martedì 26 marzo 2013

Prologo di Lover at Last


Lover at last

Prologo

Qhuinn, figlio di Lohstrong, entrò nella casa della sua famiglia attraverso la porta principale. Nell'istante in cui varcò la soglia, il profumo della casa gli invase le narici. Cera al limone. Candele di cera d'api. Fiori freschi dal giardino che il doggen coglieva tutti i giorni. Profumo - quello di sua madre. Acqua di colonia - quelle di suo padre e suo fratello. Cannella - quello di sua sorella.
Se la compagnia Glade avesse mai brevettato un deodorante per ambienti come quello, l'avrebbe chiamato qualcosa come Pascolo del Vecchio Conio. Oppure Aurora su un grasso Conto in Banca.
O forse il solito Noi siamo Migliori di Tutti gli Altri.
Delle voci distanti vennero dalla sala da pranzo, le vocali arrotondate come brillanti intagliati, le consonanti strascicate morbide e allungate come nastri di seta.
"Oh, Lillie, è delizioso, grazie," disse sua madre alla cameriera.
"Ma è troppo per me. Non darne così tanto a Solange. Si sta appesantendo."
Ah già, la perenne dieta di sua madre inflitta alla nuova generazione: si supponeva che le femmine della Glymera sparissero alla vista quando svoltavano l'angolo, mostrando ogni clavicola sporgente, guancia infossata e braccio scarno come un fottuto distintivo d'onore.
Come se assomigliare a un attizzatoio facesse diventare una persona migliore.
E la Vergine Scriba ti evitava se tua figlia pareva essere in salute.
"Ah, sì, grazie Lilith," aggiunse suo padre. "Ancora per me, grazie."
Qhuinn chiuse gli occhi cercando di convincere il suo corpo a proseguire. Un piede dopo l'altro. Non era poi così dura.
Le sue Ed Hardy nuove di pacca gli mostrarono il dito medio a quell'idea. E poi, in diversi modi, a entrare nella sala da pranzo come Steven Seagal in Belly of the Beast.
Lasciò cadere il suo borsone sul pavimento. I due giorni che aveva trascorso a casa di Blay lo avevano tirato su, una pausa dalla totale mancanza d'aria in questa casa. Sfortunatamente l'ustione del rientro era talmente forte che il beneficio dell'essere andato via quasi si equiparava.
Okay, era ridicolo. Non poteva continuare a starsene lì come un oggetto inanimato.
Voltandosi verso il muro di lato, si sporse verso lo specchio antico a tutt'altezza che era proprio affianco alla porta. Molto ponderato, pensato per la necessità dell'aristocrazia di tenere un bell'aspetto. In questo modo i visitatori potevano controllare capelli e abiti mentre il maggiordomo prendeva in consegna cappotti e cappelli.
La faccia del giovane pretrans che lo guardò di riflesso aveva tutti i lineamenti regolari, una bella mascella e una bocca che, doveva ammetterlo, sembrava capace di danneggiare seriamente la pelle nuda una volta che sarebbe cresciuto. O forse era solo un desiderio. I capelli erano come Vlad l'Impalatore, con le punte dritte sulla sua testa. Al collo portava una catena di bicicletta - e non una comprata da Urban Outfitters, ma l'anello che aveva precedentemente spinto la sua dodici marce.
Tutto era bilanciato, assomigliava a un ladro che aveva fatto irruzione e si preparava a distruggere tutto alla ricerca dell'argenteria, dei gioielli e i computers portatili.
L'ironia era che quella cazzata gotica non era la parte più offensiva della sua apparizione in famiglia. Infatti lui poteva fare lo spogliarello, piazzare un impianto d' illuminazione sul suo culo e correre al primo piano fingendo d'essere Jose Canseco con maestria e non avvicinarsi neanche lontanamente al problema che rodeva ai suoi genitori.
Erano i suoi occhi.
Uno blu. L'altro verde.
Alla Glymera non piacevano i difetti. Non nelle loro porcellane o nei roseti. Nella carta da parati o nei tappeti oppure ai banconi. Non nella seta della loro biancheria intima o nella lana delle loro giacche o nello chiffon dei loro abiti da sera.
E sicuramente mai nei loro figli.
La sorella era a posto - beh, eccetto per il "piccolo problema del peso" che al momento non esisteva e un difetto di pronuncia che la transizione non aveva risolto - oh, e il fatto che aveva la personalità della madre. E niente poteva sistemare quella merda.
