mercoledì 3 settembre 2014

Capitolo 19 di THE KING di J.R. Ward



The King


19


"Eccolo qui," disse Assail, indicando un punto attraverso il parabrezza. "Il bivio."

Aveva atteso un'eternità per veder comparire la stradina quasi nascosta e soffocata dai sempreverde che infine comparve quindici metri dinanzi a lui.

Seguendo le indicazioni date dal telefono di Ehric, avevano percorso la Northway attraverso Adirondack Park, superato un luogo chiamato Lake Placid, lo stesso dicasi per una montagna il cui nome, considerato quel che si erano lasciati alle spalle, era piuttosto calzante.

Gore Mountain.

E non aveva visto qualcosa di simile a un villaggio invernale per amanti dello sci chiamato Killington? Ovviamente il passatempo giusto per lui.

Era stato un lungo viaggio. Durato ore e ore, ogni miglio macinato degli pneumatici della Range Rover come un'infinita successione di ostacoli da superare.

"Grazie a Dio," borbottò Ehric girando il volante e inforcando una miserabile striscia di terra.

La salita che si trovarono davanti si adattava meglio a essere affrontata dalle capre, fortunatamente, però, la trazione superiore della Rover, grazie anche a qualsiasi tipo di pneumatico Goodyear su cui erano seduti, trasformò il tragitto in una alquanto piacevole passeggiata.

Fu comunque un ulteriore rallentamento infinito, al punto che Assail cominciò a credere che avessero imboccato la direzione sbagliata: sebbene lo stesso Benloise fosse in auto con loro, non si sarebbero fatti scrupoli con lui per avere una specie di ordine appropriato in base a cui se l'uomo non avesse contattato i rapitori entro dei termini prestabiliti, chiunque avessero in custodia sarebbe stato eliminato.

Assail sollevò il gomito verso lo sportello e appoggiò il viso nel palmo della mano. Il fatto che Marisol fosse una femmina lo angosciava. I maschi erano in grado andarci giù pesante con quelli del proprio sesso - pensare a tutte le cose che potevano essere fatte a una donna era un incubo per cui lui pregava non fossero ancora state effettuate.

"Più veloce," disse lui a denti stretti.

"E correre il rischio di giocarci un ammortizzatore? Dopo dobbiamo scendere da questa pila di rocce."

Proprio quando Assail stava per ruggire, la meta si presentò all'improvviso e senza alcuna fanfara. Una struttura in cemento a un piano attraente quanto una cuccia per cani fu a portata di vista, e prima ancora che si avvicinassero, lui si liberò della cintura e saltò giù dall'auto -

Nello stesso istante, la porta della casa si spalancò.

E per il resto della sua vita, Assail non avrebbe mai dimenticato ciò che ne uscì.

Marisol era nuda dalla vita in giù, un parka, che lui riconobbe, sventolava selvaggiamente alle spalle della donna mentre barcollava nella notte. Accecata e illuminata dai fari dell'auto, lei brillava di rosso, dei rivoli di sangue che scorrevano lungo le gambe e di quello che imbrattava il suo pallido torace, il volto tetro come la morte mentre puntava la pistola dritto di fronte a lei.

"Marisol!" urlò lui. "Non sparare! Sono Assail!"

Lui alzò le mani in aria, ma non era così sicuro che lei potesse vederlo. "Sono Assail!"

Lei incespicò fermandosi, ma, da brava ragazza, tenne la pistola in alto mentre sbatteva le palpebre come se fosse miope. "Assail... ?"

La voce della donna rotta dalla disperazione lo cambiò per sempre: al pari della vista di lei, avrebbe sentito le due sillabe spezzate del suo nome per il resto della sua vita.

Nei suoi incubi.

"Marisol, cara Marisol... sono venuto per te."

Voleva dire a Ehric di spegnere quelle maledette luci, ma non sapeva chi altro ci fosse lì con lei e se qualcuno la stesse inseguendo.

"Marisol, vieni da me."

Il modo in cui la mano le tremava quando la portò alla propria testa gli fece desiderare di andare da lei. Ma non sembrava sicura se quella fosse la realtà o un inganno della sua immaginazione. E con quella pistola tra le mani, era tanto pericolosa quanto vulnerabile.

"Marisol, ho promesso a tua nonna che ti avrei salvata. Vieni da me, tesoro. Segui la mia voce."

