The King
25
"Wrath!"
Urlando il nome del marito, Beth si
sollevò di scatto dai cuscini e per un momento non realizzò dove si trovasse.
Le pareti in pietra e la preziosa trapunta in velluto non erano -
La casa di Darius. La camera non
era quella di suo padre, ma quella che usava Wrath quando gli serviva un posto
dove poter riposare. La stessa in cui si era spostata perché non riusciva ad
addormentarsi.
Doveva essere crollata sul piumone
alla fine -
Un telefono squillò a distanza.
Scostando i capelli dal viso, Beth
scoprì di avere appoggiata sulle gambe una coperta che non ricordava d'aver
tirato su... la sua valigia nella stanza... e un vassoio d'argento sul
comodino.
Fritz. Il maggiordomo doveva
essersi presentato durante il giorno.
Massaggiandosi lo sterno, guardò il
cuscino vuoto di fianco al suo, le lenzuola perfette, la mancanza di Wrath - e
si sentì peggio della notte precedente.
E pensare che credeva che avessero
toccato il fondo. Oppure che starsene un po' da sola l'avrebbe aiutata -
"Merda, Wrath?" sbraitò,
saltando giù dal letto.
Corse verso la porta e la spalancò,
si lanciò nel corridoio dal soffitto basso e arrivò nella stanza del padre,
tuffandosi sul telefono su uno dei comodini.
"Pronto! Pronto? Pronto...
?"
"Ciao."
Al suono di quella voce profonda,
Beth crollò sul letto, stringendo la cornetta con forza e spingendola verso
l'orecchio, come se in quel modo potesse far arrivare il suo uomo da lei.
"Ciao." Beth chiuse gli
occhi e non si curò di trattenere le lacrime, le lasciò cadere.
"Ciao."
La voce di Wrath era brusca quanto
la sua. "Ciao."
Ci fu un lungo silenzio, che andava
bene: anche se lui era a casa mentre lei era lì, era come se si stessero
abbracciando.
"Mi dispiace," disse lui.
"Mi dispiace sul serio."
Beth si lasciò sfuggire un singhiozzo.
"Ti ringrazio..."
"Mi dispiace." Wrath fece
una risatina. "Non sono proprio eloquente, vero?"
"Va bene così. Neanche a me va
di parlare... stavo sognando te, credo."
"Un incubo?"
"No. Mi mancavi."
"Non me lo merito. Avevo paura
che se ti avessi chiamata al cellulare non mi avresti risposto. Ho pensato che
forse, se ci fosse stato qualcuno con te, avrebbe potuto rispondere e... sì, mi
dispiace."
Beth sospirò allungandosi sui
cuscini. Incrociò le gambe alle caviglie e lasciò scivolare lo sguardo sulle
foto che la ritraevano. "Sono nella sua stanza da letto."
"Davvero?"
"Non c'è il telefono in quella
che usavi tu."
"Dio, è passato un secolo da
quando sono stato in quella casa."
"Già. Fa ricordare tante
cose."
Puoi scommetterci."
"Come sta George?"
"Gli manchi." Si sentì un
tonfo soffocato - la mano di Wrath che batteva sul fianco del cane. "È
proprio qui accanto a me."
La buona notizia era che disquisire
su argomenti neutri era il modo perfetto per approcciarsi l'uno all'altra. Ma
la discussione più importante continuava a incombere minacciosa.
"Quindi la testa di John è a
posto," disse lei, tormentando l'orlo della camicetta. "Ma saprai già
che tutto è andato bene all'ospedale."
"In realtà, no. Veramente sono
stato... un po' sfasato."
"Ho chiamato."
"Davvero?"
"Sì. Tohr mi ha detto che
stavi dormendo. Sei riuscito a riposare?"
"Ah... sì."
Wrath tacque, quel secondo silenzio
era di tipo preparatorio, che indicava lo scandire del conto alla rovescia verso
l'argomento più scottante. Eppure, Beth non era sicura di come inserire il
discorso, cosa dire, come -
"Non credo di averti mai
parlato molto dei miei genitori." cominciò Wrath. "A parte del fatto
che furono..."
Uccisi, concluse Beth al posto suo
nella propria mente.