Il fratello, d'altro canto, era la vera fottuta stella di casa, fisicamente perfetto, primogenito pronto a portare avanti l'eredità di famiglia riproducendosi in maniera molto raffinata, senza gemiti o gocce di sudore con una femmina scelta per lui dalla famiglia.
Dannazione, il suo recipiente per lo sperma era già pronto. Ci si sarebbe accoppiato non appena avesse superato la transizione -
"Come ti senti, figlio mio?" chiese suo padre con esitazione.
"Stanco, signore," una voce profonda rispose. "Ma questo mi aiuterà."
Un brivido risalì lungo la spina dorsale di Qhuinn. Non sembrava la voce di suo fratello. Troppo bassa, troppo mascolina, troppo...
Cazzo, il ragazzo aveva superato la transizione.
Ora le Ed Hardy di Qhuinn erano pronte a procedere col programma, portandolo fino a vedere la sala da pranzo. Il padre era al suo posto a capo tavola. Confermato. La madre era  seduta ai piedi del tavolo di fronte alla porta incernierata della cucina. Confermato. La sorella era fuori vista, ma pronta a leccare il bordo dorato del piatto dalla fame. Confermato.
Il maschio che dava le spalle a Qhuinn non faceva parte della Procedura Operativa Standard.
Luchas era due volte la taglia che era stato quando Qhuinn era stato avvicinato da un doggen che gli aveva portato le sue cose e mandato da Blay.
Beh, questo spiegava la vacanza. Aveva creduto che suo padre si fosse finalmente ammorbidito e avesse ceduto alla richiesta che aveva inoltrato settimane prima. Ma no, voleva solo Qhuinn fuori di casa, perché il cambiamento era arrivato per il suo figliolo dal gene d'oro.
Suo fratello si era sbattuto la ragazza? Chi avevano usato per il sangue -
Suo padre, che non esternava mai, allungò una mano e  diede a Luchas un' imbarazzata pacca sul braccio. "Siamo così orgogliosi di te. Sei... perfetto."
"Sì,"  la madre di Qhuinn aprì la bocca. "Assolutamente perfetto. Tuo fratello non sembra perfetto, Solange?"
"Sì. Perfetto."
"E ho qualcosa per te," disse Lohstrong.
Il maschio mise la mano nella tasca della sua giacca sportiva e tirò fuori una scatola di velluto nero grande quanto una palla da baseball.
La madre di Qhuinn iniziò a piangere e a picchiettarsi sotto gli occhi.
"Questo è per te, mio prezioso figlio."
La scatola scivolò lungo la tovaglia bianca damascata e le grandi mani di suo fratello tremarono quando la prese e aprì il coperchio.
Qhuinn vide il lampo d'oro in ogni direzione nell' atrio. Mentre ognuno al tavolo taceva, suo fratello fissò l'anello con sigillo, chiaramente sopraffatto, mentre la loro madre continuava il picchiettio e anche il padre cominciava a emozionarsi. E sua sorella prendeva di nascosto un panino dal cestino del pane.
"Grazie, signore," disse Luchas indossando il pesante anello d'oro all'indice.
"Va bene, non è vero?" chiese Lohstrong.
"Sì, signore. Perfettamente."
"Abbiamo la stessa misura, allora."
Ovviamente.
In quel momento, il loro padre distolse lo sguardo, come se sperasse che il movimento degli occhi bastasse a eliminare il luccichio delle lacrime che gli offuscavano la vista.
Colse Qhuinn nascosto fuori la sala da pranzo.
Ci fu un breve lampo di riconoscimento. Non il Ciao come stai o il Oh bene, l'altro mio figlio è a casa. Era più come quando cammini sull'erba e ti accorgi della merda di cane troppo tardi per evitare che il tuo piede ci vada a finire sopra.
Il maschio tornò a fissare la sua famiglia chiudendo fuori Qhuinn. Chiaramente l'ultima cosa che Lohstrong voleva era che quel momento storico fosse rovinato - che probabilmente era il motivo per cui non avesse fatto gli scongiuri per tenere lontano l'occhio maligno. Di solito ognuno in quella casa eseguiva il rituale quando vedeva Qhuinn. Ma non quella sera. Il paparino non voleva che gli altri lo sapessero.
