mercoledì 6 agosto 2014
Capitolo 18 di THE KING di J.R. Ward
The King
18
Sola si svegliò con un sobbalzo, il
volto graffiato dal freddo pavimento in cemento, il corpo piegato in una
posizione innaturale.
Voltandosi sulla pancia, il suo
cervello elaborò in un istante dove si trovava: una cella con tre pareti di muri
solidi e una con le sbarre. Niente riscaldamento, né finestra, una luce
incassata nel soffitto e un gabinetto in acciaio inossidabile.
Non c'era alcun compagno di cella, né addetti alla sorveglianza, per quanto potesse vedere.
Il successivo controllo lo fece al
proprio corpo: la testa le dava fitte alla nuca e alla fronte, ma non era
niente rispetto al dolore che sentiva alla coscia. Quel bastardo con la voglia
nera che gli copriva metà volto le aveva sparato a solo quindici centimetri dal
ginocchio - il fatto che potesse sollevare il polpaccio dal pavimento indicava
che non aveva colpito l'osso, ma cavolo se faceva male! La sensazione di
bruciore, unita al pulsare, le faceva venire la nausea.
Silenzio.
Dall'altra parte della cella, a una
parete, un paio di catene erano state fissate al cemento, e le manette per i
polsi che pendevano alle estremità promettevano orrore.
Beh, quelle e le macchie al di
sotto l'attrezzatura.
Non c'erano telecamere di sicurezza
da quel che poteva vedere. D'altronde, Benloise era prudente. Forse usava la
telecamera del telefono per rivedere la sua versione dei filmati?
Non aveva idea di quanto tempo le
sarebbe rimasto, così si alzò in piedi -
"Cazzo."
Spostare il peso sulla gamba destra
era come mettere un attizzatoio incandescente nella ferita.
Allora provò un movimento che
somigliava a un passo di twist alla Chubby Checker.
Okay, quello era meglio evitarlo,
giusto?
Quando adocchiò il gabinetto, che
distava un metro e mezzo, Sola imprecò di nuovo. La sua gamba era un importante
svantaggio tattico - perché era difficile camminare senza tenere il passo
strascicato degli zombie - che non solo l'avrebbe rallentata, ma l'avrebbe
anche fatta notare.
Provando a muoversi in maniera
leggera, per creare meno rumore possibile, usò il gabinetto ma non tirò lo
sciacquone. Poi tornò nello stesso posto in cui si trovava prima. Non sentiva
la necessità di testare le sbarre o di vedere se la porta era chiusa a chiave.
Benloise non operava nel campo
dell'edilizia scadente e non avrebbe assunto qualcuno di talmente stupido.
La sua unica possibilità era
provare a sopraffare la guardia con la pistola, e come avrebbe potuto riuscirci
in quelle condizioni, non ne aveva la più pallida idea. A meno che...
Rimettendosi a terra, si sistemò
nell'identica posizione in cui si era svegliata. Chiudendo gli occhi, venne
momentaneamente distratta dal battito del proprio cuore.
Batteva forte. Maledettamente
forte.
Specialmente se pensava a sua
nonna.
Oh, Dio, lei non poteva morire in
quel posto. E non in quel modo - non era a causa di una malattia o di un incidente
in autostrada. Così ci sarebbe stata tanta sofferenza deliberatamente inflitta,
e dopo? Benloise era proprio il tipo di depravato che avrebbe spedito un
pezzo di Sola alla nonna affinché potesse seppellirlo.
Anche se il destinatario era un
partecipante innocente a tutta quella mostruosità.
E mentre immaginava sua nonna con
solo una mano o un piede da mettere nella bara, si accorse di muovere le
labbra.
Dio,
ti prego, fammi uscire viva da tutto questo. Per il bene di vovó. Fammi
sopravvivere e ti prometto che lascerò perdere questa vita. Prenderò vovó e la
porterò da qualche parte al sicuro e non farò più, mai e poi mai, qualcosa di
sbagliato.
In lontananza, Sola sentì un
clangore, come una porta che viene chiusa a chiave e poi un borbottio.
Sforzandosi di calmare il respiro, lei osservò attraverso le ciocche dei propri capelli e sentì i passi
avvicinarsi.
