mercoledì 29 maggio 2013

Traduzione Capitolo 9 di Lover at Last di J.R.Ward



Lover at Last

9


Il rumore degli sci di fondo viaggiava tra la neve con un ritmico affondo, seguito da un veloce taglio.
La bufera che si era addensata da nord, si era rischiarata dopo l'alba, e il sole nascente che brillava al di sotto del bordo del manto nuvoloso che si allontanava, tagliava attraverso la foresta fino al terreno luccicante.
A Sola Morte, quelle aste d'oro sembravano lame.
In alto, il suo obiettivo si presentava come un uovo Fabergé sul suo supporto. La casa sul fiume Hudson era un capolavoro d'architettura, una gabbia di travi apparentemente fragili poggiate su mucchi di innumerevoli pannelli di vetro. Da ogni lato, i riflessi dell'acqua e del sole nascente erano come scatti fotografici catturati da un vero artista, le immagini congelate nella struttura della casa stessa.
Non me la dai a bere per vivere così, pensò Sola.
A meno che non fosse antiproiettile. Ma chi aveva tutti quei soldi?
A detta del dipartimento dei registri pubblici di Caldwell, il terreno era stato acquistato da un tal Vincent DiPietro due anni prima e sviluppato della stessa compagnia immobiliare dell'uomo. Nessuna spesa era stata risparmiata nella costruzione - almeno, data la valuta del ruolo delle imposte, che era oltre gli otto milioni di dollari.
Solo dopo il completamento dell'edificio, la proprietà aveva cambiato proprietario, ma non una persona: una fondo immobiliare - con un solo avvocato in Londra, iscritto come amministratore fiduciario.
Comunque lei sapeva chi viveva lì.
Era la sola ragione per cui ci era andata.
Lui era anche la ragione per cui si era armata così pesantemente. Sola aveva una gran quantità di armi in posti facilmente accessibili: un coltello nel piccolo fodero dietro la schiena, una pistola al fianco destro, una verga nascosta nel colletto del suo parka mimetico bianco su bianco.
Gli uomini come il suo obiettivo non apprezzavano essere spiati - benché fosse lì solo in cerca di informazioni e non per ucciderlo, non aveva dubbi che se l'avesse trovata sulla sua proprietà, le cose si sarebbero complicate. In fretta.
Mentre tirava fuori il binocolo dalla tasca, lei stette in ascolto completamente immobile. Nessun rumore di qualcosa che le si avvicinasse alle spalle o ai lati, e di fronte, aveva una chiara visuale del retro della casa.
Di solito, quando veniva assoldata per questo tipo d'incarichi, lavorava di notte. Non con questo obiettivo.
I Signori del traffico della droga facevano affari dalle nove alle cinque, ma dalla sera al mattino.
Era durante il giorno che dormivano e scopavano, e dovevi fare così se volevi ispezionare le loro case, imparare le loro abitudini, dare un'occhiata allo staff e a come si proteggevano durante il tempo libero.
Avvicinando la casa con lo zoom del binocolo, lei fece le sue valutazioni. Porte del garage. Porta sul retro. Mezze finestre che, c'avrebbe scommesso, davano sulla cucina. E poi partivano le porte scorrevoli di vetro a tutt'altezza, che correvano lungo il fianco posteriore e intorno all'angolo che svoltava verso il bagnasciuga del fiume.
Tre stronzate.
Non si muoveva niente dentro da quello che poteva vedere.
Cavolo, era una quantità enorme di vetro!
E, a seconda dell'angolazione della luce, poteva vedere in alcune stanze, specialmente nel grande spazio aperto che sembrava coprire almeno la metà del primo piano. Gli arredi erano pochi e moderni, come se al proprietario non piacesse accogliere i vagabondi.
La vista era incredibile. Specialmente ora, con la coltre di nuvole che copriva parzialmente il sole.
Sistemando il binocolo sul cornicione sotto il tetto, cercò le telecamere di sorveglianza, aspettandosene una ogni sei metri.
Sì.
Okay, aveva senso. Da quello che le era stato detto, il proprietario della casa era dannatamente sospettoso - e quel tipo di incessante diffidenza si accompagnava spesso a comportamento pieno di una buona dose di cosciente sicurezza, che includeva e non si limitava alle guardie del corpo, alle auto a prova di proiettile e, quasi sicuramente al costante monitorare di ogni ambiente in cui l'individuo passava del tempo.
L'uomo che l'aveva assoldata, per esempio, era tutto questo e anche di più.
"Cosa cavolo..." sussurrò lei, rimettendo a fuoco il binocolo.
Trattenne il respiro per esser sicura che nulla si spostasse.
Era tutto... sbagliato. C'era uno schema ondulante su ciò che era in casa. Da ciò che poteva vedere, gli arredi si muovevano in piccole onde.
Abbassando le potenti lenti, si guardò attorno, chiedendosi se i suoi occhi avessero qualche problema.
Nessuno. Tutti gli alberi di pino si comportavano in maniera corretta, stando ben fermi, coi rami immobili nell'aria fredda. E quando tornò a guardare attraverso le lenti d'ingrandimento, controllò il tetto della casa e i contorni della ciminiera di pietra.
Erano tutte inanimate.
Tornò ai vetri.
Inalò a fondo trattenendo l'ossigeno nei polmoni e si bilanciò contro il vicino tronco di betulla per dare al suo corpo maggior stabilità.
Qualcosa continuava a non andare. Le cornici di quelle porte scorrevoli di vetro e le linee del patio e ogni cosa riguardo alla casa? Tutto fermo e solido. L'interno, tuttavia, sembrava... pixellato in qualche modo, come un'immagine composta che fosse stata creata per far sì che le cose apparissero come se fossero dei mobili... e quell'immagine era stata sovrapposta a qualcosa come una tenda... che pareva essere soggetta a una leggera corrente d'aria.
Sarebbe stato un progetto molto più interessante di quel che aveva pensato. Far rapporto sulle attività di questo socio in affari di un suo 'amico' non le dava un grande sprone. Lei preferiva di gran lunga le sfide.
Ma forse c'era più di ciò che appariva a prima vista.
Dopo tutto, camuffare significava nascondere qualcosa - e lei ne aveva fatta di strada nel tirar fuori alla gente le cose che volevano tenere per sé. Segreti. Oggetti di valore. Informazioni. Documenti.
Il vocabolario per definire i sostantivi era irrilevante per lei. L'atto di penetrare in una casa chiusa a chiave, o un'auto, o una cassaforte, o una valigetta e prendere ciò che stava cercando, ecco cosa importava.
Lei era una cacciatrice.
E l'uomo in quella casa, chiunque fosse, era la sua preda.


