mercoledì 15 ottobre 2014

Capitolo 25 di THE KING di J.R. Ward



The King


25


"Wrath!"

Urlando il nome del marito, Beth si sollevò di scatto dai cuscini e per un momento non realizzò dove si trovasse. Le pareti in pietra e la preziosa trapunta in velluto non erano -

La casa di Darius. La camera non era quella di suo padre, ma quella che usava Wrath quando gli serviva un posto dove poter riposare. La stessa in cui si era spostata perché non riusciva ad addormentarsi.

Doveva essere crollata sul piumone alla fine -

Un telefono squillò a distanza.

Scostando i capelli dal viso, Beth scoprì di avere appoggiata sulle gambe una coperta che non ricordava d'aver tirato su... la sua valigia nella stanza... e un vassoio d'argento sul comodino.

Fritz. Il maggiordomo doveva essersi presentato durante il giorno.

Massaggiandosi lo sterno, guardò il cuscino vuoto di fianco al suo, le lenzuola perfette, la mancanza di Wrath - e si sentì peggio della notte precedente.

E pensare che credeva che avessero toccato il fondo. Oppure che starsene un po' da sola l'avrebbe aiutata -

"Merda, Wrath?" sbraitò, saltando giù dal letto.

Corse verso la porta e la spalancò, si lanciò nel corridoio dal soffitto basso e arrivò nella stanza del padre, tuffandosi sul telefono su uno dei comodini.

"Pronto! Pronto? Pronto... ?"

"Ciao."

Al suono di quella voce profonda, Beth crollò sul letto, stringendo la cornetta con forza e spingendola verso l'orecchio, come se in quel modo potesse far arrivare il suo uomo da lei.

"Ciao." Beth chiuse gli occhi e non si curò di trattenere le lacrime, le lasciò cadere. "Ciao."

La voce di Wrath era brusca quanto la sua. "Ciao."

Ci fu un lungo silenzio, che andava bene: anche se lui era a casa mentre lei era lì, era come se si stessero abbracciando.

"Mi dispiace," disse lui. "Mi dispiace sul serio."

Beth si lasciò sfuggire un singhiozzo. "Ti ringrazio..."

"Mi dispiace." Wrath fece una risatina. "Non sono proprio eloquente, vero?"
"Va bene così. Neanche a me va di parlare... stavo sognando te, credo."

"Un incubo?"

"No. Mi mancavi."

"Non me lo merito. Avevo paura che se ti avessi chiamata al cellulare non mi avresti risposto. Ho pensato che forse, se ci fosse stato qualcuno con te, avrebbe potuto rispondere e... sì, mi dispiace."

Beth sospirò allungandosi sui cuscini. Incrociò le gambe alle caviglie e lasciò scivolare lo sguardo sulle foto che la ritraevano. "Sono nella sua stanza da letto."

"Davvero?"

"Non c'è il telefono in quella che usavi tu."

"Dio, è passato un secolo da quando sono stato in quella casa."

"Già. Fa ricordare tante cose."

Puoi scommetterci."

"Come sta George?"

"Gli manchi." Si sentì un tonfo soffocato - la mano di Wrath che batteva sul fianco del cane. "È proprio qui accanto a me."

La buona notizia era che disquisire su argomenti neutri era il modo perfetto per approcciarsi l'uno all'altra. Ma la discussione più importante continuava a incombere minacciosa.

"Quindi la testa di John è a posto," disse lei, tormentando l'orlo della camicetta. "Ma saprai già che tutto è andato bene all'ospedale."

"In realtà, no. Veramente sono stato... un po' sfasato."

"Ho chiamato."

"Davvero?"

"Sì. Tohr mi ha detto che stavi dormendo. Sei riuscito a riposare?"

"Ah... sì."

Wrath tacque, quel secondo silenzio era di tipo preparatorio, che indicava lo scandire del conto alla rovescia verso l'argomento più scottante. Eppure, Beth non era sicura di come inserire il discorso, cosa dire, come -

"Non credo di averti mai parlato molto dei miei genitori." cominciò Wrath. "A parte del fatto che furono..."

Uccisi, concluse Beth al posto suo nella propria mente.