L'uomo che scese le scale era
quello con l'enorme voglia sul viso. Vestito in pantaloni da combattimento neri
e canottiera, era cupo, irsuto e furioso.
"... maledetto idiota, morire
sotto la mia responsabilità. Almeno ha chiuso quella cazzo di bocca -"
Lei chiuse gli occhi... e ci fu un
altro rumore metallico.
Improvvisamente la voce si fece più
vicina. "Svegliati, stronza."
Mani rudi le strinsero il braccio e
la voltarono sulla schiena e le ci volle tutto il suo autocontrollo per non
ansimare dal dolore che sentì alla testa e alla gamba.
"Puttana!
Svegliati!"
Le diede un ceffone e quando Sola
assaggiò il proprio sangue, capì di essersi rotta il labbro - ma quale che
fosse il dolore, era a malapena una goccia nel mare rispetto a ciò che sentiva
alla coscia.
"Puttana!" Un altro
schiaffo, ancora più forte. "Non fare giochetti del cazzo con me!"
Il petto di Sola si sollevò quando
l'uomo afferrò il davanti del parka e lo aprì facendolo a pezzi - e quando la
sua testa si graffiò spostandosi sul pavimento, non riuscì a soffocare un
gemito.
"Proprio così - ti sveglierò
io, cazzo." Le strattonò la maglietta e ci fu una piccola pausa.
"Carino."
Il suo reggiseno aveva l'apertura
frontale e lui l'aprì, l'aria gelida le colpì la pelle.
"Oh... è... sì..."
Sola strinse i denti quando lo
sentì sopra di sé e dovette costringere i propri arti a restare molli mentre
l'uomo andava alla cintura dei suoi pantaloni. Proprio come col razzo che aveva
trovato nel cofano dell'auto, Sola aveva un'unica opportunità, e aveva bisogno
che lui fosse molto distratto.
Anche se le veniva di nuovo da
vomitare.
La guardia le strappò di dosso i
jeans insieme alle mutande con dei forti strattoni, il suo sedere nudo sbatteva
contro il freddo pavimento graffiante mentre l'uomo tirava e spingeva.
"Me lo devi, puttana - adesso
devo dirgli di quella merdaccia che hai ucciso - che cazzo di stivali!"
Freneticamente, l'uomo sciolse i
lacci e li tolse, uno dopo l'altro. E mentre si dava da fare con lei, Sola
ebbe la tentazione di prenderlo a calci in faccia, ma non aveva abbastanza
forza per infliggere un gran danno da quella posizione - e se avesse combattuto
troppo presto e avesse perso, di sicuro l'uomo l'avrebbe incatenata a quel
cazzo di muro.
E quando quelle sudice mani
raggiunsero l'interno delle sue gambe, Sola non riuscì a contrastare il panico
che invase il suo corpo a quell'aggressione - non importavano i comandi
impartiti dal cervello, le cosce si chiusero con fermezza attorno al polso
dell'uomo.
"Sei sveglia, adesso?"
disse lui a denti stretti. "Tu vuoi che lo faccia, non è vero?"
Rilassati, disse Sola a se stessa.
Stai aspettando solo e unicamente una cosa.
La mano dell'uomo si ritirò. E il
rumore di una cerniera che veniva aperta le diede un incentivo extra per farle
tenere le gambe aperte. Aveva bisogno che lui provasse a montarla.
E sai cosa? Lui le diede questa
opportunità.
Spalancandole ancora di più le
cosce, lui si abbassò su mani e ginocchia e cominciò ad avanzare come un
granchio.
Sola aveva un'unica possibilità. E
la sfruttò.
Con un improvviso slancio di
energia, lei si sollevò e artigliò i testicoli del figlio di puttana come se volesse
castrarlo. E cavolo, era proprio quello che aveva intenzione di fare.
Stringendo più forte che poté, Sola
ignorò le urla di dolore che provenivano dalla propria coscia e dalla testa e
torse il polso con ogni grammo di forza che aveva. La guardia lanciò un grido
acutissimo, come un cagnolino che è caduto in una friggitrice, e sbandò di
lato.
Ecco ciò che attendeva.