Qhuinn tornò al suo borsone. Sistemandosi il peso sulla spalla, salì le scale centrali per andare nella sua stanza. Di solito sua madre preferiva che lui usasse quelle di servizio, ma questo significava che avrebbe dovuto passare attraverso tutto l'amore che c'era là. La sua stanza era molto lontana da quella degli altri, alla fine della zona destra della casa. Si era domandato spesso perché non facessero completamente il salto mettendolo coi doggen - in quel caso la servitù di sarebbe licenziata probabilmente.
Chiudendo la porta, scaricò i suoi fallimenti sul pavimento spoglio e si sedette sul letto. Fissando il suo unico bagaglio, pensò di doversi sbrigare a fare quel bucato, c'era ancora un costume da bagno inzuppato dentro.
Le domestiche si rifiutavano di toccare i suoi abiti - come se il male che era in lui indugiasse nelle fibre dei suoi jeans o delle sue T-shirt.
Il lato positivo era che non essendo benvenuto agli eventi formali, il suo era un guardaroba che non richiedeva stiratura.
Si accorse che stava piangendo quando guardando le sue Ed Hardy vide che c'erano un paio di gocce d'acqua giusto al centro delle stringhe.
Qhuinn non avrebbe mai ricevuto un anello.
Ah diamine... questo faceva male.
Si stava passando le mani sul viso quando il suo telefono squillò.
Lo tirò fuori dalla sua giacca da motociclista e dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima che potesse mettere a fuoco la vista.
Schiacciò invio per accettare la chiamata, ma non rispose.
"L'ho appena saputo," disse Blay all'apparecchio. "Che stai facendo?"
Qhuinn aprì la bocca per rispondere, il suo cervello tossì tutti i tipi di risposte: "Fottuto, eccezionale esperto di un civile."Almeno non sono 'grasso' come mia sorella." "No, non so se mio fratello ha fatto sesso."
Invece disse: "Mi hanno buttato fuori. Non volevano che maledissi la transizione. Credo che abbia funzionato, perché sembra esserne venuto fuori bene."
Blay imprecò piano.
"Oh, e gli ha appena dato l'anello. Mio padre gli ha dato... il suo anello."
L'anello con sigillo con lo stemma della famiglia, il simbolo che tutti i maschi di una buona linea di sangue indossavano per affermare il valore della loro discendenza.
"Ho visto Luchas metterlo al dito," disse Qhuinn sentendo che se stesse prendendo un coltello affilato e lo avvicinasse all'interno delle sue braccia. "Gli va benissimo. Davvero perfetto. Lo sai, beh... come, come poteva non -"
Cominciò a piangere a quel punto.
Perse il dannato controllo.
La tremenda verità era che sotto la sua controcultura del fanculo, voleva che la sua famiglia lo amasse. Voleva essere lezioso come sua sorella, secchione come il fratello, riservato come i suoi genitori, lui vedeva l'amore tra loro quattro. Sentiva l'amore tra loro quattro. Era il laccio che univa quegli individui insieme, la corda invisibile da un cuore a un altro, l'impegno ad aver cura di ogni cosa riguardante la merda mondana di ogni mortale tragedia. E la sola cosa più potente di quella connessione... era esserne estromesso.
Ogni fottuto giorno della tua vita.
La voce di Blay irruppe attraverso il suo conato mentale. "Io ci sono. E mi dispiace così tanto... sono qui... non fare niente di stupido, va bene? Lasciami arrivare -"
Lasciare che Blay sapesse che stava pensando a cose che includevano corde e pigne della doccia.
Infatti la sua mano libera era già scesa alla cintura improvvisata che aveva creato con un bel, forte intreccio di nylon - perché i suoi genitori non gli davano molti soldi per i vestiti e quella che aveva si era rotta anni prima.
Liberandola per tutta la lunghezza, guardò la porta chiusa del suo bagno. Tutto ciò di cui aveva bisogno era legarla all'impianto nella sua doccia - Dio sapeva che quei tubi dell'acqua avevano visto giorni migliori, quando erano forti abbastanza da sostenere del peso. Doveva prendere anche una sedia su cui salire e poi scalciarla da sotto.
"Devo andare -"
"Qhuinn? Non attaccare - non osare attaccare con me -"
"Ascolta amico, devo andare -"
"Sto venendo adesso." Si sentì un rumore di sottofondo, come se Blay si stesse vestendo.
"Qhuinn! Non attaccare il telefono - Qhuinn...!"

