The King
3
Interstatale 87, alias Northway
Oh, quel profumo di auto nuova.
Una combinazione di moquette appena
uscita dalla fabbrica, cerniere ancora ben oliate, e colla asciutta solo in superficie.
Sola Morte adorava un nuovo inizio
nel reparto auto, che era il motivo per cui noleggiava sempre la sua Audi A4s.
Ogni tre anni ne prendeva una nuova - a volte più spesso se qualche cambio di
programma la costringeva ad abbandonare la nave in anticipo di un mese o due.
Quindi, sì, era un territorio
familiare... a eccezione del fatto che stava scoprendo quel paradiso dal
portabagagli di una qualsiasi berlina in cui era stata sbattuta dentro.
Non aveva pianificato che la serata
terminasse così, ma capitava che il libero arbitrio di tanto in tanto si
prendesse una pausa quando ne avevi bisogno.
La questione era, come sopravvivere
al sequestro e tornare a casa.
Dato il suo ambito lavorativo come
ladra d'appartamento, era abituata all'improvvisazione in situazioni
pericolose. Non era proprio capace come MacGyver; non è che sapesse costruire
una 9mm a caricamento automatico con del nastro adesivo, un tubetto di
dentifricio, dodici centesimi e un accendino Bic. Ma era abbastanza
intelligente da guardarsi attorno, e cercare una chiave per svitare i bulloni
delle ruote, una borsa degli attrezzi... una lattina dimenticata. Qualunque
cosa potesse essere usata come arma.
Quando era stata trascinata via da
casa sua, non aveva nient'altro che il parka che indossava e una disperata
speranza che chiunque la stesse portando fuori lo facesse prima che sua nonna
scendesse le scale e venisse coinvolta. L'ultima parte aveva funzionato. La
precedente? La brutta notizia era che non aveva con sé il cellulare.
E fino a quel momento,
l'esplorazione fatta nel bagagliaio si era risolta in un bel niente.
Inoltre non aveva idea di dove la
stessero portando. Dal ronzio basso che avvertiva dal telaio e dalla mancanza
di buche, dovevano essere sull'autostrada - e c'erano già da un po'.
Cavolo, la testa le faceva male.
Con che diavolo l'avevano colpita?
Un martello?
Forzando la colonna vertebrale
verso l'alto, tastò col palmo della mano dietro la schiena, pensando che
potesse essere sdraiata sullo scomparto della ruota di scorta - e gli attrezzi.
Anche se non sentì alcuna cucitura nel rivestimento. Forse doveva sollevarlo
interamente?
Merda.
Tendendo le braccia sulla testa,
controllò le pareti laterali, percependo il raschio morbido del rivestimento e
l'ondulazione del parafango... poi la rete del sacchetto che potrebbe aver
contenuto delle cibarie... un foglio di carta piegato che avrebbe potuto essere
una mappa, una elenco per qualche acquisto, la lista di "I Dieci Modi
Migliori per Torturare un Prigioniero"...
Portando le ginocchia al torace, si
voltò su se stessa nello spazio angusto, spingendo con le mani e i piedi,
costringendo la testa a un'angolazione davvero non piacevole.
"Geeeesù..." gemette
mentre si fermava per respirare. "Decisamente
non è un'opzione il Cirque du Soleil come seconda carriera."
Riprendendo a contorcersi e ad
allungarsi, riuscì finalmente nell'impresa di verificare la parte opposta -
Affondando la punta delle dita in
uno strappo del rivestimento, seguì i bordi della sagoma quadrata fino a che
trovò dei chiavistelli a entrambi i lati. Sganciando la copertura di uno
scomparto, liberò il pannello e trovò...
La borsa degli attrezzi? Il kit da
pronto soccorso?
La vincita di un premio della
lotteria sotto forma di una Smith & Wesson completamente carica?
Mentre continuava a destreggiarsi
solo grazie al tatto, provò a decifrare la forma e a capire cosa ci fosse
dentro, si ricordò di quanto apprezzava la propria vista.
"Ci sono," sibilò,
forzando con le unghie la scatola affinché riuscisse a liberarla.
Quando venne fuori, si rese conto
che c'era un'impugnatura sul coperchio. Che stupida!
Il lucchetto fu semplice da aprire,
e all'interno...
Il cilindro era lungo venti
centimetri e mezzo e largo quattro. Su un'estremità c'era un cappuccio con
sopra uno strato ruvido, e all'interno? Vai con la festa!
