The King
24
Voltando la testa sul cuscino, Sola fissò la porta della camera d'ospedale che le era stata assegnata. In realtà
non era la porta quel che vedeva.
Continuavano a scorrerle davanti
agli occhi dei flash del rapimento che non le permettevano di vedere altro: il
suo ritorno a casa e il colpo alla testa. La corsa in auto. Il razzo di
segnalazione. L'inseguimento attraverso la neve. E poi la cella della prigione
e quella guardia che era scesa giù per -
Al colpo alla porta Sola sobbalzò.
Il che era curioso; sapeva bene chi fosse. "Sono contenta tu sia
tornato."
Assail socchiuse la porta e infilò
dentro solo la testa, come se temesse di opprimerla. "Sei sveglia."
Si tirò le coperte fino al collo.
"Non ho mai dormito."
"No?" Spalancando la
porta, Assail entrò nella stanza con un vassoio colmo di cibo. "Avevo
sperato che... beh, forse avresti gradito delle vettovaglie."
Sola voltò la testa. "Hai un
modo di parlare alquanto antiquato."
"L'inglese non è la mia lingua
madre." Appoggiò il vassoio sul carrello e lo avvicinò a lei.
"Neanche la mia seconda, in realtà."
"Forse è questo il motivo per
cui adoro sentirti parlare."
Assail si bloccò sentendo le parole
di Sola - e già, probabilmente se non fosse stata imbottita di antidolorifici,
non avrebbe mai ammesso una cosa del genere. Ma al diavolo...
All'improvviso la guardò,
un'intensa luce brillò nei suoi occhi rendendoli più luminosi del solito.
"Sono lieto che la mia voce ti piaccia," abbozzò Assail.
Sola si concentrò sul cibo mentre
cominciava a percepire un tepore dentro di sé per la prima volta da... tutto
quanto. "Ti ringrazio per il disturbo, ma non ho fame."
"Hai bisogno di
nutrirti."
"Gli antibiotici mi danno la
nausea." Lei indicò col mento la flebo appesa all'asta di fianco al letto.
"Qualunque cosa ci sia dentro è semplicemente... disgustosa."
"Ti imboccherò io."
"Io..."
Per qualche strano motivo, lei
pensò a quella notte fuori nella neve, quando lui l'aveva seguita fino ai
confini della sua proprietà e affrontata vicino alla sua automobile. Quando si
parla di minacce nell'oscurità - Gesù, l'aveva spaventata a morte. Ma non aveva
sentito solo paura.
Assail avvicinò al letto l'unica
sedia della camera. Strano, non era una di quelle schifezze in plastica
traballanti che di solito si trovano nelle cliniche; sembrava uscita da un
negozio di Pottery Barn, imbottita, comoda e con una bella linea. Quando si
accomodò per sedersi, non ci entrò, e non perché fosse sovrappeso. Assail era
troppo grosso, il corpo possente faceva apparire minuscoli sia i braccioli che
lo schienale, gli abiti troppo neri per quel colore pallido -
C'erano delle macchie di sangue
sulla giacca, marroni e secche. E sulla camicia. E sui pantaloni.
"Non guardarle," disse
lui con dolcezza. "Ecco. Per te, ho scelto solo il meglio."
Sollevò la campana di vetro per
rivelare...
"Dove diavolo mi trovo?"
esclamò lei sporgendosi e respirando profondamente. "Cioè, Jean-Georges
ha, tipo, un settore medico o qualcosa del genere?"
"Chi è questo
Jean-Georges?"
"Un cuoco eclettico che va per
la maggiore a New York. Ne ho sentito parlare a Food Network." Sola si
mise seduta e fece una smorfia quando la coscia l'ammonì con un
ehi-vacci-piano-ragazzina. "Nemmeno mi piace il roast beef - ma questo
sembra fantastico."
"Ho pensato che del ferro ti
avrebbe fatto bene."
La fetta di carne era cucinata in
maniera divina, con una succulenta crosta che si ruppe quando lui la tagliò con
-
"Sono posate d'argento,
quelle?" domandò lei alla vista della forchetta, del coltello - del
cucchiaio ancora poggiato sul tovagliolo elegantemente ripiegato.