lunedì 25 marzo 2013

Recensione CON spoiler di Edge of Dawn di Lara Adrian




TITOLO: Edge of Dawn





AUTORE: Lara Adrian



ATTENZIONE: SPOILER! Chi non volesse saperne di più, si fermi qui!

Con questa recensione apriamo un nuovo capitolo della Stirpe di Mezzanotte, i bellissimi, ma quantomeno improbabili vampiri discendenti dagli alieni. Son passati vent'anni da quando il malvagio Dragos è stato eliminato e l'Ordine ha palesato la propria esistenza al mondo umano e c'è da dire che le cose sono cambiate, almeno un po'.

Avevamo lasciato i nostri beniamini con un finale degno di una fiaba, ma decisamente banale e mi sono ritrovata nella solita piacevolissima scrittura dell'eccelsa Adrian con qualche novità. Ricordate che, a parte Dante e Tess che avevano già avuto Rafe, le altre Compagne della Stirpe erano tutte incinte? Bene, qui si riparte proprio con la nuova generazione.

Sapevamo tutti che il libro raccontava di Mira ed è corretto, ma la prima cosa che leggiamo, ed è un piacere, è ritrovarla nei panni di una guerriera, addirittura come comandante di una squadra. Ma la storia non comincia bene, infatti la nostra eroina è piena di risentimento perché il suo amore, Kellan, è stato ucciso in missione otto anni prima.

Lei è in cerca di vendetta, cosa che proverà a fare sotto gli occhi degli umani, creando un precedente che obbligherà Lucan a rimuoverla del suo incarico e, per punizione, a relegarla al ruolo di guardia del corpo di Ackmeyer, uno scienziato paranoico che però pare aver ragione, visto che viene rapito sul serio.

Mira corre all'inseguimento e subisce anche lei un attentato e quando si ritrova nel covo dei Ribelli capeggiato da Bowman e si rende conto che altri non è che Kellan, la sua furia scoppia irrimediabilmente. Capire a questo punto non è facile, la motivazione di Kellan nell'inscenare la sua morte è stata fortuita, ma provvidenziale.

La notte precedente all'incendio in cui sarebbe perito, lui e Mira hanno fatto l'amore per la prima volta ed è successa una cosa inaspettata: gli occhi di Mira non velati hanno mostrato uno stralcio di futuro nefasto dove lui veniva processato, giudicato e condannato a morte mentre lei provava a salvarlo.

Terrorizzato dalla cosa, quando ha compreso che la trappola di quella notte avrebbe fatto saltare in aria la squadra, si è sacrificato convinto di non farcela. Un gruppo di ribelli umani invece lo ha trovato curandolo e lui si è creato una nuova identità, assieme alla sua banda, combatteva quelle battaglie come era solito fare nell'Ordine.

A questo punto l'amore torna a farla da padrone e i due non possono tirarsi indietro. Mira comprende cos'è successo e si specchia senza lenti, questo gesto le causerà la cecità. Solo allora Kellan le offrirà il suo sangue e non come vincolo, non perché non lo voglia, ma per non legarla a un dead man walking.