Quel razzo di segnalazione era la
sua unica possibilità.
Stringendolo con la mano, si
concentrò nuovamente sul cercare di capire dove sarebbe andata a finire - oltre
a una camera mortuaria, naturalmente. Il problema era che non aveva la minima
idea da quanto tempo fossero in viaggio - e se la stavano portando a casa di
Benloise?
Allora dovevano essere vicini alla meta. West Point non era tanto
lontana da Caldie.
E questo modo di agire era proprio
da Benloise.
La rivalsa da parte del grossista
in stupefacenti per la sua piccola invasione domestica e il lavoretto
decorativo. Che era stato il suo modo di mandarlo a fanculo per il problema del
pagamento.
Che aveva coinvolto Assail.
Chiudendo gli occhi - anche se non
riusciva a vedere un cavolo di niente -
si figurò l'immagine dell'uomo, a partire dai lucenti capelli neri fino a quel
profondo paio d'occhi e a quel corpo che sembrava appartenere a un atleta...
così diverso dallo spacciatore che, con ogni probabilità, stava per prendere il
controllo dell'intero territorio della costa orientale.
Per un attimo di follia, fantasticò
che sarebbe venuto a cercarla e ad aiutarla a tirarsi fuori da questo casino. E
sì, era una cosa imbarazzante per diversi motivi - primo, non aveva mai contato
su nessuno prima di allora, e secondo, l'intera stronzata da salvami-grand'uomo
era sufficiente a farla vomitare per principio.
Ma riguardo a questo l'orgoglio andava
in secondo piano: conosceva troooppo bene Benloise. Ci sarebbe voluto un
miracolo per liberarla, e Assail era la cosa che più ci assomigliasse di quelli
che aveva conosciuto. Peccato che stesse per perderla così presto. Si
conoscevano soltanto perché era stata pagata - parzialmente - da Benloise per
spiarlo. Assail non l'aveva apprezzato si era preso la rivincita su lei.
Che aveva portato a... altre cose.
Scuotendo la testa fino a che il
dolore le diede il capogiro, si lasciò investire dai ricordi di tutto ciò che
era stato importante prima che venisse sorpresa nella propria cucina: il gioco
del gatto col topo tra entrambi, la minaccia seducente che aveva lanciato, la
carica erotica che avvertiva solo stando in sua presenza.
Tutto quanto era stato così
dannatamente importante.
Comunque quell'attuale situazione
aveva ripulito per bene la lavagna. Adesso era in modalità sopravvivenza - e se
non avesse funzionato, almeno sperava che rimanesse qualcosa da far seppellire
a sua nonna.
Perché non voleva prendersi in
giro. Benloise non ci sarebbe andato leggero solo perché era stata, per un
certo periodo, quasi come una figlia per lui, in un certo senso. Non avrebbe
dovuto sfidarlo. Caratteraccio, irascibilità, irruenza: la rabbia era stata la
sua rovina.
Dio, sua nonna.
Lacrime minacciose le punsero gli
occhi facendole stringere le palpebre e sbatterle ripetutamente per evitare di
farle scendere giù.
C'erano state troppe perdite nella
vita di vovó. Troppe difficoltà. E
questa probabilmente sarebbe stata la peggiore di tutte.
A meno che Sola non riuscisse a
venirne fuori.
Quando le emozioni divennero troppo
forti e difficili da contenere minacciando di mandare in corto circuito il
cervello, si sforzò di bloccarle... e l'eventuale soluzione a tutto ciò fu una
sorpresa. Decise d'agire d'impulso - nello stesso modo in cui intendeva usare
quel che aveva trovato nel bagagliaio.
Sistemandosi la sua unica arma
contro il fianco, si strinse le mani sul cuore e chinò la testa in preghiera,
col mento sul petto.
A bocca aperta, attese che i
passaggi appresi durante la sua infanzia cattolica tornassero in superficie e
dicessero alla sua lingua cosa fare.
E lo fecero. "Ave o Maria,
piena di grazia..."
Le parole presero una cadenza, il
tempo di battuta identico a quello del suo cuore, il ritmo la riportò alla
quantità di domeniche nel suo lontano passato.
Quando finì, attese di provare un
senso di sollievo o della forza interiore o... qualsiasi cosa si presupponeva
di ottenere da quel vecchio rituale.
Niente. "Dannazione!"
Parole - non erano nient'altro che
parole.