Togliendoselo di dosso, lei scattò in piedi, mentre l'uomo si copriva i
genitali con una mano e si chiudeva in posizione fetale.
Sola si guardò intorno velocemente,
le serviva...
Zoppicando con solo i calzettoni ai
piedi, aprì il lucchetto di una delle catene che avrebbero dovuto trattenerla e
la trascinò sul pavimento. Poi l'avvolse attorno al proprio pugno, i pesanti
anelli formarono una gabbia intorno alla sua mano chiusa.
Tornando verso l'uomo, lo strattonò
prendendolo per i capelli. "Vuoi farti una bella scopata, coglione? Che ne
dici di questo?"
Sollevò il braccio oltre la propria
testa e lo abbassò caricando tutto il peso e mettendoci tutta la forza che
poteva, colpendolo al cranio. Immediatamente si sentì l'uomo ruggire e provò a
coprirsi la testa con le braccia.
Bene. La lobotomia avrebbe dovuto
aspettare.
Sola lo colpì al di sotto delle
costole, nel morbido tratto che proteggeva i reni e la milza. Colpì ancora e
ancora, fino a che l'uomo provò a rannicchiarsi per difesa. E lei tornò alla
testa - ancora più forte stavolta, fino a che lei iniziò a sudare anche se era
praticamente nuda e la temperatura della cella doveva essere meno di 10°.
Ancora.
E ancora.
E ancora.
Ovunque riuscisse a scorgere un
punto vulnerabile.
E questa era una cosa strana: mentre
lo colpiva, Sola si sentiva la più forte del mondo; era come fosse posseduta,
le sue ferite si affievolivano dinanzi al bisogno di garantirsi la
propria sopravvivenza.
Non aveva mai ucciso qualcuno.
Rubato alla gente? Mai da quando aveva undici anni, certo. Mentito quando
doveva? Sì. Intrufolarsi in tutti i tipi di posti in cui non era stata invitata
a entrare? Fatto.
Ma la morte l'aveva sempre colpita
a un livello molto profondo che lei non voleva accettare. Come l'eroina per un
tossico, uccidere era il progenitore di tutte le azioni infime - e una volta
superato quel limite? Be', allora eri davvero un criminale.
Eppure, nonostante tutto quello, dopo
diversi minuti oppure ore, o giorni... Sola si ritrovò davanti a un ammasso
sanguinolento che era un corpo.
Immettendo aria nei polmoni,
abbassò il braccio lungo il fianco. Quando la sua forza cominciò a diminuire,
la presa sulla catena si allentò e le maglie si staccarono dal suo pugno,
scivolando a terra con un sibilo.
"Muoviti," ansimò lei.
"Devi muoverti."
Gesù... quando aveva pregato
affinché sopravvivesse, non aveva considerato che Dio avrebbe potuto darle
abbastanza potere da infrangere uno dei Dieci Comandamenti.
"Muoviti, Sola. Devi muoverti."
Confusa, nauseata, con un mal di
testa talmente forte che il campo visivo si annebbiava e schiariva di continuo,
lei provò a ragionare.
Stivali. Aveva bisogno di stivali -
erano più necessari dei pantaloni nella neve. Muovendosi a scatti nella cella,
afferrò il primo che trovò, ma le scivolò di mano.
Sangue. C'era sangue dappertutto
sul suo corpo, specialmente sulla mano destra.
Ripulendosi i palmi sul suo parka
sdrucito, si rimise al lavoro. Uno stivale. Poi l'altro. Le stringhe erano
lente ma col doppio nodo.
Tornò alla sua vittima.
Sola si fermò un istante per
assimilare quel casino.
Merda, avrebbe rivisto questa scena
dietro alle palpebre strette ogni dannata volta che avesse chiuso gli occhi.
Ammettendo che riuscisse a
sopravvivere.
Facendosi il segno della croce sul
petto, Sola si abbassò di fianco all'uomo e iniziò a cercare con la mano. La
pistola che trovò fu una manna dal cielo; lo stesso riguardo all'iPhone che...
merda, era protetto da password. Inoltre non riceveva segnale, anche se probabilmente
lo avrebbe preso una volta in superficie.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era
poter effettuare una chiamata di emergenza e poi poteva anche buttarlo via.