Kellan sa che deve salvarla in qualche modo e attende che la squadra dove c'è Nathan, suo amico e fratello, li trovi per portarli al complesso. Lo scienziato intanto è stato rapito da uno della banda dei suoi per un riscatto, ma sono stati uccisi entrambi ed ecco il reato per cui dovrà pagare.

La tecnologia che aveva inventato il luminare era basata sull'uso dei raggi UVA, qualcuno ha rubato il brevetto dandolo a chi lo ha usato per farne proiettili come bombe d'acqua che uccidono all'istante un vampiro. Ecco cosa cercava di sventare Kellan, ma non pensava che proprio uno dei suoi lo tradisse.

Ma ormai è fatta, Lucan non può aiutarlo e Kellan muore, Mira intanto ha ritrovato la vista grazie al dono di Tess, ma impazzisce quando sente il legame di sangue sciogliersi come neve al sole. La follia la prende quando, inspiegabilmente sente le corde interne tornare a tendersi e seguendo l'istinto, lo trova incosciente in un letto del complesso.

Sono stati Tess e Rafe a riportarlo in vita, ma solo il loro legame può salvarlo e lo fa. Per il mondo intero però, lui dovrà essere morto, però poco conta quando si riprende e capisce di dover avvisare Lucan della strage che sta per compiersi grazie all'obelisco nel palazzo dove si tiene il summit della GNC che il malvagio Crowe ha portato con l'intenzione di uccidere tutti.

Spoiler a parte, credo che questa recensione debba lasciare un po' di curiosità: su chi è questo Crowe e cosa fa, su cosa succede ai ragazzi, su come Lucan riuscirà a risolvere un attentato. Mezzo libro ve l'ho raccontato, l'altra parte ve la lascio scoprire.

Non scontata come negli ultimi due, se non tre libri, la storia promette d'essere emozionante anche per i nuovi personaggi che si avvicenderanno con dei nemici davvero ostici e che si pensava esistessero solo nelle leggende. E se lo pensano loro che non esistono, è tutto dire.

Scrivendo questa recensione ho capito che la sensazione di stanchezza che avevo avvertito nella Adrian non era una mia impressione. La firma è sempre la sua, ovviamente, ma la verve che c'è adesso nelle azioni, molto più visive e convincenti, mi ha davvero conquistata rimettendomi di peso tra le sue lettrici fidate.


VOTO: 

domenica 24 marzo 2013

Recensione Uno splendido disastro di Jamie MacGuire






Trama:
Camicetta immacolata, coda di cavallo, gonna al ginocchio. Abby Abernathy sembra la classica ragazza perbene, timida e studiosa. Ma in realtà Abby è una ragazza in fuga. In fuga dal suo passato, dalla sua famiglia, da un padre in cui ha smesso di credere. 

E ora che è arrivata alla Eastern University insieme alla sua migliore amica per il primo anno di università, ha tutta l'intenzione di dimenticare la sua vecchia vita e ricominciare da capo. Travis Maddox di notte guida troppo veloce sulla sua moto, ha una ragazza diversa per ogni festa e attacca briga con molta facilità. 

Dietro di sé ha una scia di adoratrici disposte a tutto per un suo bacio. C'è una definizione per quelli come lui: Travis è il ragazzo sbagliato per eccellenza. Abby lo capisce subito appena i suoi occhi incontrano quelli profondi di lui e sente uno strano nodo allo stomaco: Travis rappresenta tutto ciò da cui ha solennemente giurato di stare lontana. Eppure Abby è assolutamente determinata a non farsi affascinare. 

Lei no, non ci cadrà come tutte, lei sa quello che deve fare, quel ragazzo porta solo guai. Ma quando, a causa di una scommessa fatta per gioco, i due si ritrovano a dover condividere lo stesso tetto per trenta giorni, Travis dimostra un'inaspettata mistura di dolcezza e passionalità. Solo lui è in grado di leggere fino in fondo all'anima tormentata di Abby e capire cosa si nasconde dietro i suoi silenzi e le sue improvvise malinconie. 