Con frustrazione spinse la testa
all'indietro e sbatté, nel punto sbagliato, contro la parete. "Cazzo!"
È ora di tornare alla realtà, disse
a se stessa mentre cercava di voltarsi e massaggiare la zona dolente.
In conclusione? Nessuno stava
venendo a salvarla. Come al solito, poteva contare solo su se stessa, e se non
le fosse bastato per venirne fuori? Allora sarebbe morta in un modo davvero
orribile - e sua nonna avrebbe sofferto. Di nuovo.
Parlando di preghiere? Sola avrebbe
dato qualunque cosa pur di tornare indietro e riavvolgere il nastro a quella
sera, premere il testo pausa nel momento in cui era rientrata a casa e non
aveva visto l'anonima berlina parcheggiata dall'altro lato della strada. Nel
suo perfetto, mondo ripetuto, avrebbe tirato fuori la pistola a cui avrebbe
messo un silenziatore prima di oltrepassare la soglia di casa. Li avrebbe uccisi
entrambi, poi sarebbe salita al piano superiore e avrebbe detto a sua nonna che
stava per spostare la disposizione dei mobili proprio come lei le aveva chiesto
di fare la settimana precedente.
Grazie alla copertura della notte,
avrebbe portato i due uomini nel garage, e li avrebbe messi nel bagagliaio
della sua auto. Oppure... meglio uno sul sedile posteriore e un altro nel
bagagliaio.
Per svanire nel nulla. Addio.
Dopodiché, avrebbe fatto i bagagli
e lei e la nonna sarebbero partite nel giro di un'ora - anche se sarebbe stato
nel mezzo della notte.
Sua nonna non avrebbe chiesto
nulla. Lei capiva come andavano le cose. Una vita difficile, una mente pratica.
Per cominciare una nuova vita, per
così dire, e non esser viste mai più.
Visto? Decisamente migliore di
tutti quei film che davano al momento - e forse avrebbe potuto diventare
realtà, ammesso che Sola riuscisse a sistemare le cose quando gli scagnozzi di
Benloise si sarebbero fermati per farla finalmente uscire.
Stringendo il razzo, si preparò. Quale
angolazione avrebbe preso. Come prenderli.
È solo una pippa mentale, penso,
non è vero? - tutto dipendeva da quella manciata di secondi che era, in ultima
analisi, imprevedibile.
Con la mente che fluttuava,
rallentò il respiro e acuì i sensi. L'attesa non era più un problema, il tempo
aveva cessato d'esistere come unità di misura. I pensieri non erano un
problema. Lo sfinimento non esisteva.
Fu mentre si abituava a
quell'inferno tra presente e passato che accadde qualcosa capace veramente di
cambiare le cose.
Vide, chiara come il giorno, una
fotografia di sua nonna. Era stata scattata in Brasile quando aveva diciannove
anni. Il viso era liscio e pieno nel senso della bellezza, la gioventù le
faceva brillare gli occhi, i capelli sciolti e fluenti, non raccolti alla nuca.
Se avesse saputo ciò che
l'aspettava in età adulta, non avrebbe mai sorriso.
Suo figlio era morto, così come sua
figlia e suo marito. E sua nipote, l'unica parente che le era rimasta?
No, pensò Sola. Stavolta doveva
finire bene. Era l'unica opzione.
Sola non parlò ad alta voce
stavolta - non ci furono frasi imparate a memoria, né mani congiunte. Non era
certa di credere nella propria preghiera più delle altre che le erano state
insegnate. Ma per qualche ragione, si ritrovò a sussurrare all'orecchio di Dio
con sincerità.
Ti prometto, Signore, che se mi
lasci uscire viva da questa storia, vivrò la mia vita. Porterò vovó lontano da
Caldwell. Non metterò mai e poi mai più in pericolo me stessa e non ruberò più
a nessuno e non commetterò atti malvagi. Questo è il mio giuramento solenne a
Te, lo giuro sul cuore che batte nel petto di vovó.
"Amen," sussurrò ad alta
voce.
* * *
LA MASCHERA DI FERRO, CALDWELL, NEW
YORK
"Oh-Dio-oh-Dio-oh-Dio..."
Quando Trez sollevò la bionda
studentessa del college, aveva un'ottima presa sul retro delle sue gambe - ma
era tentato di lasciarla cadere dolorosamente come se fosse un calzone dal
ripieno troppo bollente. Il sesso era adeguato - simile allo standard di una
pizza fredda: anche se è fredda, è comunque una pizza.