"Erano anime gemelle, per
usare un termine umano. Voglio dire, anche se ero un bambino, ricordo loro due
insieme, e suppongo che la verità sia che, quando sono morti, ho pensato che
quell'intesa fosse finita con loro. Come se il loro fosse il tipo di amore che
accade una volta ogni mille anni, o una roba del genere. Ma poi ti ho
incontrata."
Le lacrime di Beth erano calde
mentre scorrevano lungo le guance, alcune caddero sul cuscino, altre
scivolarono nell'orecchio. Allungò una mano e afferrò un Kleenex e asciugò il
viso senza fare alcun rumore.
Ma Wrath sapeva che lei stava
piangendo. Doveva saperlo per forza.
La voce di Wrath divenne sottile,
come se faticasse a mantenere la compostezza. "Quando mi hanno sparato,
quella notte, un paio di mesi fa, e Tohr e io trascinammo i nostri culi fuori
dalla casa di Assail, non avevo paura di morire o roba del genere. Certo,
sapevo che era una brutta ferita, ma non era la prima volta che mi trovavo
nella merda - e sapevo che ce l'avrei fatta... perché niente e nessuno potrà
portarmi via da te."
Stringendo il telefono nell'incavo
del collo con la spalla, Beth ripiegò il fazzoletto bagnato in piccoli
quadrati. "Oh, Wrath..."
"Se penso a te
incinta..." La sua voce si spezzò. "Io... io... io, oh merda,
continuo a cercare le parole giuste, ma non riesco a trovarle, Beth. Non ci
riesco e basta. So che vorresti provare ad avere un bambino, lo capisco. Ma tu
non hai vissuto quattrocento anni in cui hai visto e sentito come le vampire
muoiono di parto. Io non posso - nel senso che non riesco a togliermelo dalla
testa, capisci? E il problema è che sono un vampiro innamorato, per cui mentre vorrei
darti ciò che desideri, c'è una parte di me che non vuole sentir ragioni. Per
niente - non quando è in ballo la tua vita. Vorrei essere diverso, perché questa
cosa mi sta uccidendo, ma non posso cambiare quel che sono."
Girandosi su un lato, Beth prese un
altro fazzoletto dalla scatola. "Ma esiste la medicina moderna. Abbiamo la
dottoressa Jane e -"
"E poi, se il bambino nascesse
cieco? Cosa succederebbe se avesse i miei occhi?"
"Amerei lui o lei nello stesso
identico modo, te lo assicuro."
"Chiediti a cosa li stiamo
esponendo in termini genetici, almeno. Io riesco a cavarmela, certo. Ma se
credi anche solo per un istante che la vista non mi manchi, ti sbagli di
grosso. Mi manca ogni santo giorno. Mi sveglio di fianco alla femmina che amo e
non posso vedere i suoi occhi la sera. Non so come stai quando ti fai bella per
me. Non posso guardare il tuo corpo quando sono dentro di te -"
"Wrath, tu fai già così tanto
-"
"E la cosa peggiore di tutte?
Non posso proteggerti. Non posso neanche lasciare la casa - e questo ha a che
fare tanto col mio fottuto lavoro quanto con la cecità - oh, e non illuderti.
Legalmente, se avremo un figlio maschio, dovrà succedermi al trono. Lui non
avrà scelta - come non l'ho avuta io ed è una situazione che detesto. Odio ogni
notte della mia vita - Gesù, Beth, odio alzarmi dal letto, odio quella cazzo di
scrivania, odio i proclami e le altre stronzate e odio essere rinchiuso in questa
casa del cazzo. Lo odio."
Dio, Beth sapeva che Wrath non era
felice della propria vita, ma non aveva idea che il disagio avesse radici tanto
profonde.
D'altronde, quando era stata
l'ultima volta che avevano parlato in questo modo? Col tran tran quotidiano che
faceva il paio con lo stress dovuto alla Banda dei Bastardi e alle loro
stronzate...
"Non lo sapevo." Beth
singhiozzò. "Voglio dire, sapevo che eri scontento, ma..."
"Non mi va di parlarne. Non
voglio che ti preoccupi per me."
"Ma mi preoccupo comunque. So
che sei stato sotto stress - e vorrei poterti aiutare in qualche modo."
"È questo che intendo. Non c'è
alcun rimedio, Beth. Nessuno può fare niente - e anche se avessi una vista
perfetta e i rischi della gravidanza fossero una sciocchezza, non vorrei
comunque scaricare questa merda sulla prossima generazione. È una crudeltà che
non affibbierei neanche al mio peggior nemico, figurati a mio
figlio." Wrath rise aspramente.