mercoledì 22 maggio 2013

Traduzione Capitolo 8 di Lover at Last di J.R. Ward



Lover at Last

8


"Dove avete scaricato i corpi?" domandò V uscendo a grandi passi dall'uscita posteriore del centro d'addestramento.
Mentre Qhuinn aspettava che John e Blay uscissero del furgone, lasciò che fosse uno di loro a rispondere alla domanda. Era troppo andato per preoccuparsene - in realtà mentre guardava fuori dal parabrezza e lanciava un'occhiata al parcheggio sotterraneo del complesso, prese in considerazione l'idea di stendersi sul sedile anteriore del furgone e mettersi a dormire
Era fottutamente stanco per preoccuparsi di qualunque cosa.
Alla fine, comunque, seguì John e fece uscire il suo culo dispiaciuto dallo sportello del conducente. Doveva controllare come stava Layla e non poteva farlo stando lì.
A dispetto del confronto sul ciglio della strada, almeno lui, John e Blay avevano lavorato bene insieme tornando a casa. A circa dieci miglia dal limite del complesso della Confraternita, si erano spostati in una strada dissestata, spogliato i due uomini morti e lanciato i loro corpi nella dolina naturale senza fondo.
Poi fu solo una questione di retromarcia, ritornare sulla strada e sparire, lasciando che la neve, che aveva ricominciato a cadere fitta ancora una volta, coprisse le loro tracce, tanto quanto le varie perdite che avevano lascito una scia di sangue rosso brillante. Per mezzogiorno, presumendo che la quantità di neve fosse quella giusta, sarebbe stato come se nulla fosse accaduto.
Un perfetto servizietto da neve. Ha-ha.
Suppose di doversi sentire male per le famiglie dei tizi morti - nessuno avrebbe mai ritrovato i resti. Ma l'evidenza empirica suggeriva che i due tipi avevano vissuto ai margini, e non perché fossero hippies: pistole, un coltello a serramanico, erba e qualche pastiglia di Ecstasy era stata trovata nelle diverse tasche. E Dio solo sapeva cosa ci fosse in quegli zaini.
Le vite violente tendevano ad avere fini violente.
"- figlio di puttana," disse V girando attorno all'Hummer ancora sul rimorchio del carro attrezzi.
"Contro cosa cazzo sono andati a sbattere? Una barricata di cemento?"
John disse qualcosa con le mani e V lanciò a  Qhuinn uno sguardo tagliente.
"A che diavolo stavi pensando? Potevi essere ammazzato."
Qhuinn si batté il proprio petto. "Batte ancora."
"Coglione." Ma il Fratello sorrise mostrando le zanne affilate.
"Beh, avrei fatto la stessa cosa."
Con l'angolo dell'occhio, Qhuinn notò che Blay si stava silenziosamente avviando verso la porta che conduceva alla struttura. In un secondo e mezzo sarebbe scomparso, ponendo fine al dramma che ancora una volta si era trovato tra i piedi.
Qhuinn sentì un'improvvisa e impressionante urgenza di seguire il guerriero nell'ingresso e di allontanarsi da occhi indiscreti.
Come se avesse di bisogno di un'altra -
Tuo cugino mi dà quello di cui ho bisogno. Tutto il giorno. Ogni giorno.
Oh Gesù, stava per vomitare.
"Altri effetti personali?"
Qhuinn si tirò fuori da quella cazzata e si riprese. "Li prendo io."
Saltò sul carro attrezzi e aprì con forza il portellone accartocciato dell'Hummer strizzandosi attraverso i trenta centimetri di spazio nel vuoto del sedile posteriore. Gli faceva bene incastrare il suo corpo in posti a cui non apparteneva e in cui non entrava - dava alla sua mente qualcosa da fare e tutti i dolorini delle varie ferite erano un altro fantastico diversivo.
I due zaini avevano fatto il giro del dannato abitacolo per benino. Trovò quello che avevano visto per primo nel volante dietro al sedile del passeggero e l'altro tra l'acceleratore e il freno.
Strano bagaglio per quei due per quanto poteva dire; la vita di strada non è la stessa per i ragazzi fighi di città e per i poveracci che erano stati sportivi.
Sembravano più ragazzini del liceo che mediatori nel commercio della droga.
A meno che non avessero bisogno di un posto dover tenere i loro riconoscimenti di merito nel campo delle metanfetamine o qualche altra merda.
Mentre Qhuinn tornava a ritroso verso il sedile posteriore, decise di non rifare lo stesso percorso. Avvitandosi, si sdraiò sulla pelle rovinata e portò le ginocchia al petto. Con una forte inalazione, spinse le scarpe verso l'altra portiera e la spalancò, i cardini di metallo si liberarono con uno stridio, il pannello rimbalzò con uno schianto sul cemento.
Soddisfacente.
Mentre i suoni riecheggiavano nel parcheggio del garage, V accese una delle sue sigarette rollate a mano e si chinò verso il buco che Qhuinn aveva aperto. "Tu lo sai che ci sono le maniglie per aprire le porte, vero?"
Qhuinn si mise seduto - e realizzò che aveva appena preso a calci l'unica portiera che non era stata distrutta.
Bene, se non era una metafora per la sua intera e fottuta vita a quel punto.
Lanciando fuori gli zaini, si liberò atterrando con forza mentre John prese il carico e cominciò ad aprirli.
Merda. Blay se n'era andato. La porta del centro di addestramento si era appena chiusa.
Bestemmiando tra sé e sé, borbottò, "I cellulari devono ancora essere dentro - anche se i finestrini sono rotti, il vetro è intatto, quindi non possono essere volati fuori."
"Bene, bene, bene... " disse il Fratello esalando.
Qhuinn aggrottò la fronte e guardò in basso quello che John aveva trovato. Che... diavolo... "Mi prendi per il culo?"
Il suo miglior amico aveva tirato fuori un vaso di ceramica - uno economico, di quelli che prendi nel reparto elettrodomestici da Target. E sai cosa? Anche l'altro tizio ne aveva uno.
Quali erano le possibilità... ?
"Dobbiamo trovare quei telefoni," mormorò Qhuinn, saltando di nuovo sul carro attrezzi."Qualcuno ha una torcia?"
Vishous si tolse il guanto di pelle rivestito di piombo e tirò su la sua mano splendente. "Ecco, mia cara."
Mentre il Fratello saltava sul rimorchio, Qhuinn si piegò e tornò nella parte posteriore dell'Hummer. "Non colpirmi con quella cosa, intesi, V?"
"Sarà una sculacciata che non dimenticherai mai, promesso."