Mentre scattava fuori dalla cella,
Sola chiuse la porta con le sbarre dietro di sé. Era piuttosto sicura che quel
bastardo fosse morto, ma i film dell'orrore e tutta la saga di Batman suggerivano
che essere cauti era un buon atteggiamento da tenere coi cattivoni.
Ispezione veloce. Altre due celle
uguali a quella in cui era stata tenuta prigioniera. Entrambi vuote. Questo era
quanto.
All'esterno, c'era un piccolo
corridoio e poi un paio di sedie e le ci volle un'eternità per raggiungerle.
Maledetta gamba! Fermandosi prima di salire, si mise in ascolto. Nessun rumore
di qualcuno al piano superiore, ma c'era un forte odore di hamburger alla
piastra.
Immaginò fosse l'ultimo pasto del
rapitore.
Sola rimase appiccicata al muro di
fianco ai gradini, la pistola tesa di fronte al viso, lo strascichio dello
stivale destro ridotto al minimo anche se dovette fermarsi un paio di volte per
respirare.
Al primo piano c'erano tantissime luci accese, ma non molto altro: un paio di brande in un angolo, una cucina stile
cambusa coi piatti sporchi nel lavandino -
C'era qualcuno sdraiato su una
terza branda vicino al bagno.
Ti prego, fa' che sia l'altro tizio
morto, pensò Sola... e merda, che cazzo di notte era questa visto che era anche
sul suo radar?
La risposta retorica le arrivò
quando si avvicinò per una ulteriore occhiata.
"Oh-" Mettendosi una mano
contro la bocca, Sola si voltò.
Era stata lei a fargli questo con
quel razzo? Gesù... e l'odore che aveva sentito non veniva da qualcuno che si stava
cucinando un Big Mac con le proprie manine. Era carne umana alla griglia.
Concentrarsi, aveva bisogno di
concentrarsi.
Le uniche finestre erano quelle squadrate
e a battenti che di solito si vedono nelle cantine ed erano montate talmente in
alto che non c'era modo di vedere all'esterno.
E c'erano solo tre porte: quella
che aveva usato lei per uscire dal seminterrato, una che era aperta e mostrava
uno stralcio di gabinetto, e l'ultima... che ovviamente appariva rinforzata.
C'era una staffa all'interno.
Non si preoccupò di cercare altre
armi. La calibro quaranta che aveva tra le mani era più che sufficiente, ma
prese comunque il caricatore extra che era appoggiato sul ripiano della cucina
-
Ehi, ecco il biglietto vincente del
Powerball (l'equivalente del nostro Superenalotto).
C'erano le chiavi dell'auto
lasciate distrattamente affianco al caricatore, e se non avesse temuto per la
propria vita, si sarebbe presa un istante per un pianto liberatorio forte come
quello di una bambina.
Già, sicuro, qualsiasi auto in cui
fosse stata trasportata probabilmente aveva un GPS montato sopra, proprio come
il telefono.
Ma in confronto alla possibilità di
scappare da ovunque si trovasse andandosene a piedi?
Le ci volle mezzo secondo.
Zoppicando fino alla porta, con la
vista che si annebbiava, prese la sbarra -
E l'abbatté contro il pannello
d'acciaio.
Non mi mosse nulla.
Provando ancora e ancora, trovò la
serratura dall'esterno.
Dannazione! E mentre controllava le chiavi dell'auto,
non trovò nient'altro attaccato all'anello che le teneva insieme. No -
Ma certo, pensò Sola.
Di fianco alla porta, trovò un
piccolo sensore quadrato di sicurezza.
Naturalmente funzionava a impronte
digitali - all'esterno e all'interno.
Con uno sguardo al di sopra della
spalla, vide il corpo all'altro lato della stanza - nello specifico la mano che
pendeva molle dalla branda quasi fino al pavimento.
"Cazzo."
Tornando dal tizio morto, sapeva che
non sarebbe stata una passeggiata trascinarlo fino alla porta. Specialmente a causa
della propria gamba. Ma quale altra scelta aveva?
Lasciando scivolare lo sguardo
intorno, lei -
In un angolo, a una scrivania improvvisata,
c'era una sedia con le rotelle, proprio una di quelle che si trovano in un
ufficio. Aveva anche i braccioli.