"Erano anime gemelle, per usare un termine umano. Voglio dire, anche se ero un bambino, ricordo loro due insieme, e suppongo che la verità sia che, quando sono morti, ho pensato che quell'intesa fosse finita con loro. Come se il loro fosse il tipo di amore che accade una volta ogni mille anni, o una roba del genere. Ma poi ti ho incontrata."

Le lacrime di Beth erano calde mentre scorrevano lungo le guance, alcune caddero sul cuscino, altre scivolarono nell'orecchio. Allungò una mano e afferrò un Kleenex e asciugò il viso senza fare alcun rumore.

Ma Wrath sapeva che lei stava piangendo. Doveva saperlo per forza.

La voce di Wrath divenne sottile, come se faticasse a mantenere la compostezza. "Quando mi hanno sparato, quella notte, un paio di mesi fa, e Tohr e io trascinammo i nostri culi fuori dalla casa di Assail, non avevo paura di morire o roba del genere. Certo, sapevo che era una brutta ferita, ma non era la prima volta che mi trovavo nella merda - e sapevo che ce l'avrei fatta... perché niente e nessuno potrà portarmi via da te."

Stringendo il telefono nell'incavo del collo con la spalla, Beth ripiegò il fazzoletto bagnato in piccoli quadrati. "Oh, Wrath..."

"Se penso a te incinta..." La sua voce si spezzò. "Io... io... io, oh merda, continuo a cercare le parole giuste, ma non riesco a trovarle, Beth. Non ci riesco e basta. So che vorresti provare ad avere un bambino, lo capisco. Ma tu non hai vissuto quattrocento anni in cui hai visto e sentito come le vampire muoiono di parto. Io non posso - nel senso che non riesco a togliermelo dalla testa, capisci? E il problema è che sono un vampiro innamorato, per cui mentre vorrei darti ciò che desideri, c'è una parte di me che non vuole sentir ragioni. Per niente - non quando è in ballo la tua vita. Vorrei essere diverso, perché questa cosa mi sta uccidendo, ma non posso cambiare quel che sono."

Girandosi su un lato, Beth prese un altro fazzoletto dalla scatola. "Ma esiste la medicina moderna. Abbiamo la dottoressa Jane e -"

"E poi, se il bambino nascesse cieco? Cosa succederebbe se avesse i miei occhi?"

"Amerei lui o lei nello stesso identico modo, te lo assicuro."

"Chiediti a cosa li stiamo esponendo in termini genetici, almeno. Io riesco a cavarmela, certo. Ma se credi anche solo per un istante che la vista non mi manchi, ti sbagli di grosso. Mi manca ogni santo giorno. Mi sveglio di fianco alla femmina che amo e non posso vedere i suoi occhi la sera. Non so come stai quando ti fai bella per me. Non posso guardare il tuo corpo quando sono dentro di te -"

"Wrath, tu fai già così tanto -"

"E la cosa peggiore di tutte? Non posso proteggerti. Non posso neanche lasciare la casa - e questo ha a che fare tanto col mio fottuto lavoro quanto con la cecità - oh, e non illuderti. Legalmente, se avremo un figlio maschio, dovrà succedermi al trono. Lui non avrà scelta - come non l'ho avuta io ed è una situazione che detesto. Odio ogni notte della mia vita - Gesù, Beth, odio alzarmi dal letto, odio quella cazzo di scrivania, odio i proclami e le altre stronzate e odio essere rinchiuso in questa casa del cazzo. Lo odio."

Dio, Beth sapeva che Wrath non era felice della propria vita, ma non aveva idea che il disagio avesse radici tanto profonde.

D'altronde, quando era stata l'ultima volta che avevano parlato in questo modo? Col tran tran quotidiano che faceva il paio con lo stress dovuto alla Banda dei Bastardi e alle loro stronzate...

"Non lo sapevo." Beth singhiozzò. "Voglio dire, sapevo che eri scontento, ma..."

"Non mi va di parlarne. Non voglio che ti preoccupi per me."

"Ma mi preoccupo comunque. So che sei stato sotto stress - e vorrei poterti aiutare in qualche modo."