Lui tese le braccia nell'oscurità.

"Assail..." Quando fece un passo avanti, lui si accorse che la donna zoppicava. Pesantemente. Quindi, parte di quel sangue doveva essere il suo.

"Ha bisogno di cure mediche," disse lui ad alta voce. Dannazione, come poteva curarla?

Se fosse morta durante il viaggio di ritorno...

Quanto di quel sangue era il suo?

Quando Sola fece un passo e un altro ancora, e nessuno le venne dietro, Assail fu pervaso dalla speranza che non tutto il sangue che la ricopriva fosse il suo.

"Vieni da me." Quando sentì la propria voce spezzarsi, percepì lo sguardo scioccato che Ehric gli lanciò dal SUV. "Mia adorata..."

Marisol usò la mano tremante per schermarsi gli occhi e, per qualche ragione, quello lo fece concentrare sul fatto che lei fosse nuda.

La gola di Assail gli si strinse talmente forte da non permettergli di deglutire.

Fanculo.

Assail rimise la propria pistola alla cintola e corse avanti per incontrarla ben oltre metà strada.

"Assail... sei davvero tu?" sussurrò lei quando lui si fece più vicino.

"Sì. Ti prego, non sparare - vieni da me, tesoro."

Quando dalle labbra di Sola uscì un gemito, lui la prese e la strinse forte al proprio petto, la canna della pistola dritta contro il suo sterno. Se lei avesse premuto il grilletto, lui sarebbe morto sul colpo.

Ma non sparò.

Con un singhiozzo, Sola cedette alla forza di Assail, e lui la sollevò tra le braccia quando la sentì accasciarsi. Era leggera come una piuma e, per qualche motivo, questo lo terrorizzò ancora di più.

Si concesse solo un istante per godere di quella unione - subito dopo sentì che doveva portarla in salvo.

Cullandola tra le braccia, Assail si voltò e corse verso la Rover a prova di proiettile, corse verso quelle luci come fossero una paradisiaca zona sicura.

Ehric e suo fratello capirono le sue intenzioni alla perfezione e lo anticiparono. Saltarono fuori dall'auto e aprirono le porte posteriori - prelevarono Benloise e lo tennero fuori vista.

Marisol non aveva bisogno di venire a conoscenza della presenza dell'uomo.

Dopo aver accomodato la sua femmina sul sedile posteriore, Assail aprì il sacco a pelo che aveva preparato, insieme all'acqua e alle barrette energetiche che aveva portato per lei. Coprendo le sue nudità, la tenne stretta quando la sentì tremare.

"Marisol," esclamò lui, tirandosi indietro. "Mangia. Bevi. Ehric, mio cugino, ti porterà -"

Sentì le unghie di lei conficcarsi nel suo braccio anche attraverso il pesante maglione che indossava. "Non lasciarmi!"

Assail le sfiorò quel meraviglioso viso. "Ho da fare qui per il momento. Alcune faccende da sistemare. Ci incontreremo lungo la strada." Si voltò. "Ehric! Evale!"

I due maschi si avvicinarono - e per un momento, lui prese in considerazione la possibilità di portarla via da lì con le proprie mani.

Ma no, la vendetta andava consumata e lui era l'ago che avrebbe fatto pendere la bilancia.

"Mia cara, ecco i miei cugini."

Quando lui si fece indietro e lasciò avvicinare i maschi per mostrare i loro volti, Assail fu grato che avessero i suoi stessi colori e che gli somigliassero tanto. Certo, loro tre erano stati degli sbagli per i propri fratelli. "Ti condurranno in un luogo sicuro e ti difenderanno a costo della loro vita. Ci rivedremo tra poco. Non ci metterò molto, te lo giuro."

Gli occhi afflitti e agitati di Sola rimbalzarono a destra e sinistra, come se stesse provando disperatamente a restare integra.

"Andate," sibilò Assail, fissando l'edificio. "Andate adesso!"

Eppure gli riusciva impossibile allontanarsi dalla sua Marisol. Aveva subito abusi e la nudità suggeriva che -

Ehric gli strinse il braccio. "Stai tranquillo, cugino. Sarà trattata come fosse la nostra preziosa sorella."

Per una volta parlò anche Evale. "Sarà in buone mani, cugino."

Assail si sentì connesso ai maschi dinanzi a lui, parole di gratitudine gli si bloccarono in gola. Alla fine, tutto ciò che riuscì a fare fu inchinarsi.