Solo lui è in grado di dare una casa al cuore sempre in fuga della ragazza. Ma Abby ha troppa paura di affidargli la chiave per il suo ultimo e più profondo segreto…

Recensione:

Ho iniziato la lettura di questo libro sulla scia emozionale di quanti lo osannavano trovandolo "fantastico". Tanto se ne parlava sui diversi gruppi che seguo su FB, pullulanti ragazze giovani, ma di grande competenza in quanto a letture e, pur non essendo il genere di libro che "normalmente" leggo (anche se di normale i libri che occupano gli scaffali della mia libreria non hanno niente!), l'ho preso... in formato digitale... direi per fortuna... e non perché non mi sia PROPRIO piaciuto, anzi in fondo in fondo credo di aver trascorso un po' di tempo in modo piuttosto piacevole, ma nient'altro.

Provo ad essere più chiara: quando ho letto l'ultimo rigo e chiuso il libro, non avevo quel senso di inebriante intontimento che molte volte mi accompagna per giorni dopo una buona lettura, lasciandomi "dentro" storia e personaggi.
Certo la trama è scontata, letta e riletta e propostaci in varie salse, con lui canonico ragazzaccio e lei classica brava ragazza, entrambi con un passato poco chiaro che per scommessa si ritrovano a dividere lo stesso letto, con tutte le conseguenze pseudo romantiche che questo comporta quando c'è attrazione tra i due protagonisti.

In sintesi, Travis Maddox, il figo dell'università ai cui piedi sono stese tutte le ragazze che incontra, ha però un caratteraccio che non riesce a gestire, vedi quando distrugge la casa di lei o quando pesta a sangue il malcapitato... e non solo. Abby, ragazza tranquilla che fugge da un passato ingombrante si ritrova la sola a non essere annichilita da questo bad boy, col quale inizia un tira e molla che dura quasi tutto il libro, con lei che sembra tirare le foglie di una margherita pensando cedo o non cedo. 

Margherita che spesso le avrei fatto ingoiare. Che altro dire: niente! Perché non c'è altro. La creazione da parte della scrittrice di due personalità "complesse", almeno per storia, non viene seguita da un'evoluzione dei caratteri e delle loro caratteristiche. La storia verosimile fino ad un punto diventa poi poco credibile.

Alla fine mi sono chiesta scrivendo questa recensione, e ancora mi sto interrogando, come una storia così banale possa aver avuto tanta ridondanza. Forse la voglia di essere “protette”, forse quella voglia di romanticismo che prevede l'annullarsi l'uno per l'altro (che tra l'altro riscontro solo in Travis, trattato spesso come uno zerbino), mah!

Aggiungo una mia postilla personale, ho saputo che è stata fatta addirittura una petizione per portare questo libro in Italia da chi lo aveva letto in lingua. Ora mi chiedo: va bene, ma facciamo qualcosa, diamoci da fare, smuoviamo le acque anche per molte di quelle scrittrici Italiane che non hanno nulla da invidiare a questa Jamie MacGuire, ma che, ahimè, non sono supportate da grandi case editrici.

Scrittrici che sanno tirare fuori dal loro estro storie ben più articolate, ma non voglio fare alcun tipo di polemica in questa recensione, oltretutto il suo compito questo libro lo ha assolto appieno, ovvero per due/tre ore mi ha fatto “entrare” in un altro mondo......del resto non è questo che devono fare i libri? 



domenica 17 marzo 2013

Recensione di Brûlant di Anita Borriello




TITOLO: Brûlant






AUTORE: Anita Borriello



È diventato luogo comune dire che leggere un libro fantasy ai giorni nostri equivale a leggerli tutti con piccolissime differenze da parte degli autori che spesso si traducono nella scelta da parte della schiera maschile verso il classic o epic fantasy, mentre quella femminile verso l'urban e il paranormal romance.