Meglio che trascinarlo sul
pavimento, giusto?
Sbagliato. Spostare il tizio del
razzo-in-faccia fu più difficile di quanto avesse pensato - e non a causa del
rigor mortis, a quanto sembrava non era morto molto tempo dopo che lei gli aveva sciolto la faccia. Il problema
era la sedia - continuava a scivolare via ogni volta che lei tentava di avvicinare
quel peso morto - ah, ah - al sedile imbottito.
Non avrebbe funzionato. E per la
cronaca, il tanfo di quella carne bruciata era come se un coach di football incoraggiasse
lo stomaco a effettuare un calcio di allontanamento.
Lasciando il cadavere, che ora era
per metà fuori dalla branda, saltellò fino al bagno, e i conati di vomito che
seguirono le furono di graaaaande aiuto: prima di tutto non aveva un bel niente
da espellere, e poi, prima aveva creduto di avere una brutta commozione
cerebrale?
Tornando di fianco al tizio morto,
gli si mise alle spalle, lo prese sotto le ascelle e fece leva sulla gamba
sana. Gli stivali dell'uomo colpirono il pavimento uno dopo l'altro quando lei
lo tirò completamente giù dal letto improvvisato, e i tacchi delle Timberland
strisciarono tutto il pavimento mentre lo portava verso la porta. Per fortuna
il tizio aveva le braccia sufficientemente lunghe per fare canestro per i
Knicks, così lei poté fermarsi a poco
più di un metro dal bersaglio.
Il suo gomito era anche piegato
nella giusta direzione.
Il pollice si appoggiò proprio dove
serviva a lei e la luce al di sotto della superficie del lettore di impronte
passò dal rosso a un lampeggiante arancione.
Nell'attimo in cui fosse uscita da
lì, sarebbe saltata in quella maledetta auto e avrebbe premuto l'acceleratore -
Rosso.
Il lettore divenne rosso. Quindi la
sua impronta digitale non funzionava.
Lasciando cadere la mano dell'uomo,
Sola si afflosciò su se stessa e lasciò penzolare la testa. Mentre veniva
colpita da una minacciosa ondata da farle perdere i sensi, lei fece dei respiri
profondi.
L'altra guardia era rinchiusa nella
prigione giù al piano interrato - e lei era stata a malapena in grado di
trasportare quest'altro tizio sul pavimento. Come diamine avrebbe potuto portare lassù l'uomo che aveva ucciso laggiù?
L'altro uomo che lei aveva ucciso.
E merda... lei l'aveva chiuso al
piano di sotto. E se anche quella cella si apriva grazie a un lettore
d'impronte digitali? Sola sarebbe morta di fame.
A meno che Benloise non si
presentasse lì presto.
Appoggiandosi al muro e stringendo
le mani intorno al ginocchio sano, lei provò a pensare, pensare, pensare.
Era come se Dio avesse preso le sue
preghiere alla lettera: era uscita fuori dal portabagagli dopo il suo primo
"Aiutami, Padre. Al secondo "Mio Dio, ti prego, liberami" era
uscita dalla prigione, ma non dalla casa.
E mentre offriva una terza
preghiera, cercò di essere più specifica.
Oh,
Signore, ti prometto di abbandonare questa vita se mi lascerai vedere ancora
una volta il viso di mia nonna. Attese, attese che succedesse qualcosa, come se lei fosse in punto di morte e in qualche modo vovó
fosse riuscita ad arrivare lì oppure in ospedale. Mio Dio, se potessi guardare i suoi occhi e sapere che sono al sicuro e
a casa con lei... Giuro che la porterò lontano e non percorrerò mai più strade
pericolose.
"Amen," disse lei, e si sforzò
per raddrizzarsi.
Cercò nel profondo di se stessa la
forza per tornare alle scale, la trovò e -
Sola si fermò. Si voltò verso il
ripiano su cui aveva trovato le chiavi e il caricatore. Con gli occhi serrati,
pensò a una soluzione che era sia completamente ripugnante, e dimostrava che, presumibilmente, Dio la stava ascoltando.
Sembrava che le cose promettessero
bene.
In un modo disgustoso.
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