Poi dovette per forza chinarsi di nuovo nel SUV. "Non ci metterò molto."

D'istinto, senza esser cosciente di volerlo fare... Assail baciò Marisol sulla bocca.

Mia, pensò.

Costringendosi a riconcentrarsi, afferrò lo zaino, chiuse lo sportello del SUV e si allontanò. Ehric, benedetto Ehric, prestò particolare attenzione a voltare il veicolo in modo che i fari non illuminassero Benloise - e poi la Rover s'incamminò giù per il sentiero accidentato.

Oh, quanto desiderava che la strada fosse asfaltata. Voleva fosse una dannata autostrada con un limite di velocità di 120 km all'ora. O meglio ancora, che fossero giunti lì in elicottero.

Quando la luce dei fanalini di coda scomparve, tirò fuori dallo zaino un elmetto da minatore, lo indossò e accese la relativa luce. Poi andò da Benloise, afferrò il nastro adesivo che gli teneva le caviglie e lo trascinò sul terreno innevato fino alla porta d'ingresso.

Lasciandogli cadere le gambe, Assail tirò fuori la pistola e la puntò contro l'uomo.

"Giusto per assicurarmi che tu stia giù," esclamò lui.

Pop!

Benloise provò a raccogliere le ginocchia per proteggere l'addome - troppo tardi. Il proiettile era già entrato e stava comodamente espletando il suo compito, mentre dolorose e debilitanti ferite intestinali si prendevano dolcemente il loro tempo per raggiungere l'obiettivo desiderato.

Anche se Assail non aveva intenzione di far attendere a lungo la morte al bastardo.

Entrando nella casa, lui tenne l'arma sollevata e gli occhi vigili.

Ciò che trovò all'interno lo bloccò.

Affianco alla porta aperta, una mano umana giaceva per terra, come se avesse svolto il proprio compito e non fosse più di alcuna utilità. Il corpo a cui era stata attaccata era proprio là come se - no, quel cadavere aveva due mani... ma non la faccia.

Per cui c'era almeno un altro uomo morto all'interno.

Chiaramente la sua Marisol aveva lottato per la propria libertà come una indemoniata.

Camminando nell'open space non vide niente d'interessante o di valore - o qualcosa per trattenere un individuo. Ma nell'angolo più lontano, scorse una scalinata che scendeva a un livello inferiore.

Controllò di nuovo il suo prigioniero. Benloise continuava a contorcersi nella neve di fronte all'ingresso, gli occhi scuri aperti e batteva le palpebre in maniera discontinua, il labbro superiore tirato indietro, le capsule dentali in porcellana scintillanti nella luce circostante.

Meglio portarselo dietro.

Assail uscì e strattonò l'uomo, mettendolo in piedi. Quando Benloise non riuscì a stare dritto, gli ci volle un momento per trascinare all'interno gli scarsi sessantacinque chili. Poi, insieme, fecero una bella passeggiata verso la scala.

Giù nel sotterraneo, gli inutili piedi di Benloise rimbalzarono dietro di loro come palle.

Ed ecco il male.

Il piano inferiore era composto da un ampio spazio con tre celle e una parete dell'orrore. Una delle celle non era vuota. C'era un uomo dal volto e il collo martoriati che giaceva sulla schiena con lo sguardo fisso su ciò che si sperava fosse l'Inferno. Il braccio destro era stato tirato attraverso le sbarre di ferro e il moncherino insanguinato mostrava che era sua la mano a esser stata tagliata.

Per un istante, Assail sentì il suo cuore bruciare di arido orgoglio. Marisol era riuscita a liberarsi. Non importava quel che le avevano fatto, o quanto fossero minime le risorse in suo possesso: lei aveva trionfato sui suoi aguzzini non solo rimettendoli in riga, ma spedendoli nella tomba...

Fu in quel momento che capì di aver perso la testa per lei.

Era innamorato di questa donna - e di sicuro era una follia provare quei sentimenti nel bel mezzo di quella carneficina, ma al cuor non si comanda.

E quando Assail vide con gli occhi della mente la sua Marisol incatenata a quel pezzo di parete imbrattata, la sua rabbia raggiunse picchi di follia, una mandria di tori gli attraversò il corpo e le migliaia di zoccoli che lo colpirono lo condussero alla pazzia.