"È questo che intendo. Non c'è alcun rimedio, Beth. Nessuno può fare niente - e anche se avessi una vista perfetta e i rischi della gravidanza fossero una sciocchezza, non vorrei comunque scaricare questa merda sulla prossima generazione. È una crudeltà che non affibbierei neanche al mio peggior nemico, figurati a mio figlio."  Wrath rise aspramente. "Diamine, dovrei lasciare che Xcor si prenda quel maledetto trono. Gli starebbe bene."

Beth scosse la testa. "Tutto ciò che io voglio è che tu sia felice." In realtà non era così. "Ma non posso mentire. Ti amo, eppure..."

Ragazzi, adesso aveva un'idea di come si sentiva lui nel non riuscire a trovare le parole adatte.

Eppure Wrath aveva trovato una maniera per parlare.

"Quasi non riesco a spiegarlo." Lei portò un pugno sul cuore. "È come se avessi un vuoto al centro del mio petto. Non ha niente a che fare con te o quello che provo per te. È dentro di me - come un pulsante che si è attivato, capisci? E vorrei riuscire a spiegare meglio di così, è difficile da descrivere. Non sapevo neanche che esistesse... fino a che non feci da babysitter una di quelle notti in cui Z e Bella andarono al nostro appartamento per starsene un po' da soli. Me ne stavo nella loro suite con Nalla che dormiva tra le mie braccia e continuavo a guardare tutta la roba che avevano in quella camera. Il fasciatoio, le giostrine sospese, la culla... tutte le salviette umidificate, i biberon e i ciucci. E pensavo... voglio anch'io tutto questo. La pattumiera per i pannolini sporchi, le paperelle di gomma, lo stare sveglia tutte le giornate. La cacca e il profumo dell'ora del bagnetto, i pianti e le coccole, i classici rosa e azzurro - andava benissimo sia maschietto che femminuccia. E, ascolta, ci ho riflettuto bene. Davvero. È stato un tale shock che ho pensato - è uno sbalzo d'umore, una fase, una rosea illusione che prima o poi passerà."

"Quando..." Wrath si schiarì la gola. "Quando è successo?"

"Più di un anno fa."

"Dannazione..."

"Come ho detto, per un po' di tempo mi sono sentita in questo modo. E pensavo che tu avresti cambiato idea. Sapevo che non era una priorità per te." Stava provando a essere diplomatica. "Ho pensato... beh, ora che lo sto dicendo mi sono resa conto che non te ne ho mai parlato. Non ce n'è stato il tempo."

"Mi dispiace. So di essermi già scusato, ma... maledizione."

"Non importa." Lei chiuse gli occhi. "E so perfettamente come ti senti. Non è che non ti abbia visto ogni notte con in viso l'espressione di chi voleva trovarsi in qualunque altro posto tranne dove invece stava."

Ci fu un altro lungo silenzio.

"C'è un'altra cosa," disse lui dopo un istante.

"Cosa?"

"Credo che presto entrerai nel tuo bisogno."

Anche se Beth era rimasta a bocca aperta, qualcosa nel profondo della sua mente si accese. "Io... come fai a saperlo?"

L'umore altalenante. La voglia di cioccolato. L'aumento di peso...

"Merda," disse lei. "Io, ah... oh, merda."


*    *    *


Eeeee diciamo che quella parola riassumeva bene il tutto, pensò Wrath appoggiandosi allo schienale della sedia alla scrivania della biblioteca. Ai suoi piedi, George se ne stava sdraiato sul tappeto con l'enorme testone appoggiato su uno degli stivali di Wrath, quasi a offrirgli supporto.

"Non posso esserne certo." Wrath si massaggiò la tempia dolorante. "Ma come tuo compagno, subirò l'influsso dei tuoi ormoni non appena si attiveranno - mi eccito più facilmente, le emozioni si amplificano, divento molto più suscettibile. Ad esempio, ora non sei in casa, giusto? E mi sento molto più me stesso di quanto mi sia sentito nelle ultime due settimane. Ma mentre litigavamo ero fuori di testa."

"Due settimane... è proprio quando ho cominciato ad andare a trovare Layla. E sì, eri davvero fuori di testa."

