mercoledì 29 aprile 2015

Capitolo 4 di THE SHADOWS di J.R. Ward



Capitolo 4


L’Eletta Selena attraversò il retro dell’armadio contenente le forniture per l’ufficio per andare al centro di addestramento, e quando ne uscì, sobbalzò alla vista dell’enorme figura dietro la scrivania.

Tohrment, figlio di Hharm, sollevò lo sguardo dal computer. «Oh, ciao, Selena. Che sorpresa.»

Mentre le pulsazioni si regolarizzavano, lei portò la mano al petto. «Non mi aspettavo di incontrare qualcuno.»

Il Fratello tornò a concentrarsi sul bagliore blu dello schermo. «Sì, sono rientrato al lavoro. Stiamo per riaprire di nuovo.»

«Aprire cosa?»

«Il centro di addestramento.» Tohr si allungò contro lo schienale della più brutta poltrona di pelle verde che avesse mai visto. E mentre parlava ne accarezzava il bracciolo come fosse una pregiata opera d’arte. «Prima che cominciassero gli assalti, avevamo elaborato un buon programma. Ma in seguito molti membri della glymera sono stati uccisi durante gli attacchi e i quelli sopravvissuti hanno lasciato Caldwell. Ora la gente sta ritornando, e Dio solo sa se abbiamo bisogno di aiuto. La Lessenning Society sta ingrossando le fila come ratti che proliferano in un magazzino.»

«Mi chiedevo a cosa servissero tutte queste attrezzature.»

«Lo vedrai di persona.»

«Forse» esclamò lei. Ma solo se si fossero sbrigati…

«Stai bene?» chiese il Fratello, balzando in piedi.
Con un brusco capogiro, il mondo attorno a lei s’inclinò sul suo asse, la testa cominciò vorticare sul collo - o era la stanza a roteare? In ogni caso, Tohrment l’afferrò prima che cadesse a terra, tenendola fra le braccia.

«Sto bene, è tutto a posto… sto bene» disse lei.
Almeno credeva di aver pronunciato queste parole ad alta voce. Non ne era sicura, perché le labbra di Tohr si stavano muovendo e gli occhi erano incollati ai suoi, come se le stesse parlando, ma non sentiva la sua voce. O la propria. Non sentiva nulla.

Subito dopo, si ritrovò in una delle sale visita e la shellan di Vishous, la dottoressa Jane, la osservava, tutto un insieme di occhi verde cupo, biondi capelli corti e intensa preoccupazione.

Il lampadario sopra di lei era troppo luminoso e Selena sollevò il palmo della mano per coprirsi il viso. «Vi prego - non è necessario -»

Tutto a un tratto si accorse che riusciva di nuovo a sentire la propria voce, e il mondo circostante, prima sbiadito e ovattato, ritornò vivido e ricco di dettagli.
«Sul serio, sto bene.»

La dottoressa Jane si fermò con le mani sui fianchi, come se fosse un barometro impegnato in un qualche tipo di misurazione.

Per un attimo, la 
paura paralizzò Selena. Non voleva che sapessero -

«Hai appena nutrito qualcuno?» chiese il medico della Confraternita.

«Circa un'ora fa. E non ho mangiato. Ho dimenticato di mangiare.» Che non era una bugia.

«Hai qualche problema medico di cui devo essere informata?»

«No.» Che era una bugia. «Sono perfettamente in salute.»

«Ecco» disse Tohr, mettendole qualcosa di freddo in mano. «Bevi questo.»

Fece come le venne detto e scoprì che si trattava di Coca Cola in una lattina rossa che su un lato recava la scritta “Condividila con un amico."

E, in effetti, quella roba la rinvigorì. «È buona.»

«Il tuo colorito sta migliorando.» La dottoressa Jane incrociò le braccia sul petto e si appoggiò a uno degli armadietti in acciaio inossidabile. «Continua a bere. E forse dovresti considerare l’idea di chiamare qualcun altro per -»

«No» la interruppe bruscamente. «Porterò a termine il mio compito.»

L’importanza di andare lì e rendere disponibile la sua vena per i Fratelli e per quelli che non potevano nutrirsi dalle loro compagne, era la sola cosa che la facesse andare avanti. Era la sua connessione con la vita normale, la sicurezza di espletare un lavoro di un certo rilievo, il metronomo di notti e giorni senza il quale si sarebbe consumata a causa di un destino nefasto su cui non aveva controllo.

La realtà era che il suo tempo stava per scadere - e non era mai sicura di quando sarebbe arrivato il suo ultimo momento, quando sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe fatto qualcosa. E il fornire quel servizio rendeva la sua situazione critica.

Mentre continuava a sorseggiare la bevanda, vennero dette molte cose, domande poste da parte del medico seguite da risposte da parte sua. Le parole non importavano - avrebbe detto qualsiasi cosa, qualsiasi bugia, mezza verità o falsa spiegazione per filarsela da quella stanza piastrellata e andare avanti con l’ultima visita della notte.

«Porterò a termine il mio compito.» Costrinse il volto in un sorriso spontaneo. «E poi riposerò. Lo prometto.»