Si volse verso Benloise, snudò le zanne e soffiò come il vampiro che era -

Nonostante fosse stato colpito, il grossista di sostanze stupefacenti indietreggiò. "Madre de Dios!"

Assail si accovacciò, mettendosi davanti al volto dell'uomo. "È proprio così! Sono il tuo incubo!"

C'era soltanto una catena che pendeva dalla parete. L'altra si trovava sul pavimento della cella chiusa, il sangue che impregnava gli anelli della maglia dimostrava che era l'arma del delitto usata da Marisol.

E sarebbe stata usata di nuovo.

Assail si smaterializzò attraverso le sbarre e raccolse la catena appiccicosa che odorava di rame.

Oh, Marisol, cosa sarebbe accaduto se non fossi stata così coraggiosa!

Quando Assail si materializzò fuori alla cella, Benloise non era più il controllato uomo d'affari capace di gestire al massimo la situazione. A differenza dei cadaveri e del sangue o perfino della perdita del fratello e la minaccia alla propria vita - dinanzi ai quali era stato capace di autocontrollarsi - apprendere la vera identità di Assail l'aveva sconvolto.

Singhiozzando, piangendo e pregando, l'uomo perse il controllo della vescica, una pozza di urina si formò al di sotto del suo uccello rinsecchito sul pavimento di cemento.

Assail andò verso il muro e riattaccò la catena. Per fortuna non c'era sangue fresco sulla superficie imbrattata. Ce ne sarebbe stato, comunque.

Strattonandolo, Assail sollevò il corpo urlante, instabile e zuppo di urina di Benloise dal pavimento e strappò via con le zanne il nastro adesivo che stringeva i polsi dell'uomo e lo incatenò al muro come Cristo sulla croce, accorciando la lunghezza delle catene fino a che la cavità toracica divenne piatta.

Assail aprì lo zaino. Dando un'occhiata alla quantità di esplosivo che aveva portato con sé, era cosciente che era più che sufficiente a far saltare in aria l'edificio. Guardò Benloise. L'uomo stava piangendo senza ritegno e scuoteva la testa come se sperasse di risvegliarsi da un incubo.

"Ovvio che sei cosciente," disse Assail a denti stretti. "Tuttavia non per molto."

Assail ruotò su se stesso e guardò la cella, immaginò la sua Marisol là, terrorizzata... o peggio ancora.

Il cuore gli batté forte nel petto. Se avesse fatto saltare in aria quel posto... Benloise sarebbe stato morto e sepolto - probabilmente all'Inferno, ma non si poteva essere sicuri della vita dopo la morte fino a che non si tiravano le cuoia, quindi era molto più prudente sbagliare restando fermo sulla sofferenza in tempo reale.

Prima aveva intenzione di ammazzare il grossista. Poi piazzare gli esplosivi e farli deflagrare a distanza.

Ma quella morte non sarebbe stata neanche lontanamente equa. Marisol aveva sofferto -

Un ringhio gli vibrò nel petto... l'intero suo corpo si ribellava contro la possibilità di venir fregato dalla morte.

"No," disse a se stesso. "Meglio in questo modo."

Peccato che solo una parte di lui ci credesse.

Assail richiuse lo zaino e lo mise in spalla. Controllò prima una catena e poi l'altra, per sicurezza. Ovviamente, erano ben assicurate. Lo stesso per quanto riguardava i ceppi attorno ai polsi.

Con uno scatto, afferrò il mento di Benloise e lo costrinse ad alzare la testa.

Con un altro sibilo, lo morse alla carotide, ne staccò un pezzo e lo sputò a terra. Il sangue aveva un buon sapore nella sua bocca e i canini fremettero aspettandosene dell'altro. Ma non ne avrebbero avuto.

Quel morso era il simbolo di quello che un maschio veniva indotto a fare dall'istinto di protezione verso la sua femmina. E gli avrebbe strappato l'intero collo a morsi se lo stesso Benloise non fosse stato torturato.

Quando la sua preda articolò velocemente delle parole in quella lingua straniera, Assail combatté tra sé e sé la battaglia per lasciarla in vita. La crudeltà richiedeva autocontrollo in questa circostanza - e normalmente non rappresentava un problema.

Eppure nulla che includeva Marisol era normale.

Assail zittì l'uomo con un ceffone.

Piazzandogli il dito sotto il naso, ringhiò, "Lei non ti appartiene. Mi senti? Non è tua. È mia."