"Ora" - Wrath le puntò contro l'indice anche se Beth non era fisicamente di fronte a lui - "questa non è una scusa per il mio comportamento, serve solo a contestualizzarlo, posso parlare con te al telefono come in questo momento e contenermi a sufficienza in modo da potermi spiegare. Se mi sei vicina, invece, e ripeto, non è una scusa né tantomeno colpa tua, ma mi chiedo se non abbia giocato una parte decisiva in quello che è successo."

Quando Wrath si allungò di lato e poggiò la mano sul cane, George alzò la testa, l'annusò e gli diede una leccatina. Accarezzandogli il lungo pelo che gli ricopriva petto, Wrath le districò lisciandole verso le zampe di George.

"Dio, Wrath, svegliarmi senza di te è stato..."

"Orribile. Lo so. È stato lo stesso per me - o forse anche peggio. Credevo di aver rovinato tutto. Nel senso mandato tutto a puttane senza ritorno."

"No, non lo hai fatto." Si sentì un fruscio, come se Beth stesse cambiando posizione sul letto. "E credo che per un periodo abbiamo camminato su binari paralleli e non affiancati, lo sapevo. Solo che non avevo compreso quanto tempo abbiamo perso - e anche altre cose. Starcene a Manhattan da soli, insieme, parlare sul serio. Non lo facevamo da un bel po'."

"Onestamente, questa è un'altra ragione per cui non voglio un figlio. A malapena riesco a dedicarmi a te. Non ho niente da offrire a un bambino."

"Non è vero. Saresti un meraviglioso padre."

"In un altro universo, probabilmente."

"E allora cosa facciamo?" chiese Beth dopo un istante.

Wrath si stropicciò gli occhi. Dannazione, si sentiva sotto l'effetto dei postumi di una sbornia colossale. "Non lo so. Davvero non ne ho idea."

Entrambi avevano esternato il proprio punto di vista nel modo in cui si sarebbe dovuto fare fin dall'inizio. Ragionevolmente e con calma.

In realtà era stato lui ad avere un problema in quella situazione, non lei.

"Mi dispiace così tanto," ripeté Wrath. "Non serve a molto, su talmente tanti aspetti, lo so. Ma non c'è nulla che io possa... cavolo, mi sono davvero scocciato di sentirmi impotente."

"Non sei impotente," disse lei seccamente. "Lo abbiamo appurato con certezza."

Tutto ciò che lui riuscì a fare fu grugnire in risposta. "Quando torni a casa?"

"Adesso. Prendo la macchina - credo che ce ne sia una di riserva da qualche parte."

"Aspetta fino a che non fa buio."

"Wrath, ci siamo già passati. Non ho problemi con la luce del sole. Inoltre sono quasi le quattro e mezza. Manca poco al tramonto."

Quando Wrath immaginò Beth sotto la luce scintillante del sole, lo stomaco gli si contorse - e pensò a Payne che lo aveva accusato di essere uno sciovinista. Rispetto alla preoccupazione per la sua shellan, era molto più semplice uscirsene con un Ti Proibisco. Il problema era la reazione di Beth a quell'imposizione.

Non poteva mica chiuderla in una gabbia dorata solo per evitare di andare fuori di testa riguardo alla sua sicurezza.

E forse tutta questa storia della gravidanza per lui era solo una sfumatura più intensa della sua codardia.

"Okay," Wrath sentì la sua stessa voce. "Va tutto bene. Ti amo."

"Anch'io ti amo - Wrath, aspetta un attimo."

"Sì?" Seguì un lungo silenzio e lui si accigliò. "Beth? Che c'è?"

"Voglio che tu faccia una cosa per me."

"Qualunque cosa."

"Le ci volle un po' prima di parlare. E quando lo fece, lui chiuse gli occhi e lasciò andare la testa all'indietro.

"Wrath? Hai sentito quello che ho detto?"

Ogni singola parola. Purtroppo.

Stava per buttare fuori un assolutamente-no, quando ripensò a come si era sentito risvegliandosi senza averla accanto.


"Okay," disse a denti stretti. "Va bene. Lo farò."

4 commenti:

  1. Oh mamma ... che finale!
    Grazie Chris per farci sognare con Wrath e Beth

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  2. come sempre sei forte grazie christiana ciao a mercoledì prossimo

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  3. Ciao Chris bellissimo capitolo - brava bacioni Adele

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