Cavolo, quella mano era un portento. Non appena V mise la mano dentro, l'intero abitacolo s'illuminò a giorno, gettando ombre scure su tutto quel massacro all'interno. Accucciandosi, Qhuinn controllò sotto i sedili tastando coi palmi delle mani, allungandosi negli angoli. Il terribile odore, un disgustoso mix di benzina, plastica bruciata e sangue fresco - e ogni volta che abbassava una mano si alzavano nell'aria i residui della polvere degli air bag.
Ma era valsa la pena di tenere tutte quelle pseudo posizioni yoga.
Uscì fuori con un paio di iPhone.
"Odio questi cosi," mormorò V indossando di nuovo il guanto e prendendo i due apparecchi.
Tornando a una relativa aria fresca, Qhuinn inspirò facendo schioccare il collo, poi saltò giù. C'era una qualche conversazione a quel punto e lui annuì un paio di volte come se sapesse di cosa cazzo si stesse parlando.
"Ascolta, ti spiace se mi prendo una pausa per controllare una cosa solo un secondo?" esclamò interrompendo la discussione.
Gli occhi color diamante di V si strinsero. "Con chi?"
Proprio in quel momento, John saltò su e cominciò a chiedere dell'Hummer e sulle possibilità di riparazione - come qualcuno che agita una torcia di fronte a un tirannosauro per distrarlo. Mentre V cominciava a parlare del futuro del SUV come una scultura da giardino, Qhuinn quasi soffiò un bacio al suo amico.
Nessuno sapeva di Layla a eccezione di John e Blay - e le cose dovevano rimanere così durante quel periodo.
Poiché Qhuinn era ahstrux nohtrum di John, non poteva allontanarsi - e non lo fece. Andò alla porta da cui era uscito Blay e prese il telefono. Mentre componeva il numero di una delle linee della casa e aspettava tra gli squilli, fissò lo sguardo sulla sua auto rovinata.
Ricordava ancora la notte in cui la prese. Sebbene i suoi genitori fossero ricchi, non avevano sentito il desiderio bruciante di provvedere alle sue esigenze come avevano fatto con suo fratello e sorella. Prima della transizione, si era messo scaltramente a vendere il fumo rosso, ma non aveva fatto troppi soldi - quasi come la sua paghetta settimanale e non voleva scroccare da Blay tutto il tempo.
Il crac monetario era finito non appena era stato promosso come guardia personale di John. Il suo nuovo lavoro comprendeva un serio stipendio - settantacinquemila dollari l'anno. E considerato che non pagava tasse a quella cazzata di governo umano e aveva vitto e alloggio gratis, gli avanzavano un sacco di verdoni.
L'Hummer era stato il suo primo grande acquisto. Aveva fatto una ricerca su internet, ma la verità era che già sapeva quello che voleva. Fritz era uscito, effettuato la negoziazione e l'acquisto ufficiale... e la prima volta che Qhuinn si era seduto dietro al volante, girato la chiave e sentito il rombo sotto il cofano, si era quasi messo a piangere come una femminuccia.
Ora era distrutto. Lui non era un meccanico, ma il danno strutturale era importante e non aveva senso ripararlo -
"Pronto?"
La voce di Layla richiamò la sua attenzione.
"Ehi. Sono appena tornato. Come ti senti?"
L'esatta pronuncia gli ricordò i suoi genitori, ogni parola ben sillabata e scelta con cura. "Sto bene, ti ringrazio molto. Ho riposato e guardato la televisione, come mi hai suggerito. C'era la maratona Million Dollars Listing."
"Che diavolo è?"
"Uno spettacolo dove vendono case in Los Angeles - credevo fosse una fiction, ma è venuto fuori che era un reality show. Pensavo fosse tutto finto. Madison ha una bellissima acconciatura - e mi piace Josh Flagg. È piuttosto scaltro e molto gentile con sua nonna."
Le chiese un altro paio di cose, tipo cosa avesse mangiato e se aveva fatto un sonnellino, giusto per farla parlare ancora un  po' - perché tra le sillabe, stava cercando indizi di malessere o dispiacere.
"Quindi stai bene," disse.
"Sì, e prima che lo chiedi, ho già chiesto a Fritz di portarmi l'ultimo pasto. E sì, mangerò il roast beef."
Aggrottò la fronte, non voleva che lei si sentisse in gabbia. "Ascolta, non è solo per la salute del bambino. Anche per la tua. Voglio che tu stia bene, lo sai?"
La sua voce si abbassò di tono.
"È stato sempre così. Anche prima che noi... sì, hai sempre voluto il meglio per me."
Concentrandosi sulla portiera che aveva sfasciato, pensò a quanto lo avrebbe fatto sentire bene scalciare via la merda da qualcosa. "Bene, starò in palestra per un  po'. Verrò a controllare prima di andare a dormire, va bene?"
"Certo. Stammi bene."
"Anche tu."
Quando chiuse la comunicazione, realizzò che V aveva smesso di parlare e lo stava guardando come se avesse qualcosa che non andava - i capelli in fiamme, le mutande attorno alle caviglie, o le sopracciglia rasate.
"Hai una femmina, Qhuinn?" biascicò il Fratello.
Qhuinn si guardò attorno in cerca di una scialuppa di salvataggio, ma non trovò un bel niente. "Ah... "
V esalò una boccata di fumo sulla sua spalla e si avviò. "Contento tu! Comincio a lavorare su questi telefoni. E hai bisogno di comprarti un'altra auto - a patto che non sia una Prius. A più tardi."
Quando lui e John furono da soli, era chiaro che il ragazzo si stesse scaldando per dire qualcosa riguardo al confronto al lato della strada.
"Non voglio sentire, John. Adesso non ne ho la forza."
Merda, fece con le mani John.
"Lasciamo perdere, amico mio. Vieni in casa?"
Secondo la più stretta interpretazione del compito di ahstrux nohtrum, Qhuinn doveva stare con John ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette.
Ma il re aveva concesso quella dispensa all'interno i confini della magione.
Altrimenti avrebbe imparato un po' troppo tutto ciò che riguarda il suo amico e Xhex.
E John avrebbe dovuto presenziare mentre lui e Layla... beh, sì.
Quando John annuì, Qhuinn aprì la porta e la tenne aperta. "Dopo di te."
Si rifiutò di guardare il volto dell'amico mentre gli passava accanto, non poteva farlo. Perché sapeva esattamente cosa frullava nella testa del ragazzo - e non gl'interessava parlare di quello che era successo in quel tratto di strada su cui aveva camminato  prima. Neanche della merda di... tutte quelle notti prima grazia alla Guardia d'Onore.
Sarebbe finito se ne avesse parlato.
La merda non aiutava mai nessuno.