"Mangia." Assail le
avvicinò alla bocca un pezzo di carne tagliato con precisione. "Mangia per
me."
Senza ulteriori incoraggiamenti, la
bocca di Sola si aprì spontaneamente, come se non volesse saperne di ritardi
aggiuntivi del tipo posso-mangiare-da-sola.
Chiudendo gli occhi, Sola gemé.
Già, lei non aveva fame. Proprio per niente.
"Questa è in assoluto la
miglior cosa che abbia mai mangiato."
Il sorriso che illuminò il volto di
Assail non aveva alcun senso. Era troppo luminoso per riguardare solo il suo
nutrirsi - e lui doveva essersene accorto, perché voltò la testa in modo che
lei potesse vedere quell'espressione solo di sfuggita.
Nei successivi quindici, venti
minuti, gli unici rumori nella stanza, a parte il sibilo dell'impianto
riscaldamento, furono quelli delle lussuose posate che colpivano il piatto di
porcellana. E sì, a scapito di tutti i possibili oh-no-non-posso-proprio, lei
mangiò quella enorme fetta di carne, le patate gratinate e la vellutata di
spinaci. Oltre al panino che di sicuro era fatto a mano. Come la torta di
pesche con gelato. E bevve anche dell'acqua ghiacciata in bottiglia e del caffè
servito in una caraffa.
Probabilmente si sarebbe mangiata
anche il tovagliolo, il vassoio, tutta l'argenteria e il carrello se ne avesse
avuto l'opportunità.
Crollando contro il cuscino, Sola
appoggiò una mano sulla pancia. "Secondo me sto per scoppiare."
"Porto il vassoio fuori nel
corridoio. Domando scusa."
Dalla sua posizione privilegiata, lei
valutò ogni mossa di Assail: il modo in cui si alzò, afferrò i lati del vassoio
con le mani lunghe ed eleganti, si voltò, avviandosi con scioltezza.
Quando si parla di buone maniere a
tavola. Aveva maneggiato l'argenteria con incredibile raffinatezza, come se
fosse abituato a usare quel tipo di oggetti a casa sua. E mentre le versava il
caffè non ne aveva rovesciato neanche una goccia. O fatto cadere qualche
briciola di cibo mentre la imboccava.
Un perfetto gentiluomo.
Difficile accostare questa immagine
con quello che avevo visto quando le aveva passato il cellulare per farla parlare
con sua nonna. In quel momento era fuori di sé, col sangue che gli scorreva giù
dal mento come se avesse preso a morsi qualcuno. Anche le sue mani erano
sporche di sangue rosso...
Considerando il fatto che lei aveva
fatto fuori tutti quelli che si trovavano in quell'orribile posto prima di andarsene,
ovviamente stava a significare che Assail aveva qualcuno lì sopra con lui.
Oh, Dio... era un'assassina.
Assail tornò e si sedette, accavallando
le gambe alle ginocchia, non con la caviglia poggiata alla coscia come fanno di
solito gli uomini. Unendo le mani, le portò dinanzi alla bocca e la osservò.
"L'hai ucciso, non è
vero?" chiese Sola a bassa voce.
"Chi?"
"Benloise."
Il suo sguardo magnetico di volse
altrove. "Non parleremo di ciò che è accaduto. Di nulla."
Sola ripiegò con cura eccessiva il
bordo della coperta verso il basso. "Io... non posso fingere che la scorsa
notte non sia mai esistita."
"Dovrai farlo."
"Ho ucciso due uomini."
Lo guardò negli occhi e batté freneticamente le palpebre. "Ho ucciso...
due esseri umani. Oh, Dio..."
Coprendosi il volto con le mani,
cercò di contenersi.
"Marisol..." Ci fu uno
stridio come se Assail avesse avvicinato ancora di più la sedia presa da
Pottery Barn. "Cara, devi cancellarlo dalla mente."
"Due uomini..."
"Animali," rettificò lui
bruscamente. "Erano animali che meritavano il peggio. Tutti loro."