Ma non della pizzeria Bella Napoli
sulla Settima a Manhattan.
E tutta questa storia del
vedere-Dio? Una completa seccatura, e non perché fosse una persona religiosa
nel senso umano del termine oppure geloso del fatto che lei se la stesse
spassando alla grande mentre lui pensava alla pizza.
La sua irritante e stridula
performance da YouPorn con quegli sballottamenti della testa grazie ai quali
continuava a sbattergli in faccia le extension, cominciava a dargli sui nervi.
Chiudendo gli occhi, provò a
concentrarsi sulla sensazione del suo cazzo che entrava e usciva dal corpo di
lei. La donna aveva delle grosse tette rifatte dure come palloni da
pallacanestro, e uno stomaco tutto grinze, e non riusciva a decidersi su cosa
fosse peggio: il fatto che non fosse attratto da lei; la verità che si stesse
scopando questa cozza nel bagno principale del proprio club - così che il suo
staff lo beccasse di ritorno dalla nottata anonima; o l'opportunità, comunque,
minima, che questa storia potesse arrivare alle orecchie del fratello grazie a
qualcuno.
Merda, iAm. Il maschio aveva uno
sguardo che poteva far sentire un giocatore di football in completo placcaggio
che se potesse gelargli il culo.
Non proprio una cosa che Trez
voleva vedere.
"... Dio, oh, Dio, oh,
Dio..."
Per l'amor del cielo, se almeno
avesse variato con un paio di Gesù Cristo o qualcosa di simile.
"OHDIOOHDIOOHDIO -"
Mettendo una mano tra i loro corpi,
decise di porre fine al suo supplizio. Stimolandole il clitoride, la fece
venire giusto tempo prima che la sua erezione si ammosciasse uscendo da lei.
Rimettendola in piedi, dovette
subito afferrarla perché le tremavano le ginocchia.
"Oh... Dio... sei
fantastico... sei..."
Uh-huh, grazie, tesoro. L'unica
cosa che gl'interessava era quanto tempo avrebbe impiegato a rimettersi i
vestiti addosso. "Anche tu, piccola."
Trez si allungò di lato e prese il
suo - era una specie di reggiseno quello che lei credeva fosse una casacca? O
era il tanga? Oppure -
"Oh, non ho ancora bisogno dei
leggings... vero?"
Questi cosi erano per le gambe?
pensò mentre sollevava quella striscia di stoffa nera. Difficile immaginare che
riuscisse a coprire più di una mano o forse uno di quei seni della grandezza di
una ciotola da portata.
Chi aveva tolto quelle pseudo
calze? Non credeva di essere stato lui, ma non poteva ricordarlo, e non perché
era ubriaco. Quell'intera sessione, esattamente come l'ultima dei molti anni
della sua vita amorosa, era non solo completamente, ma piuttosto di proposito, dimenticabile.
E allora perché insisteva con
questa merda ripetutamente?
Giusto, non c'era ragione di impersonare
iAm. Suo fratello era più che capace di ricorrere alla retorica. Ogni. Singola.
Fottuta. Volta che erano insieme.
"Paparino, ti amo," disse
la ragazza aggrappandosi ai suoi bicipiti e strusciarglisi contro come se fosse
un palo da lap dance. "Amo tutto questo."
"Anch'io."
"Mi ami anche tu, vero?"
"Sempre." Trez diede
un'occhiata alla porta e desiderò aver organizzato una bussata di porta
preventiva.
"Lasciami il tuo numero, okay? Perché devo tornare al
lavoro."
Ed ecco il broncio - e non gli fece
nemmeno venir voglia di snudare le zanne e affondargliele dentro mentre la
spingeva contro la parete del bagno.
"Potremmo farlo ancora,"
biascicò alzandosi sulle punte dei piedi e provando a strofinare il naso sul
suo collo.
Ragazzina, a malapena ci sei riuscita
una volta, pensò lui.
Una seconda è anatomicamente impossibile.
"Ti preeeeeeeeeeego,
paparino..." e altri strofinii con la punta del naso. Poi lei si fece
indietro. "Per favore?"
Trez aprì la bocca, la frustrazione
rese più affilati sia la rabbia che la lingua -
Poi però incontrò i suoi occhi, e
vi scorse una sincera emozione, e subito indietreggiò.
Quando si parlava di specchi... si
sentiva come se stesse guardando se stesso: triste, vuoto, senza radici.
Lei era la metà di una donna.