Dopo un momento, la dottoressa Jane annuì - e la battaglia, alla fine, fu vinta.

Tuttavia, la guerra era una bestia completamente diversa.

«Sto proprio bene» esclamò Selena, saltando giù dal lettino. «Sul serio e sinceramente.»

«Vienimi a trovare se succede di nuovo, va bene?»

«Assolutamente sì.» Sorrise a entrambi. «Lo prometto.»

E mentre lasciava la sala visite, lei pensò che l'aver detto quella bugia avrebbe dovuto infastidirla. Ma non poteva più concedersi il lusso di avere una coscienza.

Correva in volata contro la morte, e niente, nemmeno le persone che stimava… o il maschio che amava… potevano mettersi in mezzo.

Per lei la sopravvivenza, per quel che era, rappresentava un’impresa.

*    *    *


Allo shAdoWs, Trez si prese un attimo per sistemarsi, a colpi di tosse, la laringe prima di sedersi. Una cosa che si poteva dire di Vishous? Il Fratello era bene addentro alla faccenda della dominazione.

Ovviamente.


Ma vabbè, le cose laggiù nell’angolo si stavano facendo un po' troppo serie.

Attraverso lo spazio cupo della stanza del sesso, Rhage era raggomitolato in posizione fetale, gli occhi chiusi, il respiro che entrava e usciva dalla bocca aperta con un ritmo talmente preciso che, o si stava ipnotizzando da solo o era già scivolato in un coma del cazzo.

«Cosa sta facendo?» domandò Trez.

«Cerca di non trasformarsi in un mostro.»

Le sopracciglia di Trez scattarono in su per la sorpresa. «In senso letterale?»

«Godzilla. Solo che è viola.»

«Gesù… pensavo fosse solo un pettegolezzo.»

«Per niente.»

V prese un pugnale nero e lo sollevò al di sopra della spalla. Con una violenta - ah ah (gioco di parole, infatti usa il termine VICIOUS) – pugnalata, il Fratello eliminò i resti dell’assassino centrandolo nel torace vuoto, la seconda scintillante luce della sera brillò bianca e azzurra come una fiamma ossidrica prima di scomparire e portarsi dietro la maggior parte dei resti puzzolenti. Il lampo non fece sparire la macchia oleosa, ma Trez aveva attrezzato quelle stanze con un foro di scarico al centro e un attacco per una pompa montata con discrezione sotto la panca.

Anche gli umani potevano fare casino.

«Così ti sei legato, eh
» disse V mentre si sedeva e vegliava il Fratello come il membro di un branco che fa la guardia a un lupo ferito.

«Chiedo scusa, cosa hai detto?»

«Selena. Ti sei legato a lei.»

Trez imprecò e si massaggiò la faccia. «Ah, no. Non sul serio.»
«Una persona molto saggia una volta mi disse… menti a chi ti pare, ma mai a te stesso.»

«Guarda, non so di -»

«Quindi è questo il motivo per cui sei fuori casa così spesso?»

Trez considerò l’idea di continuare a raccontare balle, ma era inutile. Aveva appena attaccato un maschio che rispettava, un maschio che, P.S., era totalmente e completamente innamorato della sua femmina, solo perché il tizio si era nutrito - e nient’altro - da un’Eletta istruita a questo fine.

Se questo non gli metteva un bel timbro sulla fronte con la dicitura “Maschio innamorato”, non sapeva cosa altro avrebbe potuto.

«Io…» Trez scosse la testa. «Cazzo. D’accordo. Mi sono legato a lei - e non posso starle vicino mentre vi nutre. Cioè, so che un servizio necessario e che si limita alla vena, bla, bla, bla. Ma è troppo pericoloso. Potrei rifarlo» - indicò col capo Rhage - «in qualunque momento.»

«Lei non ti vuole? So che non può essere a causa di Phury. Ti rispetta un casino.»

Sì, lui e il Primale, che era responsabile di tutte le Elette, andavano d’accordo. Peccato che non fosse quello il problema. «Non funzionerebbe.»

«Perché?»

«Non possiamo ritornare al perché un lesser aveva addosso la droga di Assail?»

«Senza offesa, ma sono stato davvero tollerante con te non trasformando la tua giugulare nello scarico di un lavandino. Pensi di potermi concedere l’onore di essere onesto?»

Trez si guardò le mani, aprì le dita a un ventaglio. «Anche se non fossi andato a letto con un migliaio di umane, non sono esattamente un uomo libero.»

«Rehv ha detto che il tuo debito con lui è più che ripagato.»

«Il legame che mi vincola non è con lui.»

«E quindi chi ti tiene al guinzaglio?»

«La mia Regina.»

Ci fu un lungo fischio basso. «In che modo?»

Buffo che avesse passato così tanto tempo con la Confraternita e non avesse mai detto loro della spada di Damocle che pendeva sulla sua testa. Dopotutto, per molto tempo tutto quello che aveva fatto era stato cercare di fingere di non essere lì.
«Si suppone che io debba fecondare l’erede al trono.»

«E quando è successo?»

«Alla nascita. Voglio dire, alla mia nascita.»

V aggrottò la fronte. «La Regina sa dove ti trovi?»