Abbassando le mani, Sola non fu
sorpresa dall'espressione letale che gli lesse in viso, ma non ne fu spaventata.
Eppure era terrorizzata da ciò che lei aveva fatto.
"Io non riesco..." Indicò
la propria testa. "Non riesco a togliermi queste immagini da -"
"Bloccale, cara. Semplicemente
dimentica che sia mai accaduto."
"Non posso. Non ci riuscirò
mai. Dovrei costituirmi alla polizia -"
"Stavano per ucciderti. E tu
pensi che se l'avessero fatto avrebbero avuto qualche scrupolo? Posso assicurarti
di no."
"È colpa mia." Sola
chiuse gli occhi. "Avrei dovuto immaginare che Benloise si sarebbe vendicato.
Solo non credevo arrivasse fino a questo punto."
"Ma, mia cara, sei salva
-"
"Quanti?"
"Chiedo scusa?"
"Quanti... ne hai
ammazzati." Lei espirò con forza. "E, ti prego, non provare a fingere
di non averlo fatto. Ho visto la tua faccia, ricordi? Prima che la lavassi."
Lui distolse lo sguardo e si passò
una mano sul mento come se fosse ancora sporco di sangue. "Marisol. Metti
via quel ricordo, seppelliscilo in profondità... e lascialo perdere."
"È questo il tuo modo di
gestire la situazione?"
Assail scosse la testa, la mascella
contratta, la bocca stretta in una linea sottile. "No, io ricordo le mie
vittime. Tutte quante."
"Quindi disprezzi ciò che hai
dovuto fare?"
Gli occhi di Assail restarono fermi
nei suoi. "No. Mi piace."
Sola sussultò. Scoprire che Assail era
un assassino sociopatico era proprio la ciliegina sulla torta, vero?
Lui si allungò verso di lei.
"Non ho mai ucciso senza una ragione, Marisol. Ho provato piacere
nell'ucciderli perché lo meritavano."
"Allora lo hai fatto per
proteggere qualcun altro."
"No, io sono un uomo d'affari.
A meno che non sia furibondo, sono molto più incline al vivi e lascia vivere. Tuttavia,
non mi farò calpestare - e non permetterò che facciano del male alle persone a
cui tengo."
Lei lo studiò per un lungo momento
- e mai una volta lui rifuggì con lo sguardo. "Penso... di crederti."
"E fai bene."
"Ma è comunque un
peccato." Sola ripensò a tutte le preghiere che aveva rivolto a Dio e si sentì
colpevole come mai le era accaduto in passato. "So di aver commesso dei
crimini... ma non ho mai fatto del male a qualcuno, se non a livello economico.
Il che da solo è già abbastanza grave, ma almeno non ho bruciato le loro
-"
Lui le prese una mano tra le sue.
"Marisol. Guardami."
Lo fece dopo un lungo istante.
"Non so se sono in grado di convivere con me stessa. Davvero non lo
so."
* * *
Quando Assail si soffermò sul
battito del cuore nel proprio petto, capì di essersi sbagliato. Aveva creduto
che portare Marisol fisicamente in salvo e occuparsi di Benloise avrebbe
scritto la parola fine a quell'orribile capitolo della sua vita.
Dopo averla presa in custodia, pronto
per riportarla da sua nonna, era sicuro che lei avrebbe fatto tabula rasa.
Sbagliato. Dannatamente sbagliato -
e non sapeva come liberarla dal suo dolore emotivo.
"Marisol..." Non aveva
mai sentito quel tono nella propria voce. D'altronde, non aveva mai implorato
qualcuno. "Marisol, ti prego."
Quando finalmente Sola dischiuse le
palpebre, lui sospirò di sollievo. A occhi chiusi, la sua immobilità gli
rammentava troppo quale avrebbe potuto essere l'altro finale di quella storia.
Anche se... cosa poteva dirle?
"Sinceramente, non posso fingere di comprendere il concetto di peccato che
tu dichiari, dopotutto la tua religione è diversa dalla mia - e questo lo
rispetto." Dio, detestava quel livido sul suo viso per così tanti motivi.