Lui la metà di un uomo.
E solo su quel fronte combaciavano
sul sito Match.com, due figli di puttana spezzati dalla vita che continuavano a
prendere batoste grazie al sesso e che provavano a allacciare rapporti in modi
che garantivano soltanto il prolungarsi dell'isolamento.
"Per favore...?" supplicò
lei come se fosse pronta a perdere un altra mazzata.
Abbassando lo sguardo, realizzò che
c'era un comune denominatore con lei e la sua esteriorità, ma come con tutti
gli estranei, ossia c'era una storia dietro a come era finita in quel bagno
massacrando la parola che iniziava per A con un uomo che non era completamente
un uomo.
Diavolo, non era neanche un normale
vampiro.
Trez le accarezzò la guancia con le
nocche e quando lei voltò la testa verso la mano, lui sussurrò, "Chiudi
gli occhi -"
Il colpo alla porta fu perentorio e
considerato quanto era forte e al punto giusto? Non che ci fosse bisogno di un
secondo tentativo.
"Capo? Abbiamo dei
problemi," sentì attraverso la porta.
La voce di Big Rob. Quindi era un
problema con la sicurezza - e perché non era andato da Xhex allora? Nemmeno lei
poteva occuparsene per qualche motivo... o, probabilmente, era stata proprio
lei a mandarlo da lui.
Le ciglia finte della bionda si
sollevarono, ma lui non voleva. "Dammi un secondo, B.R."
"Affermativo, capo."
"Chiudi gli occhi," disse
di nuovo. Quando lo fece, lui si rilassò, il rimbombo ovattato dei bassi del
club iniziò a scemare, l'odore troppo forte del profumo di lei cominciò a
diminuire, il dolore al centro del suo petto... beh, rimase esattamente
dov'era, ma tutto il resto iniziò a ridursi.
Raggiungendo la sua mente, fece
quel che suo fratello lo sfidava continuamente a fare: al contrario di tante di
queste donne, si prese il tempo per cancellare i ricordi di loro due insieme
dalla memoria della bionda, dalla sciocca conversazione che lei aveva
cominciato al bar, al fatto che l'aveva scopata là dietro e alla religiosa
esperienza che aveva appena vissuto.
iAm aveva ragione. Se Trez avesse
ripulito le menti in quel modo ogni dannatissima volta? Non si sarebbe trovato
nel casino che era successo con quell'altra pollastra. E lui e suo fratello non
avrebbero dovuto trasferirsi alla magione della Confraternita. E quella
femmina, Selena, non lo avrebbe stregato ancora di più...
Concentrandosi di nuovo sulla
bionda, decise di non fermarsi a una passata di bianchetto per ripulirla.
Invece di lasciarle venti minuti o giù di lì di zona buia, le diede la fantasia
che cercava - che aveva incontrato un tale che aveva strabuzzato gli occhi alla
sua vista, che avevano fatto il miglior sesso delle loro vite per cinque volte
in quel bagno prima che lei decidesse che meritava molto di più.
Cosa che nella sua mente succedeva
molto spesso.
Infine, le inserì un pensiero in
cui doveva vestirsi e controllare il trucco. E come concetto dell'ultimo
minuto, incluse che stava per vivere il miglior anno - no, decade - della sua
vita.
Trez uscì un secondo dopo, la
cerniera chiusa, la camicia sistemata, la maschera da tutto-bene di nuovo al
proprio posto. Big Rob si aggirava nell'ombra, discreto come qualsiasi altro
tizio della stazza di una montagna.
Unendosi a lui, Trez incrociò le
braccia sul petto e si appoggiò alla parete rivestita di stoffa. Di solito non
parlava di affari nel club, ma la musica era abbastanza alta, la folla così
assorta in se stessa come solo gli ubriachi e i disperati sanno essere e,
infine ma non ultimo fattore, si sentiva obbligato a tenere d'occhio la bionda.
Doveva assicurarsi che nessuno entrasse là dentro prima che lei ne uscisse.
Inoltre voleva la conferma che
l'aveva lasciata in uno stato migliore di quando l'aveva trovata.
Almeno una metà della loro coppia
poteva migliorare.
"Allora, che succede?"
Trez controllò lo scuro e volubile club, il suo monitorare faceva parte sia la
sua seconda natura che di allenamento: le Ombre di solito facevano la guardia,
ma dopo aver lavorato con Rehv e essendo adesso il capo di questo covo di perversità,
la merda era il suo interfaccia primario.