*  *  *

Saxton, figlio di Tyhm, terminò il finale del Libro di Storia Orale e poté solo fissare alla copertina in pelle a grana fine con i dettagli d'oro in rilievo.
L'ultimo.
Non poteva crederci. Quanto era durata la sua ricerca? Tre mesi? Quattro mesi? Come poteva essere finita?
Passò velocemente in rassegna con lo sguardo la biblioteca della Confraternita, con le sue centinaia e centinaia di tomi riguardanti la legge, dissertazioni e decreti reali... e pensava, sì certo, che ci sarebbe voluti mesi e mesi per venirne a capo. E ora che aveva terminato la ricerca, con tutte le annotazioni fatte e il percorso legale che il re voleva conseguire ben delineato, ci sarebbe dovuto essere un senso di completezza nell'aver compiuto l'impresa.
Invece si sentiva spaventato.
Durante il dottorato e il praticantato come avvocato, aveva affrontato dei brutti problemi prima - e specialmente dopo essere arrivato in questa vasta casa e cominciato a lavorare come avvocato personale del Re Cieco. La Vecchia Legge era molto contorta, arcaica non solo nel linguaggio, ma in ogni argomento - e il sovrano della razza dei vampiri era tutt'altro che questo. Il pensiero di Wrath era sia diretto che rivoluzionario, e quando arrivava al suo comando, il passato e il futuro spesso non coesistevano senza una buona messa a punto - della Vecchia Legge, ovviamente.
Questo era tutto un altro livello, comunque.
Wrath, come sovrano, poteva fare quasi tutto quello che voleva - premesso che i precedenti erano schedati, ritoccati e registrati. Dopo tutto il re era una legge vivente che respirava, una manifestazione fisica dell'ordine necessario per la società civilizzata. Il problema erano le tradizioni che non accadono per caso; erano il risultato delle scelte e del vivere quotidiano di generazioni su generazioni basate su determinate regole che erano accettate da tutti.
I progressisti avevano cercato di guidare le trincerate società conservatrici in nuove direzioni per cercare di risolvere i problemi.
E questa... ulteriore alterazione del modo in cui le cose venivano fatte? Nell'ambiente politico attuale, dove la leadership di Wrath era già stata sfidata -
"Sei pensieroso."
Al suono della voce di Blay, Saxton sobbalzò e fece quasi cadere la sua Montblanc da sopra la spalla.
Immediatamente Blay si fece avanti come per calmare quello che si era agitato. "Oh, mi spiace-"
"No, va tutto bene, io -" Saxton aggrottò la fronte fissando gli abiti bagnati e insanguinati del soldato. "Santissima Vergine Scriba... cos'è successo stanotte?"
In evidente mancanza di risposta, Blay si diresse al mobile bar su un antico forziere bombato nell'angolo. Mentre si prendeva il suo tempo per scegliere tra lo sherry e un Dubonnet, era piuttosto chiaro che stava preparando la sequenza di parole da dire nella sua testa.
Che stava a significare che aveva a che fare con Qhuinn.
Infatti a Blay non importava né dello sherry né del Dubonnet. Ed era quasi sicuro che avrebbe scelto del porto.
Saxton si appoggiò allo schienale della sedia e fissò il lampadario che era appeso tanto lontano dal pavimento. Era un magnifico esemplare in Baccarat, fatto alla metà del diciannovesimo secolo, con tutti i cristalli di vetro piombato e con l'attento lavoro di manifattura che ci si aspetta.
Ricordò l'impercettibile dondolio, la rifrazione arcobaleno della luce scintillante attraverso tutta la stanza.
Quante notti prima era successo? Da quanto tempo Qhuinn aveva servito quell'Eletta proprio nella stanza lì sopra?
Niente era più stato lo stesso da allora.
"Un incidente d'auto." Blay prese una lunga sorsata. "Solo problemi meccanici."
Ed è per questo che i tuoi pantaloni sono bagnati e c'è del sangue sulla tua camicia? si chiese Saxton.
Tuttavia, tenne la domanda per sé.
Era diventata un'abitudine il tenersi tutto dentro.
Silenzio.
Blay finì il suo porto e se ne verso un altro con la tipica alacrità riservata agli alcolizzati. Cosa che non era.
"E... tu?" disse il maschio. "Come va il tuo lavoro?"
"Ho finito. Beh, quasi."
Gli occhi blu di Blay scattarono in alto.
"Davvero? Pensavo non finissi più."
Saxton fissò quel viso che conosceva tanto bene. Quello sguardo in cui gli sembrava di perdersi da una vita. Quelle labbra su di cui aveva passato ore e ore.
Il dirompente senso di tristezza che avvertì era innegabile tanto quanto l'attrazione che lo aveva portato in quella casa, a quel lavoro, a quella nuova vita.
"Lo pensavo anch'io," disse dopo un istante. "Anch'io... pensavo sarebbe durata più a lungo di quanto è durato."