«Sì.»

«Avresti dovuto rivelarcelo prima di trasferirti da noi. Non dico che non ti avremmo dato rifugio, ma il tuo popolo sa essere molto esigente riguardo le persone da frequentare. Abbiamo già abbastanza problemi senza scatenare una questione diplomatica con la s’Hisbe.»

«Ma ci potrebbero essere delle circostanze attenuanti.» Quando il cellulare cominciò a vibrare nel taschino della camicia, lo prese e rifiutò la chiamata senza guardare chi fosse. «Sono in folle. Con la possibilità di un incidente frontale con un semirimorchio o di una sterzata che potrebbe salvarmi.»

«Selena lo sa?»

«Qualcosa.»

Il Fratello piegò la testa. «Beh, sta a te raccontare la tua storia - almeno per rispetto all’Eletta. Visto che ha ripercussioni su Wrath e sul nostro trono, non ti prometto niente.»

«Può accadere ogni notte. Lo saprò in una qualsiasi notte. La Regina partorirà letteralmente da un momento all’altro.»

«Non nascondo nulla al mio Re.»

Trez sentì il suo telefono suonare e riattaccò una seconda volta. «Digli solo che dadi stanno ancora girando. Non sappiamo cosa abbiamo. Forse il tema astrale non sarà compatibile con il mio - e allora sarò libero.»

«Lo riferirò.»

Ci fu un attimo di silenzio e poi Trez cominciò a agitarsi. «Perché mi stai guardando in quel modo?»

Quando non ci fu risposta, si alzò in piedi e si spolverò il culo. E quegli occhi color diamante continuavano a fissarlo. «Pronto? V - che cazzo.»

«Il tuo tempo sta per scadere» disse il Fratello a voce bassa. «Su due fronti.»

Il telefono di Trez suonò ancora ma non avrebbe risposto a quel maledetto coso neanche se avesse voluto. «Di cosa stai parlando?»

«Ci sono due femmine. E in entrambi casi, il tuo tempo sta per scadere.»

«Non so di che cazzo stai -»

«Sì, lo sai. Sai esattamente di cosa sto parlando.»

No, perché, grazie a Dio, c’era una sola bomba a orologeria nella sua vita. «Rhage si sveglierà o ha bisogno di un carrello d’emergenza?»

«Questo non riguarda lui.»

«Beh, neanche me. Sul serio, ha bisogno di assistenza medica?»

«No. E questo non è quello di cui stavamo parlando.»

«Pronome sbagliato, amico. Io non faccio parte di questa conversazione.»

Inoltre, chissà, forse se la questione con la s’Hisbe si fosse risolta a suo favore, avrebbe potuto occuparsi della situazione con Selena. Dopotutto, se non fosse stato il Prescelto, era libero di…

Merda, a meno che non rinunciasse al suo lavoro qui, sarebbe comunque rimasto un magnaccia. In fase di recupero dalla sua dipendenza dal sesso. Che avrebbe avuto bisogno di terapia per superare il disturbo da stress post-traumatico causato da un destino di merda.

Già, fantastico. Ecco a voi lo Scapolo dell’anno.

E diavolo, non sembrava che mancasse a Selena - e non la biasimava. Il suo passato con tutte quelle umane, anche se aveva smesso di andare a puttane non appena l’aveva baciata, non era niente di romantico. Era proprio disgustoso.

I mesi di celibato difficilmente avrebbero compensato i suoi sforzi di macchiare deliberatamente il suo corpo fisico -

«Sto avendo una visione su di te.» V si strofinò gli occhi.
«Senti, a meno che tu non abbia bisogno di me, io -»

«Per te, la statua volteggerà.»

Quando il telefono di Trez squillò di nuovo, scoprì che l’ansia aveva preso il sopravvento su ogni centimetro quadrato del suo corpo. «Con tutto il dovuto rispetto, non ho idea di cosa tu stia parlando. Prenditi cura di quel Fratello per tutto il tempo che ti occorre, nessuno vi disturberà qui.»

«Sii presente. Anche quando pensi che questo ti ucciderà.»

«Senza offesa, V, ma non voglio starti a sentire. A dopo.»


7 commenti:

  1. O MIO DIO O___O siamo solo al quarto capitolo ed è già un'esplosione di emozioni *w* Grazie mille per la traduzione fantastica come sempre!!!<3<3<3 -Alessia

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  2. Ma x che non risponde al tel? Uffffiii cavoli emozioni tante Trez e Selena poveri! Meno male che ci sono i fratelli - grazie Christiana brava e baci

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  3. come al solito ci siamo comincia la lunga attesa e le tante emozioni grazie ciao tvb

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  4. Come sempre, grazie a voi. Vi dirò, la Zietta si è evoluta in una maniera che trovo meravigliosa e questo libro è davvero meraviglioso. Certo, sono mooooolto felice che continui una serie parallela con i Fratelli old style, però questo stile... lo adoro!

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  5. Grazie e ancora grazie per la tradusione! La Zietta è sempre più intrigante. Susanna

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  6. Grazie mille! Sei bravissima, non vedo l'ora di leggere il nuovo capitolo tradotto!

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