Big Rob fece schioccare le nocche.
"Alex ha sedato una rissa circa un'ora fa tra due clienti saltuari.
Entrambi gli uomini sono stati buttati fuori, ma l'aggressore è tornato e sta
facendo il giro attorno al marciapiede qui fuori."
La bionda uscì dal bagno, gli abiti
erano al posto giusto, il trucco era stato ritoccato, i capelli tirati indietro
e non scapigliati - ma più di tutto quello, il mento era sollevato, gli occhi
calmi e concentrati - e quel sorriso enigmatico che le increspava le labbra portò
il suo aspetto essenzialmente mediocre in un territorio più allettante.
Mentre camminava tra la folla, gli
occhi di Big Rob la seguirono e anche quelli di altri uomini. Ma a lei non
sembrava importare nulla, la sicurezza era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Trez si massaggiò il torace e
desiderò di poter ripulire se stesso e dare una svolta alla sua vita. Inoltre,
tutte le migliorie autoimposte non avrebbero cambiato il fatto che la s'Hisbe
voleva che tornasse come stallone da monta per il resto della sua vita.
"Capo?"
"Scusami, cosa c'è?"
"Vuoi che lo faccia
sparire?"
Trez si massaggiò la faccia.
"Me ne occupo io. Che aspetto ha?"
"Ragazzo bianco, abiti neri,
capelli alla Keith Richards."
"Il che restringe il campo,"
mormorò Trez.
"Lo riconoscerai. Non è in
fila."
Trez annuì e tagliò in mezzo alla
folla, diretto alla porta. Lungo la strada, controllò la gente, cercando
inconsciamente segni di conflitto che potessero evolvere dalla stronzata dell'atteggiarsi
al fare strike a bowling.
Anche i Gothic potevano diventare
tipi da confraternita se gli pompavi abbastanza alcol in corpo.
A metà strada dall'uscita, vide il luccichio di qualcosa di
metallico alla sua destra, ma quando si fermò e mise in funzione altri sensi
oltre agli occhi, non trovò nulla. Ricominciando a camminare, uscì dal suo
locale, fece un cenno a Ivan e al nuovo ragazzo, che stavano presidiando
l'ingresso, e fece un giro lungo la fila in attesa, gremita dai soliti sospetti.
Naturalmente non del tipo alla
Kevin Spacey. Purtroppo - lo adorava in quel film.
Non c'era nessuno sul marciapiede
che somigliasse alla descrizione di B.R.
Chiunque fosse probabilmente era
andato a farsi un giro.
Voltandosi per tornare alla porta,
fu colpito direttamente in faccia dai fanali di un'auto da traino, e il dolore
pungente fece emergere il suo lato vampiresco e lo fece allontanare dalla luce.
Sbattendo ripetutamente le palpebre per chiarire il campo visivo, riuscì in
qualche modo ad arrivare all'inizio della fila e -
"Che cazzo - non è ammesso in
questo club! Perché lo lasciate entrare!"
Quando Trez realizzò che era lui il
soggetto della discussione, si fermò e diede un'occhiata oltre la spalla. Il
pompinaro era alto un metro e cinquantacinque centimetri, pesava sessantotto
chili - e non aveva la ragazza. Era chiaro che il figlio di puttana soffrisse
della sindrome del terrier, i suoi occhi piccoli e penetranti lanciavano fiamme
mentre fissava Trez, la trivella sulla maglietta fatta con Stampy McStampy di
sicuro gli stava rendendo difficile la respirazione.
Probabilmente passava ore a giocare
a World of Warcraft o quel che cazzo era - il che gli fece dimenticare che se
eri un bigotto dalla bocca larga, avresti fatto meglio a fare retromarcia.
Trez si abbassò verso il ragazzo e
gli diede un momento per assorbire la differenza di stazza - e sai cosa? La
bocca dello stronzo rimase bella serrata.
"Questo posto è mio,"
disse Trez a bassa voce. "Quindi la domanda è, perché cazzo dovrei
lasciare entrare te?" Lanciò
un'occhiata a Ivan. "Non è il benvenuto qui. E non lo sarà mai."
Ci fu della conversazione a quel
punto, ma ormai aveva deciso. Come Ombra, era abituato a essere fissato - i
vampiri normali non sapevano cosa farsene della sua specie, e onestamente, neanche
a lui non importava di loro.