Blay guardò il suo bicchiere. "Da quanto tempo hai iniziato?"
"Io non... non posso ricordarlo." Saxton si massaggiò il ponte sul naso. "E non importa."
Altro silenzio. Nel quale Saxton avrebbe scommesso l'ultimo respiro dei suoi polmoni che i pensieri di Blaylock riguardavano l'altro maschio, quello che amava come nessun altro, la sua metà.
"Cos'era?" chiese Blay.
"Scusami?"
"Il tuo progetto. Tutto questo lavoro." Blay fece roteare il bicchiere con eleganza. "Questi libri che hai studiato attentamente. Se hai terminato, ora puoi dirmi di cosa si tratta, giusto?"
Saxton si fermò considerando l'idea di dire la verità... che c'era stato altro, cose ugualmente pressanti e importanti su cui era stato zitto. Cose con cui aveva pensato di poter convivere, ma che, nel tempo, si erano rivelate un fardello troppo pesante da portare.
"Lo saprai presto."
Blay annuì, ma lo fece con la stessa distrazione che aveva avuto dell'inizio. Però disse, "Sono contento che sei qui."
Saxton aggrottò le sopracciglia. "Davvero... ?"
"Wrath non potrebbe avere un avvocato migliore al suo fianco."
Ah.
Saxton spinse indietro la sedia e si alzò in piedi. "Sì. È vero."
Fu con una strana sensazione di fragilità che raccolse le sue risme di carta. Sicuramente lo sembrava, in quel teso, triste momento, come se lo stessero sostenendo tutti, questi sottili, ma potenti fogli con le loro innumerevoli parole, ognuna scritta a mano e curata con attenzione,  contenute chiaramente nelle loro linee di testo.
Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di loro in una notte come questa.
Si schiarì la gola. "Cosa pensi di fare del tempo che è rimasto prima dell'alba?"
Mentre aspettava la risposta, il suo cuore batté forte contro la gabbia toracica, perché lui, e lui soltanto, pareva realizzare che il compito assegnatogli dal re non era la sola cosa che stava per terminare quella sera. Indubbiamente, l'ottimismo di base che lo aveva sostenuto all'inizio di questa relazione si era trasformato in una specie di disperazione che lo aveva fatto arrampicare sugli specchi in uno strano modo... ma ora, anche quello se n'era andato.
Era ironico, davvero. Il sesso non era altro che una fuggevole connessione fisica - e ce n'erano state tante nella sua vita quando era questo tutto ciò che cercava. Anche con Blaylock all'inizio, era stata la stessa cosa. Nel tempo, tuttavia, il suo cuore era rimasto coinvolto e lo aveva lasciato dove si trovava questa sera.
Alla fine della strada.
"... al lavoro."
Saxton si scosse. "Scusami?"
"Sto uscendo a lavorare per un po'."
Dopo che ti sei fatto un decanter di porto? pensò Saxton.
Per un istante fu tentato di tirar fuori i dettagli della notte, gli esatti chi e cosa e dove - come se potessero sbloccare una specie di conforto. Ma lo sapeva bene. Blay aveva un compassionevole, animo gentile e la tortura era qualcosa che lui usava come parte del suo lavoro e solo se necessario.
Non ci sarebbe stato nessun conforto, in nessuna combinazione di sesso, chiacchiere o silenzio.
Sentendosi come se si stesse sostenendo da solo, Saxton si abbottonò la giacca a doppio petto e controllò che la cravatta fosse a posto. La mano sui pettorali confermò che il fazzoletto da taschino era al posto giusto, ma i polsini avevano bisogno di uno strattone e se ne sarebbe occupato subito.
"Ho bisogno di prendermi una pausa prima di parlare col re. Le spalle mi stanno uccidendo dall'esser stato troppo a quella scrivania per tutta la notte."
"Fai un bagno. Potrebbe aiutare a sciogliere i muscoli?"
"Sì, un bagno."
"Ci vediamo più tardi, allora," disse Blay avvicinandosi.
Le loro bocche s'incontrarono per un lieve bacio, dopodiché Blay si voltò verso l'ingresso e sparì sulle scale per cambiarsi.
Saxton lo guardò andare via. Fece anche un paio di passi in avanti in modo da vedere la sue scarpe, mentre i Fratelli li chiamavano, salendo la grande scalinata un passo alla volta.
Una parte di lui stava urlando di seguire il maschio nella loro camera da letto e aiutarlo a togliere quei vestiti. Emozioni a parte, l'attrazione fisica tra loro era sempre stata forte e sentiva di volerne approfittare.
Ma anche quel cerotto si stava sfilacciando.
Si versò uno sherry, lo assaggiò e anche a sedersi accanto al camino. Fritz aveva aggiunto della legna poco prima e le fiamme erano brillanti e correvano lungo i ciocchi.
Farà male, pensò Saxton. Ma non lo avrebbe spezzato.
Magari l'avrebbe superata. Sarebbe guarito. Sarebbe andato avanti.
I cuori si spezzano ogni momento...
Non c'era una canzone che parlava di questo?