Prima di perdere definitivamente il controllo, lui si avviò verso le scale, lasciando le luci accese in modo che Benloise fosse completamente conscio di dove si trovasse: nella sua prigione con nient'altro che i resti dei suoi scagnozzi a tenergli compagnia.

Salendo i gradini due alla volta, Assail sapeva che c'era la possibilità che arrivasse qualcuno a liberare il grossista, ma era remota. Benloise era notoriamente riservato e, con Eduardo morto, le uniche persone a cui sarebbe mancato erano le guardie e il personale - e dato il modo sfuggente in cui l'uomo operava, ci sarebbe stato un ritardo prima che le truppe schierate ne discutessero e scoprissero che ogni individuo non era da molto fuori dal giro e che non c'era stato alcun contatto da parte del loro superiore con nessuno della squadra.

Dopo quello? Era una questione aperta se qualcuno di loro decidesse di mettersi alla ricerca del capo. Chi operava nel mondo clandestino tendeva a fuggire via senza lasciar tracce quando si trovava di fronte a complicazioni come quella - nessuno avrebbe rischiato di venire ammazzato oppure ammanettato dall'autorità umana solo per salvare la pelle di qualcun altro.

Benloise sarebbe morto lentamente, da solo.

E quando qualcuno avesse trovato i corpi nell'edificio? Quest'anno... il prossimo... dieci anni a partire da quel momento?

La copertura che Benloise aveva costruito stava per saltare in aria.

Al piano superiore, Assail gironzolò nell'open space. Trovò altri due telefoni, che spense, tolse loro le batterie e li mise in tasca. Lasciò le pistole e i proiettili, fece attenzione nel chiudere la porta e controllò se la serratura si fosse bloccata.

Lo fece.

Camminando attorno alla piccola struttura tarchiata, vide una cisterna di petrolio sul retro. Trovò il misuratore e notò che era piena solo per un quarto del suo volume. Dato il freddo che faceva a quell'altezza, ipotizzò che il combustibile sarebbe terminato in un giorno o due.

I corpi si sarebbero conservati in un ambiente relativamente fresco. Andava bene, così non si sarebbe sentita la puzza, non che se ne potesse avvertire molta, visto che c'erano solo delle piccole finestre al piano superiore ed erano tutte chiuse.

Stava per andarsene quando vide un'auto parcheggiata al lato.

La raggiunse, tolse la copertura mimetica e controllò una delle portiere. Chiusa.

Se l'avesse fatta saltare in aria, le fiammate avrebbero attratto l'attenzione e non era quel che voleva. Rimise l'incerata a posto.

Chiudendo gli occhi mentre si preparava a smaterializzarsi, vide la sua Marisol uscire da quella porta. E fu mentre rabbrividiva che divenne tutt'uno con l'aria della notte, spingendo le sue molecole verso sud, in una piazzola a poco più di trenta chilometri sulla Northway.

Riprese forma e chiamò il cellulare di Ehric.

Uno squillo. Due. Tre.

"Lei sta bene," lo salutò suo cugino. "Ha mangiato e ha bevuto. Ed è ansiosa di vederti."

Assail rabbrividì. "Perfetto. Sono sul luogo prestabilito."

"Hai sistemato tutte le tue faccende?"

"Ovviamente. C'è qualcuno che vi segue?"

"Nessuno, né davanti né dietro, e siamo a tre chilometri da te."

"Aspetto qui."

Chiuse la comunicazione e fissò il suo cellulare. Il primo istinto era quello di portare Marisol a casa sua, ma lei aveva bisogno di cure mediche - e di sicuro avrebbe voluto ripulirsi e vestirsi prima d'incontrare sua nonna.

La chiamata successiva di Assail la fece a casa sua e quando una voce femminile pesantemente accentata rispose, si ritrovò a dover sbattere le palpebre per scacciare le lacrime.

"Signora," disse con voce cupa. "Lei -"

"Non morta," gemette l'anziana signora. "Meu Deus, dimmi che -"

"È viva. È con me."

"Cosa? Dillo di nuovo, per favore."

"È viva." Anche se non era sicuro che ci fosse un e sta bene. "Lei è viva ed è sotto la mia custodia."

Si sentirono parole agitate in madre lingua. E anche se Assail non ne conosceva nessuna, il significato non solo era chiaro, lui era completamente d'accordo.