Per quanto ci sia un fondo di verità soprattutto per le firme delle medio/grandi Case Editrici, nell'oceano dei piccoli autori nostrani c'è molta più originalità di quel che mi aspettassi e che, ahimè, il più delle volte viene ignorata dal grande circuito. Il libro di cui sto per fare la recensione cade proprio a fagiolo: sto parlando di Brûlant di Anita Borriello.

Troppe volte ho letto trame scritte a casaccio, senza un minimo di ricerca di notizie, benché fantastiche, diventate quasi leggende metropolitane  da cui si attinge quotidianamente. Non è assolutamente il caso di Brûlant, dove la nostra Anita Borriello mette su carta la sua erudizione in fatto di streghe e paganesimo.

Già signori e signore, parliamo di vere e proprie streghe, non quelle maligne o buone delle fiabe, ma di spiritualiste professanti in congreghe di tutto il mondo che contribuiscono a mantenere equilibri karmici con riti e invocazioni. L'ostico compito di far conoscere una realtà così particolare ha indirizzato l'autrice verso la scrittura di un romanzo che fosse accessibile a tutti.

Ed ecco che compaiono i protagonisti Christian e Brigitte con la loro storia che la nostra Anita usa ad arte come pretesto per parlare di un argomento molto più profondo e introspettivo facendone una lettura piacevole e leggera, una lettura a cui, probabilmente, una persona comune non si sarebbe avvicinata.

Questa recensione non serve per far conoscere Brûlant al popolo di lettori che lo conoscono già, ma per ringraziare e riconoscere un merito all'autrice nell'aver parlato di un argomento serio quale la spiritualità in termini diversi, arrivando attraverso la fantasia e in punta di piedi, senza cadere necessariamente nella diatriba religiosa che da sempre viene menzionata quando si parla di spirito.

A voi una frase che credo identifichi al meglio quello che il libro incarna.




 Le Brûlant nacquero durante il basso medioevo a Parigi per amore della conoscenza e dell’evoluzione spirituale; all’epoca questi due termini, che oggi sono antitetici, avevano lo stesso significato ed erano un privilegio che pochi potevano permettersi.

Analizzando il contesto sociale, politico e culturale in cui è nata la sorellanza è facile comprenderne il perché: non bastavano le poche, incoerenti risposte che venivano date alle domande che la gente poneva. 

Grazie alle fondatrici, una cerchia di sette donne, oggi conserviamo alcuni dei più antichi manoscritti esistenti. La maggior parte di questi riportano le tradizioni riportate oralmente
di generazione in generazione dalla notte dei tempi.
Nei secoli il numero delle sacerdotesse è cresciuto in maniera esponenziale, rendendo necessaria la creazione di altre due sedi oltre l'originaria parigina. Oggi quindi, ne abbiamo anche una a Praga e a Roma. Cento donne nel mondo sanno la verità, vivono con questo fardello nell'attesa della ricompensa.

Evolvere spiritualmente non è semplice come bere una birra con gli amici: è un processo lento che richiede secoli. viviamo le nostre vite con dedizione e sacrificio per migliorare noi stesse e, di conseguenza, tutto ciò che ci ruota attorno.


VOTO:

Recensioni Sigillo di Ametista




RECENSIONE A CURA DI:
ANGELA D'ANGELO



Quando si apre un libro paranormal romance si sa già a cosa si va incontro: eroina alla scoperta dei propri poteri, storia d'amore con il gran figo di turno, pericolo mortale e finale spesso lieto per buona pace delle lettrici che, in caso contrario, marcerebbero contro l'autrice.

Ciò che rende diversi i libri di questo genere, più che i personaggi, sono le ambientazioni, le peripezie e gli intrecci. Purtroppo i grandi modelli ispirati ai vampiri sexy e affascinanti hanno reso i prodotti editoriali sempre più commerciali e banali e chi vuole distinguersi ripiega sempre più spesso nel fantasy classico.

Cristiana Verazzo con "Il Sigillo di Ametista" non usa scappatoie, si lancia in un paranormal romance puro e sforna un libro dalla grande carica innovativa.


Per leggere la recensione completa cliccare QUI