La domanda era, naturalmente, quando ne avrebbe parlato con Blay.

venerdì 10 maggio 2013

Traduzione Capitolo 7 di Lover at Last di J.R.Ward




Lover at Last

7


A circa dieci isolati dalla 'notte da incubo' di Trez, Xcor stava ripulendo la lama della sua falce con una pelle di camoscio soffice come le orecchie di un agnello.
Dall'altra parte del vicolo, Throe era al telefono e parlava a bassa voce.
E stava così da quando avevano trovato il terzo dei tre lessers che l'Omega aveva scaricato in quella parte della città.
A Xcor non interessavano ritardi, cellulari o altre cose. Il resto della sua Banda dei Bastardi era da qualche parte in centro a stanare entrambi i nemici - e avrebbe preferito enormemente essere con loro.
Ma la biologia chiamava. Dannazione.
Throe concluse la sua telefonata e lo guardò, il bel volto teso dalla serietà. "Lei è d'accordo."
"Ma che gentile." Xcor rinfoderò la falce e mise il panno da parte. "Comunque sono meno interessato al suo consenso che alla questione del se ne sia in grado."
"Lo è."
"E come lo sai?"
Throe si schiarì la gola e rivolse lo sguardo altrove. "Sono andato da lei la scorsa notte e me ne sono servito."
Xcor sorrise freddamente. Ecco spiegata l'assenza del soldato - e la ragione era un gran sollievo. Aveva temuto che l'altro maschio avesse...
"E com'era?"
"Passabile."
"Hai assaggiato tutte le sue attrattive?"
Il gentiluomo, che una volta era stato un intellettuale membro della glymera, ma non più, si schiarì la voce. "Io, ah... sì."
"E com'erano?" Quando non ci fu risposta, Xcor attraversò la neve sporca, avvicinandosi al suo secondo in comando. "Com'era, Throe? Bagnata e disponibile?"
Il volto perfetto del maschio arrossì ancora di più.
"Era accettabile."
"Quante volte l'hai presa?"
"Diverse."
"E in varie posizioni, voglio sperare." Quando ci fu solo un teso cenno del mento in risposta, Xcor si ammorbidì. "Bene, allora ti sei congedato dal tuo compito fedelmente coi compagni soldati. Sono sicuro che gli altri vorranno condividere sia vena che sesso."
Nell'imbarazzante attimo di silenzio che seguì, Xcor non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, ma aveva insistito sui dettagli non per provocare il suo subordinato... ma perché era felice che Throe avesse fatto sesso con quella femmina.
Voleva ci fosse distanza tra il maschio e quello che era successo in autunno. Voleva calendari pieni di anni con innumerevoli femmine e fiumi di sangue di altre donne...
"Ma c'è una condizione," disse Throe.
Xcor strinse le labbra. Poiché la femmina in questione non lo aveva ancora visto, non poteva essere una cifra più alta - inoltre non aveva ancora bisogno di nutrirsi. Grazie a...
"Che sarebbe?"
"Deve accadere a casa sua. Non appena scende la notte domani."
"Ah." Xcor sorrise freddamente. "Allora è una trappola."
"La Confraternita non sa chi ha inoltrato la richiesta."
"Hai confermato che fossero sei maschi, non è vero?"
"Non ho usato i nostri nomi."
"Non importa." Xcor fece scorrere lo sguardo nel vicolo, i sensi all'erta alla ricerca di lessers o Fratelli.
"Io non sottovaluto il raggio d'azione del re. Non dovresti farlo nemmeno tu."
Infatti le sue ambizioni li avevano messi contro un nemico di valore. L'attentato alla vita di Wrath nell'autunno precedente era stato la sua dichiarazione di guerra e, come previsto, c'era stata una prevedibile ritorsione. La Confraternita aveva trovato il covo della Banda dei Bastardi, c'erano entrati e avevano preso la custodia del fucile che conteneva l'arma usata per piazzare un proiettile nella gola del Re Cieco.
Ovviamente erano in cerca di prove.
La domanda era, di cosa? Non sapeva ancora se il Re fosse morto o vivo, e nemmeno il Consiglio, da ciò che aveva capito. Infatti la glymera non era nemmeno a conoscenza dell'attentato.
Wrath era sopravvissuto? O era stato ucciso e la Confraternita era occupata a cercare di riempire il vuoto? La Vecchia Legge era molto chiara riguardo le regole di successione - ammesso che il re avesse una progenie, che non aveva. Quindi sarebbe stato il parente più prossimo - presumendo che ce ne fosse qualcuno.