"Ma, Marisol, le tue azioni erano dettate dall'istinto di sopravvivenza.
La tua sopravvivenza. Ciò che hai fatto in quel posto è la ragione per cui
respiri adesso. La vita consiste nel fare ciò che è necessario, e tu lo hai
fatto."
Lei distolse lo sguardo come se il
dolore fosse insostenibile. E poi sussurrò, "Vorrei solo aver potuto...
diamine, forse hai ragione. Dovrei tornare troppo indietro nel passato per
poter cancellare tutti gli eventi che mi hanno portato a due notti fa. L'intera
storia è il culmine di tante altre situazioni."
"Sai, se scegli di fare così,
potresti cambiare il corso della tua vita. Potresti smettere di avere a che fare
con soggetti come Benloise."
L'ombra di un sorriso le sfiorò le
labbra, mentre fissava la porta. "Sì. Sono d'accordo."
Assail respirò profondamente ancora
una volta. "C'è un'altra possibile via per te."
Anche se avevo a malapena annuito,
Assail ebbe la sensazione che Sola fosse scesa a patti col proprio
pensionamento, per così dire. E per qualche strano motivo, questo gli fece salire le lacrime agli occhi -
non che lo avrebbe mai ammesso con qualcuno, inclusa la parte buona di se
stesso.
E mentre lei taceva, lui la
fissava, fissando nella memoria ogni particolare: dai suoi scuri capelli ondulati
che aveva appena lavato facendo la doccia nel bagno lì alla clinica, alle
guance pallide, alle labbra perfettamente modellate.
Pensando a tutto ciò che aveva
passato, la sentì dire di non essere stata violentata - ma solo perché aveva
ucciso il bastardo prima che lo facesse.
Quello nella cella, pensò. Quello a
cui aveva tagliato la mano e l'aveva usata per scappare dall'edificio.
Il suo intero corpo soffriva per
lei, totalmente -
"Sento che mi stai
guardando," disse lei piano.
Assail si sedette composto e si
strofinò le cosce. "Perdonami." Guardò la porta all'altro lato della
stanza, detestava l'idea di lasciarla sola anche se, con ogni probabilità, avrebbe
dovuto farla riposare. "Senti dolore fisico?"
Marisol si voltò nella sua
direzione, gli occhi color mogano cercarono i suoi. "Dove siamo?"
"Che ne dici di rispondere
prima alla mia domanda?"
"Niente che non possa
sopportare."
"Chiamo l'infermiera?"
Assail stava per alzarsi in piedi
quando lei lo fermò. "Per favore, non chiamarla. Non mi piace come mi fa
sentire quella roba. Adesso ho bisogno di essere lucida al cento per cento e
connessa con questa realtà. Altrimenti, mi sembra di essere di nuovo...
là."
Assail tornò a sedersi e sentì il
desiderio impellente di tornare a nord per uccidere subito Benloise. Soffocò
l'impulso ricordando a se stesso la sofferenza che l'uomo stava patendo - ammesso
che il cuore battesse ancora.
"Allora, dove siamo?"
Come rispondere a quella domanda?
Be', per quanto lei volesse evitare
qualsiasi distorsione della realtà, in quel caso non era applicabile al fatto
che lui non era umano, ma membro di una specie che lei associava a Dracula. Grazie
tante, Stoker.
"Siamo tra amici." Forse
aveva esagerato un po'. Ma Rehv aveva fornito ciò che gli era stato richiesto
quando era stato necessario - probabilmente a causa della persona che Assail
aveva "sistemato", se non direttamente per conto del Re, di sicuro e
innegabilmente lui ne aveva tratto vantaggio.
"Hai degli amici veramente
particolari. Lavorano per il governo?"
Lui rise. "Buon Dio, no."
"È un vero sollievo. Mi stavo
domandando se stavi per arrestarmi oppure se volevi assoldarmi come informatrice."
"Posso assicurarti che i cavilli
del sistema giuridico umano non mi interessano neanche lontanamente."
"Umano...?"
Imprecando tra i denti, Assail fece
un gesto con la mano per minimizzare la parola. "Sai cosa intendo."