Grazie, Vergine Scriba, pensò, anche se non era credente.

"Siamo lontani da Caldwell," disse alla donna. "Potremmo non farcela a tornare prima dell'alba, nel qual caso torneremo a casa dopo il tramonto."  

"Posso... parlare con lei?"

"Naturalmente, signora." Davanti, una coppia di fari risalì un dosso e lo discese dirigendosi verso lui, vicinissimo alla rampa d'uscita. "Solo un momento e gliela passo."

La Range Rover andò direttamente da lui, i fanalini posteriori s'illuminarono mentre Ehric rallentava.

"Eccola qui, signora," esclamò lui, aprendo lo sportello posteriore.

Marisol era avvolta nel sacco a pelo e il colorito era decisamente migliorato - almeno fino a che non lo vide e il lieve rossore che le aveva colorato le guance scomparve all'istante.

Mentre Assail combatteva con la confusione, Ehric si volse indietro, lo guardò - e indietreggiò. Con un veloce cerchio, indicò il volto di Assail.

Oh, merda. Doveva avere sangue tutto attorno alla bocca.

"È tua nonna," sbottò lui, spingendo il cellulare nelle mani di Marisol.

Di sicuro quello funzionò a spostare l'attenzione della femmina - e quando lei si allungò come se lui le avesse offerto un'ancora di salvataggio, lui chiuse la portiera.

Voltandosi, corse a rotta di collo fino all'edificio pubblico alle sue spalle, trovò il bagno degli uomini ed entrò, superando la fila di orinatoi e i gabinetti.

Arrivato a uno dei lavandini, si guardò nel pannello d'acciaio che fungeva da specchio.

"Cazzo."

Era un qualcosa che nessuna femmina avrebbe voluto vedere, specialmente dopo essere stata soggetta a sequestro: la sua faccia era tutta coperta di sangue, la mandibola e le labbra imbrattate - e le sue zanne... se ne scorgevano le punte.
Sperando che avesse reagito in quel modo alla vista del sangue rappreso sul suo viso.

Abbassandosi, aprì l'acqua e mise le mani a coppa, ma i rubinetti erano del tipo che bisognava tenere premuto affinché l'acqua uscisse. Il procedimento durò più del previsto, riempì una sola mano e la portò al suo viso più e più volte. E poi non trovò niente con cui potersi asciugare.

Passò la mano sui suoi lineamenti e si sistemò i capelli, che grazie a Paul Mitchell serbavano una parvenza di fascino -

Stava sul serio cercando di migliorare il suo look in quella situazione? Che ridicolo!

Mentre tornava alla Range Rover,  sapeva di dover fare una terza telefonata quando Marisol e la nonna avessero terminato: la sua donna aveva bisogno di cure mediche.

Anche se... dove doveva portarla? Nel Vecchio Continente non c'erano stati medici della razza disponibili per lui e i suoi cugini. Tuttavia, fortunatamente, lui e i suoi parenti avevano potuto fare affidamento su un umano o due che se n'erano andati dopo ore e senza fare domande.

Ma non si era accordato con nessuno nel Nuovo Continente.

Di conseguenza, c'era soltanto una persona che poteva contattare - e sarebbe stata la soluzione migliore sotto ogni punto di vista.


Marisol meritava il meglio. E lui non si sarebbe accontentato di nulla di meno.

12 commenti:

  1. Grazie Kristiana, e' stato un brutto agosto senza te!

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  2. Grazie anche da parte mia Chris - finalmente the King e che puntatona - Assail grande - bentornata e bacioni - Adele

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  3. Grazie per il capitolo, attendo con ansia il prossimo

    Chiara

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  4. Grazie mille a voi, sempre pronte a seguirmi. Bel capitolo, vero? Ora cominciate a capire la mia predilezione verso questa coppia?

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  5. finalmente era ora grazie grazie christiana ti aspetto con ansia il prossimo mercoledì puoi sapere quando sarà pubblicato in italia ciao tvb.

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  6. Grazieeee ok ora so cosa farmi regalare per il compleanno ��il libro esce tra il 15 e il 20 settembre

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    1. Grazie a te, Laura. Sì, parrebbe che Mondolibri lo dia in uscita in quei giorni. Speriamo!!!

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  7. ma scusate 15/20 settembre esce da mondolibri the king?

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  8. quando uscirà x la rizzoli visto che ho preso sempre la collana rizzoli ciao

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