"Diamine, dovrei lasciare che Xcor si prenda quel maledetto trono. Gli
starebbe bene."
Beth scosse la testa. "Tutto
ciò che io voglio è che tu sia felice." In realtà non era così. "Ma
non posso mentire. Ti amo, eppure..."
Ragazzi, adesso aveva un'idea di
come si sentiva lui nel non riuscire a trovare le parole adatte.
Eppure Wrath aveva trovato una
maniera per parlare.
"Quasi non riesco a
spiegarlo." Lei portò un pugno sul cuore. "È come se avessi un vuoto
al centro del mio petto. Non ha niente a che fare con te o quello che provo per
te. È dentro di me - come un pulsante che si è attivato, capisci? E vorrei
riuscire a spiegare meglio di così, è difficile da descrivere. Non sapevo
neanche che esistesse... fino a che non feci da babysitter una di quelle notti
in cui Z e Bella andarono al nostro appartamento per starsene un po' da soli.
Me ne stavo nella loro suite con Nalla che dormiva tra le mie braccia e
continuavo a guardare tutta la roba che avevano in quella camera. Il
fasciatoio, le giostrine sospese, la culla... tutte le salviette umidificate, i
biberon e i ciucci. E pensavo... voglio anch'io tutto questo. La pattumiera per
i pannolini sporchi, le paperelle di gomma, lo stare sveglia tutte le giornate.
La cacca e il profumo dell'ora del bagnetto, i pianti e le coccole, i classici
rosa e azzurro - andava benissimo sia maschietto che femminuccia. E, ascolta,
ci ho riflettuto bene. Davvero. È stato un tale shock che ho pensato - è uno
sbalzo d'umore, una fase, una rosea illusione che prima o poi passerà."
"Quando..." Wrath si
schiarì la gola. "Quando è successo?"
"Più di un anno fa."
"Dannazione..."
"Come ho detto, per un po' di
tempo mi sono sentita in questo modo. E pensavo che tu avresti cambiato idea.
Sapevo che non era una priorità per te." Stava provando a essere
diplomatica. "Ho pensato... beh, ora che lo sto dicendo mi sono resa conto
che non te ne ho mai parlato. Non ce n'è stato il tempo."
"Mi dispiace. So di essermi
già scusato, ma... maledizione."
"Non importa." Lei chiuse
gli occhi. "E so perfettamente come ti senti. Non è che non ti abbia visto
ogni notte con in viso l'espressione di chi voleva trovarsi in qualunque altro
posto tranne dove invece stava."
Ci fu un altro lungo silenzio.
"C'è un'altra cosa,"
disse lui dopo un istante.
"Cosa?"
"Credo che presto entrerai nel
tuo bisogno."
Anche se Beth era rimasta a bocca
aperta, qualcosa nel profondo della sua mente si accese. "Io... come fai a
saperlo?"
L'umore altalenante. La voglia di
cioccolato. L'aumento di peso...
"Merda," disse lei.
"Io, ah... oh, merda."
* * *
Eeeee diciamo che quella parola riassumeva
bene il tutto, pensò Wrath appoggiandosi allo schienale della sedia alla scrivania
della biblioteca. Ai suoi piedi, George se ne stava sdraiato sul tappeto con
l'enorme testone appoggiato su uno degli stivali di Wrath, quasi a offrirgli
supporto.
"Non posso esserne
certo." Wrath si massaggiò la tempia dolorante. "Ma come tuo
compagno, subirò l'influsso dei tuoi ormoni non appena si attiveranno - mi
eccito più facilmente, le emozioni si amplificano, divento molto più
suscettibile. Ad esempio, ora non sei in casa, giusto? E mi sento molto più me
stesso di quanto mi sia sentito nelle ultime due settimane. Ma mentre
litigavamo ero fuori di testa."
"Due settimane... è proprio
quando ho cominciato ad andare a trovare Layla. E sì, eri davvero fuori di
testa."