Xcor voleva saperlo, ma non s'informava. Tutto quello che poteva fare era aspettare che la verità venisse fuori da sola - e nel frattempo, lui e i suoi soldati avrebbero continuato a uccidere lessers e a sostenere il suo potere nella glymera.
Almeno entrambi i tentativi stavano andando bene. Ogni notte rimandavano indietro all'Omega i suoi tirapiedi con una pugnalata. E il suo contatto effeminato nel Consiglio, il non-proprio-beato Elan, figlio di Larex, si era dimostrato abbastanza ingenuo e malleabile - due caratteristiche molto utili in un attrezzo usa e getta.
Tuttavia, Xcor stava cominciando a stancarsi della mancanza d'informazioni.
E a dire la verità, quest'affare con la femmina che Throe aveva trovato era necessario, ma pieno di pericoli. Una femmina capace di vendere sia le proprie vene che il sesso a più utilizzatori, era sicuramente capace di scambiare informazioni per denaro - e benché Throe avesse nascosto le loro identità, il numero era stato dato.
La Confraternita doveva aver giustamente indovinato che nessuno della Banda dei Bastardi fosse accoppiato e, prima o poi, in questa nuova terra, avrebbero richiesto ciò che avevano avuto a sufficienza nel Vecchio Continente.
Forse questa femmina era stata assoldata dal re e dalla sua guardia privata.
Bene, l'avrebbero scoperto l'indomani. Era facile tendere le imboscate e per un maschio affamato non c'era momento più vulnerabile di quello in cui era alla gola e tra le gambe di una femmina. Tuttavia era giunto il momento. I suoi soldati volevano combattere, ma avevano i volti tirati, gli occhi infossati e la pelle troppo tesa sugli zigomi.
Il sangue umano, quel povero sostituto, non forniva abbastanza forza e i suoi Bastardi se ne stavano nutrendo da troppo tempo. Nel Vecchio Continente, c'erano state abbastanza femmine per servirli quando ne avevano bisogno. Ma da quando erano arrivati nel Nuovo Continente, si erano dovuti arrangiare.
Se questa era una trappola, era pronto a combattere i Fratelli. Dopotutto, era stato ben servito -
Santissima Vergine Scriba, non poteva pensarci.
Xcor si schiarì la gola mentre il dolore nel petto divenne talmente forte da non riuscire a deglutire. "Di' alla femmina che non appena fa buio è troppo presto. Andremo a mezzanotte, invece. E ci organizzeremo per nutrirci dagli umani non appena scende la notte.  Se i Fratelli sono là, potremo combattere con loro da una posizione di relativa forza."
Le sopracciglia di Throe scattarono in alto come se fosse impressionato dalla riflessione di Xcor. "Sì, lo faccio subito."
Xcor annuì e guardò altrove.
Nel silenzio, gli eventi dell'autunno urlavano tra di loro, raffreddando ulteriormente l'aria gelida di dicembre.
Quella sacra Eletta era sempre con tutti e due.
"Sta facendo giorno in fretta," disse Throe col suo accento perfetto. "È ora di partire."
Lo sguardo di Xcor si spostò a est. Il bagliore che annunciava l'alba non era ancora visibile, ma il suo secondo in comando aveva ragione. Presto... molto presto... la luce mortale del sole avrebbe illuminato tutto, e poco importava che fosse alla sua minor potenza, col solstizio d'inverno appena alle spalle.
"Richiama i soldati," disse Xcor. "E incontrali alla base."
Throe digitò una serie di lettere nel messaggio che Xcor non sarebbe stato capace di leggere. Poi il soldato mise a posto il telefono con un'occhiataccia.
"Tu non ritorni?" chiese Throe.
"Vai."
Ci fu una lunga pausa. Poi l'altro soldato disse piano, "Dove andrai?"
In quell'istante, Xcor pensò a ognuno dei suoi combattenti. Zypher, il conquistatore sessuale. Balthazar, il ladro. Syphon, l'assassino. E l'altro che non aveva un nome e troppi peccati da poterli contare. Così lo chiamavano Syn.
Poi pensò al giusto, fedele Throe, il suo secondo in comando.
Il beneducato Throe con un'impeccabile linea di sangue.
Il bellissimo, attraente Throe.
"Vai ora," disse al maschio.
"E tu?"
"Va'."
Throe esitò un istante, la notte in cui Xcor era quasi morto venne in mente a entrambi. Come non avrebbe potuto?
"Come desideri."