Infatti era stato cresciuto con la
convinzione che le due razze non dovessero mischiarsi - almeno fino a che
Rehvenge si era assunto la responsabilità e aveva aiutato lui e suo fratello
nel loro esilio. All'inizio non aveva fiducia nel tizio - fino a che aveva
dovuto riconoscere che Rehv era come loro: un estraneo in un club esclusivo di
idioti che non rispettava.
Oh, e per quanto riguardava il
mondo umano? Chiunque credeva che lui fosse di colore e veniva attaccato dalle
associazioni razziali, buone o cattive per quello - ma c'era un'ironia in tutto
quello. Non era né Africano né Americano, quindi nessuna di quelle merde poteva
essere applicata a lui a dispetto del fatto che la sua pelle fosse scura.
Quello sono gli umani per te, pensò
- così presi da loro stessi da doversi rivedere in tutte le situazioni. Nel
frattempo, c'erano intere altre specie che camminavano tra loro, e non ne
avevano mai saputo nulla.
Anche se... tenendo in
considerazione quel che era stato detto... se qualche coglione con un'opinione
sbagliata provava a tirar fuori quella
merda razziale con lui fuori alla sua porta? Allora quell'idiota poteva
andarsene a fanculo.
Tornato al club, le luci
stroboscopiche e il rumore lo colpirono come un muro di mattoni e dovette
costringersi a sfondare la resistenza. I lampi di luce erano un po' troppo
luminosi e il suono ancora peggio, rimbalzando all'interno del suo cranio fino
a che qualunque cosa stesse suonando diventava un incomprensibile casino.
A che diavolo stava pensando il suo
staff? Chi aveva dato l'ordine di alzare il volume a palla -
Oh... merda.
Massaggiandosi gli occhi, sbatté le
palpebre un paio di volte e... sì, eccola lì, nel quadrante destro: una
formazione di linee frastagliate cangianti come la luce del sole attraverso un
vetro soffiato.
"Vaffanculo.."
Per gentile concessione della
sessione sessuale nel bagno, la bionda aveva ricevuto un bel lavoro di cablaggio
fatto a mano - e a lui toccava godersi dalle otto alle dieci ore di vomito,
diarrea e feroce mal di testa.
Come tutti i soggetti sensibili
all'emicrania, guardò il suo orologio. Aveva all'incirca venti minuti prima che
il parco dei divertimenti aprisse i cancelli, e lui non poteva permettersi di
sprecarli.
Camminando in fretta, si fece
strada attraverso i corpi, annuendo alle ragazze che lavoravano per lui e alla
squadra di sicurezza come se tutto fosse a posto. Poi passò dalla porta sul
retro riservata al personale, andò in ufficio per prendere la giacca di pelle e
le chiavi, imboccò l'uscita a sinistra che dava direttamente sul parcheggio. La
sua BMW lo stava aspettando, e quando salì dentro, agganciò la cintura di
sicurezza e diede gas, desiderando come un dannato di vivere ancora al
Commodore - perché così avrebbe potuto far guidare uno dei suoi buttafuori.
E ora che abitava alla magione
della Confraternita? Autisti esterni senza interessi erano un divieto assoluto.
Naturalmente, poteva chiamare suo
fratello. Ma iAm gli avrebbe offerto il trattamento del commento silenzioso per
tutto il tragitto fino a casa, e non c'era alcun bisogno di sottoporlo a quel
rumore fragoroso: iAm era l'unica persona che avesse mai conosciuto che potesse
rendere il silenzio più assordante di un aereo che prende quota.
Quando il telefono smise di
squillare, pensò che, merda, avrebbe fatto meglio a far sapere a qualcuno al
lavoro che era fuori gioco per un po'.
Tirando fuori il cellulare, guardò
lo - "Fantastico."
Ma non era che iAm potesse mandare
un messaggio nella casella vocale. Facendo scorrere il pollice sullo schermo,
avvicinò l'apparecchio all'orecchio sebbene New York fosse uno stato dove
bisognava usare un dispositivo in viva voce quando si era alla guida.
Suo fratello non gli diede neanche
l'opportunità di dire uno schifo di pronto.
"Hai un'emicrania."
"Non credevo fossi un
sensitivo."
"Non lo sono, infatti. Sono
entrato nel locale proprio mentre tu ne fuggivi via. Sono proprio dietro di te
- e può esserci un'unica ragione se guidi in quel modo all'una di notte."
Trez guardò nello specchietto
retrovisore, e si sentì quasi orgoglioso di se stesso - se inclinava la testa
in un certo modo, poteva vedere i fari dell'auto.