Quando Sola sorrise, le palpebre
premettero. "Mi spiace, mi sa che sto per addormentarmi. Sai, tutto quel
cibo..."
"Riposa. E sappi che quando si
sveglierai, ti porterò a casa."
Lei si sollevò di scatto. "Mia
nonna è ancora in quella casa -"
"No, si trova nella mia proprietà.
Non l'avrei mai lasciata lì, esposta e vulnerabile -"
Senza alcun avviso, Sola lo avvolse
tra le braccia, passandogliele sopra le spalle e stringendolo così forte da
fargli percepire ogni spasmo del suo corpo.
"Grazie," disse lei con
voce strozzata contro il suo collo. "Senza di lei non mi resta
niente."
Assail rispose all'abbraccio con
attenzione, appoggiandole le mani sulla schiena con leggerezza. Inspirando il
profumo di lei, il cuore gli sanguinò di nuovo al pensiero di ogni maschio che
l'aveva toccata senza rispetto.
Rimasero in quella posizione per
molto tempo. E quando infine lei si tirò indietro e lo guardò, Assail non
riuscì a trattenersi dall'accarezzarle il viso.
"Sono senza parole,"
esclamò lui con voce rotta.
"Per cosa?"
Tutto ciò che riuscì a fare fu
scuotere la testa e alzarsi in piedi per interrompere ogni contatto fisico. O
agiva in quel modo o sarebbe finito in quel letto con lei.
"Riposa," disse con voce
roca. "Quando scendere la sera, ti porterò dalla tua parente."
Poi lei e sua nonna avrebbero
potuto vivere con lui. In questo modo l'avrebbe sempre saputa al sicuro.
Non si sarebbe mai più preoccupato
per lei.
Assail uscì in fretta prima che gli
occhi di Sola si chiudessero. Non riusciva a tollerare la vista di lei che
abbassava le palpebre.
Uscì dalla camera e -
Si fermò di colpo.
Dall'altra parte del corridoio, i
suoi cugini gemelli erano appoggiati contro il muro e non dovettero alzare lo
sguardo o voltarsi per guardarlo.
Lo stavano fissando dritto negli
occhi quando emerse dalla stanza - come se si aspettassero che ne uscisse da un
secondo all'altro.
Non parlarono, ma non ne avevano
bisogno.
Assail si strofinò la faccia. In
quale mondo pensava di poter ospitare due donne umane in casa sua? E quale per
sempre - non sarebbe stato in grado di farlo neanche per una notte. Perché cosa
avrebbe detto quando sarebbe diventato palese che non poteva uscire durante il
giorno? Oppure far entrare la luce del sole in casa? O ancora...
Sopraffatto dall'emozione, infilò
la mano nella tasca anteriore dei pantaloni neri, tirò fuori la boccetta di
coca e in fretta fece fuori quel che ne rimaneva.
Solo per sentirsi a malapena normale.
Poi tirò su da terra il vassoio.
"Non guardatemi così," borbottò, allontanandosi a grandi passi.
Ciao Chris che bello venire qui a leggere il capitolo - sempre brava! Bacioni Adele
RispondiEliminaAmore mioooooo!
EliminaCiao a tutte. 2 belle notizie:
RispondiElimina- su una (delle tante) pagine facebook dedicate alla confraternita si puo' trovare The King in pdf in italiano! Se vi dovesse interessare é pero' necessario iscriversi al gruppo.
- Sempre su internet gira voce che "The King" per la Rizzoli uscira a fine ottobre- primi di novembre.
Ma Chris rimane sempre la migliore!
Sei bravissima !!!
RispondiEliminachristiana grazie di tutto ci siamo ancora spero veramente che la rizzoli faccia uscire presto il libro. Ti ringrazio perchè nel fratempo ci sei tu. ciao tvb rita.
RispondiEliminaGrazie a tutte, siete davvero le migliori supporters del mondo.
RispondiEliminaQuanto amo questa coppia <3
RispondiEliminaGrazie Chris ...chissà se poi la versione italiana pubblicata sarà meglio della tua. Io non ci giurerei