
pensare che era proprio Wrath quello da cui voleva scappare. Non l'avrebbe mai
immaginato.
Che
sta succedendo, Beth?
Ci
fu un altro lungo silenzio, durante il quale lei sapeva che John sperava che
riuscisse a mettere insieme sostantivi e verbi per facilitargli la
comprensione.
"Oh,
sai, è solo un problema matrimoniale."
Lui
scosse la testa. Ci sono passato. È uno
schifo.
"Giustissimo."
Infine
lui disse con le mani, Puoi usare la casa
di Darius, se vuoi. Se hai bisogno di un posto dove startene un po' da sola. Lo
hai dato a me, il che è magnifico - ma ho sempre pensato che per metà era anche
tuo.
Beth
si figurò davanti agli occhi la magione in stile federale nel profondo del
territorio umano, e sentì un bruciore al petto. "Ti ringrazio, ma è tutto
a posto."
E
anche se non lo fosse stato, l'ultimo posto sulla Terra dove avrebbe voluto
andare era in cui lei e Wrath si erano innamorati.
A
volte i bei ricordi erano più difficili da sopportare di quelli brutti.
Puoi
almeno darmi un'idea? La mia testa sta andando in ogni direzione.
Ci
volevano ancora quindici, venti minuti per arrivare al complesso ospedaliero
del St. Francis. Era un tempo lunghissimo per un silenzio imbarazzante. Eppure
le sembrava una violazione della privacy sua e di Wrath parlare della storia
del bambino... o forse quella era solo una scusa per nascondere un eventuale
scoppio in lacrime.
"Ricordi
qualcosa delle tue crisi. Voglio dire, mentre eri incosciente?"
Pensavo stessimo parlando di te.
"È
quello che stiamo facendo." Quando lui si voltò nella sua direzione, Beth
incontrò i suoi occhi. "Mi stavi dicendo qualcosa. Più o meno a metà
dell'attacco, mi hai guardata... e mi dicevi qualcosa. Ricordi cos'era?"
John
aggrottò la fronte come se stesse cercando qualcosa attraverso i suoi vuoti di
memoria, lo sguardo vitreo.
Non ci
riesco... io... ho salito le scale, ho guardato nello studio di Wrath, ti ho
vista... e poi Xhex mi ha portato nella nostra stanza, solo allora ho ripreso
coscienza.
"Dicono
che hai parlato nell'Antico Idioma."
John
scosse la testa. Non è possibile. Voglio
dire, so leggerlo e riesco a capirne un po' se qualcuno comunica con me. Ma non
so parlarlo.
Beth
ispezionò la fine dei suoi capelli, anche se sapeva di non avere doppie punte; una
delle doggen glieli aveva pareggiati
la settimana precedente.
"Beh, a ogni modo, c'è qualcosa che vuoi
dirmi?" Lei guardò altrove. "Puoi essere onesto e dirmi qualunque
cosa. Wrath ha, tipo, una dozzina di Fratelli. Io ho solo te."
John
aggrottò di nuovo la fronte. No, io -
Un
improvviso tremore colpì le sue mani, bloccando qualunque cosa stesse provando
a dire coi segni - poi sbatté contro lo schienale e il corpo s'irrigidì.
"John!"
Beth allungò una mano verso suo fratello. "John - oh mio Dio..."
Gli
si capovolsero i bulbi oculari, mostrando solo il bianco della sclera come se
stesse per morire. "John - torna indietro...!"
Scattando
in avanti, Beth batté contro il divisorio. "Fritz!"
Quando
il maggiordomo abbassò il vetro oscurato, lei abbaiò, "Corri - sta avendo
un altro attacco!"
Gli
occhi scioccati di Fritz andarono allo specchietto retrovisore. "Sì,
padrona. Immediatamente!"
Il
vecchio maggiordomo diede gas e quando la Mercedes sfrecciò lungo la rampa
d'ingresso della Northway, lei provò ad aiutare John. La crisi gli aveva fatto
perdere i sensi, la schiena era rigida e inflessibile come uno scovolo, le mani
al petto e le dita strette ad artiglio come se fosse Dracula.
"John,"
lo supplicò con voce rotta. "Resta con me, John..."