Il soldato di smaterializzò lasciando Xcor immobile contro il vento da solo. Quando fu sicuro che l'altro se n'era andato davvero, fece lo stesso con le sue molecole nelle raffiche di vento, andando a nord, verso un campo coperto dalla neve. Riprese la sua forma alla base del dolce pendio, fissando il bellissimo albero che svettava orgoglioso in cima alla collina.
Pensò al morbido ergersi del seno di una femmina, alle clavicole eleganti, alla più sublime colonna del collo diafano -
Mentre il vento gli colpiva la schiena, chiuse gli occhi e camminò teso in avanti nel tornare nel posto in cui aveva incontrato la sua pyrocant.
Dov'era la sua Eletta?
Era ancora viva? La Confraternita l'aveva uccisa per colpa del suo gentile, generoso, sconosciuto regalo al nemico del suo re?
Xcor sapeva che sarebbe morto senza il suo sangue. Gravemente ferito durante l'attentato alla vita di Wrath, era stato in punto di morte quando Throe l'aveva portato in quel campo e aveva invocato l'Eletta e il gesto fu compiuto.
Throe aveva architettato tutto. E, nel procedimento, aveva infisso una maledizione nel cuore oscuro di Xcor.
Le sue ambizioni rimanevano quelle che erano state: Lui voleva detronizzare il Re Cieco e regnare sui vampiri. Tuttavia, c'era un punto debole che lo fregava.
Quella femmina.
Era stata erroneamente tirata dentro al conflitto tra  maschi armati di pugnali, un' innocente che era stata manipolata e poi usata.
Lo preoccupava amaramente il benessere di lei.
Certo, aveva un solo rimorso nelle sue cattive azioni. Se non avesse mandato Throe nelle braccia della Confraternita, il suo secondo in comando non avrebbe attraversato il suo cammino e non si sarebbe nutrito da lei. Se non fosse successo, Throe non avrebbe potuto chiamarla e non sarebbe andata da loro in quel campo... e Xcor non l'avrebbe mai guardata in quegli occhi compassionevoli.
E perdere parte di se stesso.
Lui era uno schifoso malformato, un bastardo traditore dell'Ordine e della protezione sotto cui lei meritava di vivere. Non meritava il dono che gli aveva fatto.
E nemmeno Throe - e non perché fosse caduto dalla sua alta posizione sociale nella glymera.
Nessun maschio vivente la meritava.
Xcor si fermò sotto l'albero a fissare il punto esatto dove era sdraiato di fronte  a lei... dove si era inginocchiata su di lui mordendosi il polso e lui aveva aperto la bocca per ricevere il potere che soltanto lei poteva dargli.
C'era stato un momento in cui i loro occhi si erano incontrati e il tempo si era fermato... e poi lei aveva abbassato lentamente il polso alla sua bocca.
Oh, quel brevissimo contatto.
Si era convinto che lei fosse solo una visione della sua mente vagante, ma mentre Throe lo riportava al loro rifugio, aveva ripreso coscienza e capito che lei era reale. Davvero reale.
Erano trascorse settimane. Poi una sera, in città, l'aveva sentita, aveva seguito il richiamo del suo sangue nelle vene per vederla.
Nell'intermezzo di quei minuti e ore, lei aveva saputo la verità su di lui: Aveva guardato nell'oscurità, direttamente a lui, e la sua angoscia era stata evidente.
Quindi, il suo covo era stato trovato. Probabilmente a causa sua.
Con una sbuffata di vento, la neve riprese a cadere, i fiocchi che si addensavano nell'aria, vorticandogli intorno e andandogli negli occhi.
Lei dov'era adesso? Cosa ne avevano fatto?
A est il bagliore dell'alba cominciò a vedersi a dispetto della coltre di nubi e gli occhi iniziarono a bruciargli - ecco perché prestava particolare attenzione al loro allenamento su quell'incantevole presagio di luce diurna, solo per il dolore.
Non lo aveva mai fatto prima d'esser stato fatto a pezzi dalle sue emozioni come questa. In tutta la sua vita era stato allenato duramente alla sopravvivenza -  prima negli sul campo di guerra e poi nei secoli sotto la guida del Carnefice, e ora nel suo tempo come capo della sua banda di combattenti.
Ma lei lo aveva spaccato, creando una crepa vitale.
Di sicuro così come lei gli aveva restituito la sua vita, ne aveva preso una parte e lui non sapeva cosa fare.
Forse sarebbe rimasto lì a lasciarsi ridurre in cenere. Sembrava una brutta situazione più semplice di quello che stava vivendo adesso...
Quale fato le era accaduto?
Doveva saperlo.
Era importante quanto la sua scalata al trono.