"Ora" - Wrath le puntò
contro l'indice anche se Beth non era fisicamente di fronte a lui -
"questa non è una scusa per il mio comportamento, serve solo a
contestualizzarlo, posso parlare con te al telefono come in questo momento e
contenermi a sufficienza in modo da potermi spiegare. Se mi sei vicina, invece,
e ripeto, non è una scusa né tantomeno colpa tua, ma mi chiedo se non abbia
giocato una parte decisiva in quello che è successo."
Quando Wrath si allungò di lato e
poggiò la mano sul cane, George alzò la testa, l'annusò e gli diede una
leccatina. Accarezzandogli il lungo pelo che gli ricopriva petto, Wrath le
districò lisciandole verso le zampe di George.
"Dio, Wrath, svegliarmi senza
di te è stato..."
"Orribile. Lo so. È stato lo
stesso per me - o forse anche peggio. Credevo di aver rovinato tutto. Nel senso
mandato tutto a puttane senza ritorno."
"No, non lo hai fatto."
Si sentì un fruscio, come se Beth stesse cambiando posizione sul letto. "E
credo che per un periodo abbiamo camminato su binari paralleli e non affiancati,
lo sapevo. Solo che non avevo compreso quanto tempo abbiamo perso - e anche
altre cose. Starcene a Manhattan da soli, insieme, parlare sul serio. Non lo
facevamo da un bel po'."
"Onestamente, questa è
un'altra ragione per cui non voglio un figlio. A malapena riesco a dedicarmi a
te. Non ho niente da offrire a un bambino."
"Non è vero. Saresti un
meraviglioso padre."
"In un altro universo,
probabilmente."
"E allora cosa facciamo?"
chiese Beth dopo un istante.
Wrath si stropicciò gli occhi.
Dannazione, si sentiva sotto l'effetto dei postumi di una sbornia colossale.
"Non lo so. Davvero non ne ho idea."
Entrambi avevano esternato il
proprio punto di vista nel modo in cui si sarebbe dovuto fare fin dall'inizio.
Ragionevolmente e con calma.
In realtà era stato lui ad avere un
problema in quella situazione, non lei.
"Mi dispiace così tanto,"
ripeté Wrath. "Non serve a molto, su talmente tanti aspetti, lo so. Ma non
c'è nulla che io possa... cavolo, mi sono davvero scocciato di sentirmi
impotente."
"Non sei impotente,"
disse lei seccamente. "Lo abbiamo appurato con certezza."
Tutto ciò che lui riuscì a fare fu
grugnire in risposta. "Quando torni a casa?"
"Adesso. Prendo la macchina -
credo che ce ne sia una di riserva da qualche parte."
"Aspetta fino a che non fa
buio."
"Wrath, ci siamo già passati.
Non ho problemi con la luce del sole. Inoltre sono quasi le quattro e mezza. Manca poco
al tramonto."
Quando Wrath immaginò Beth sotto la
luce scintillante del sole, lo stomaco gli si contorse - e pensò a Payne che lo
aveva accusato di essere uno sciovinista. Rispetto alla preoccupazione per la
sua shellan, era molto più semplice uscirsene
con un Ti Proibisco. Il problema era
la reazione di Beth a quell'imposizione.
Non poteva mica chiuderla in una
gabbia dorata solo per evitare di andare fuori di testa riguardo alla sua
sicurezza.
E forse tutta questa storia della
gravidanza per lui era solo una sfumatura più intensa della sua codardia.
"Okay," Wrath sentì la
sua stessa voce. "Va tutto bene. Ti amo."
"Anch'io ti amo - Wrath,
aspetta un attimo."
"Sì?" Seguì un lungo
silenzio e lui si accigliò. "Beth? Che c'è?"
"Voglio che tu faccia una cosa
per me."
"Qualunque cosa."
"Le ci volle un po' prima di
parlare. E quando lo fece, lui chiuse gli occhi e lasciò andare la testa
all'indietro.
"Wrath? Hai sentito quello che
ho detto?"
Ogni singola parola. Purtroppo.
Stava per buttare fuori un
assolutamente-no, quando ripensò a come si era sentito risvegliandosi senza averla
accanto.
"Okay," disse a denti
stretti. "Va bene. Lo farò."
Oh mamma ... che finale!
RispondiEliminaGrazie Chris per farci sognare con Wrath e Beth
come sempre sei forte grazie christiana ciao a mercoledì prossimo
RispondiEliminaCiao Chris bellissimo capitolo - brava bacioni Adele
RispondiEliminaGrazie a voi!
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