"Accosta."
"Io -"
"Ho detto accosta. Tornerò a
prendere l'auto una volta che ti avrò portato a casa." Trez continuò a
guidare, diretto sulla Northway, pensando che, naaa, poteva farcela.
Ottimo piano. Almeno fino a che
un'auto si avvicinò sulla corsia opposta - quando si fece più vicina, venne
completamente accecato e non ebbe altra scelta se non decelerare. Sbattendo le
palpebre subito dopo, aveva tutte le intenzioni di premere a tavoletta e
continuare ad andare, ma la realtà gli si parò dinanzi: il suo tempo stava
scadendo, e non solo in termini di emicrania.
La s'Hisbe stava solo incrementando
il loro conflitto per riportarlo nei propri territori, e Dio solo sapeva quale
sarebbe stata la loro prossima mossa. Ciò di cui quella situazione non aveva
bisogno era iAm che vedeva suo fratello morirgli davanti agli occhi.
Trez gli aveva già causato
abbastanza danni.
Una Beamer che arde come una palla
di fuoco non era una nota a favore sul suo curriculum.
Rinunciando definitivamente,
accostò, premette i freni, e poggiò la fronte contro il volante. Anche a d
occhi chiusi, l'aura continuò ad aumentare, espandendosi e spostandosi verso
l'alto. Quando scomparve? Via alla festa - e non in maniera divertente.
Mentre aspettava che iAm gli si
fermasse accanto, pensò a quanto fosse ironico che fare la cosa giusta a volte
sembrava una totale sconfitta.
Cara Chris grazie! capitolo bello lungo quindi molto lavoro! Emozioni a go go e anche spassoso in alcuni momenti - trepidazione x Sola e una tenerezza sconfinata x Trez ! Libro bello belli e meno male che ci sei tu che ci dai queste anticipazioni che ci consolano del l'attesa infinita!!!! - con tanto affetto - Adele
RispondiEliminaChri grazie mille come sempre... ma carissima tu l'hai già letto tutto? Dio che invidia!!!
RispondiEliminaquindi sai già cosa accade ai nostri eroi??? Wrath e Beth??? i Fratelli? Xcor e Layla? Trez e Selena? Sola e Assail?... sono in fibrillazione e di nuovo il mercoledì è diventata la mia giornata preferita...
baci Titti
Ahahhahhahahhahhah, che care che siete. Certo che l'ho già letto tutto! Non sarei riuscita ad attendere avendolo tra le mani. Sì, è veramente bello bello!
RispondiEliminaGrazie di cuore non potremmo mai farlo abbastanza!
RispondiEliminaMa va', Lauretta! Grazie a voi!!! <3
RispondiEliminaChriiiss!! Non sono sparita. =)
RispondiEliminaSenti, ma ti andrebbe se ti proponessi alla Rizzoli per la traduzione? Ci staresti bene! =)
Bacioni!!
Magari, tesoro bello!!!
EliminaCiao Chris, grazie ancora per il tuo lavoro di traduzione!!!
RispondiEliminaMi chiedevo se anche per questo libro scriverai un riassunto come hai fatto per lover at last.....sai la curiosità è davvero tanta........
Sono Marianna ciao a tutte e tutti vi seguo da un po
RispondiEliminaBenvenuta Marianna. La mia intenzione sarebbe di fare la superspoilerosa, vedrò se il tempo me lo condente, sono comunque in revisione del mio ultimo romanzo e il tempo è tiranno!!!
RispondiEliminaSono di nuovo io...mannaggia sto facendo un po' di pasticci...grazie a Christiana per le sue traduzioni e per i suoi scritti...per ora chiudo ...non sono molto tecnologica...
RispondiEliminaCarissima Chris siiiiiiiii al riassunto tanto SUPERspoileroso di The King - appena puoi - grazieeeeeee Adele
RispondiEliminaHo deciso...mi sn innamorata di Trez...
RispondiEliminaCiao a tutti, ho scoperto per caso questa meraviglia e non so come ringraziare Christiana per il regalone che ci fa ogni settimana sono una consorella innamorata persa dei romanzi della Ward e dei suoi protagonisti, ho sempre aspettato con ansia l'uscita dei libri sin dal primo volume ed era lunghissimo il tempo che passava tra uno e l'altro, quindi grazie ancora e se puoi continua cosi.
RispondiEliminaRaffi