mercoledì 9 luglio 2014

Capitolo 14 di THE KING di J.R. Ward


The King


14


Il Commodore era probabilmente il posto giusto in cui vivere nel centro di Caldwell. Alta più di venti piani, la struttura condominiale si affacciava sul fiume Hudson ed era divisa in ampi appartamenti cubici con una gran quantità di metri quadri calpestabili così come le cucine e i bagni all'avanguardia. Le vetrate a tutt'altezza indicavano che la vista in tutte e quattro le direzioni era decorativa al pari di tutto ciò che i proprietari includevano nel mobilio e le suppellettili, e si vociferava che le celebrità, quando volevano staccare e prendersi una pausa da Manhattan, li usavano come protezioni.

A tal proposito, c'era perfino una pista d'atterraggio per elicotteri sul tetto.

iAm scese al diciottesimo piano e svoltò a destra. Dopo poco più di trenta metri, si fermò di fronte a una porta che recava il numero 18A e aprì la serratura in rame che lui e suo fratello avevano insistito per installare prima che si trasferissero là cinque anni prima.

Camminando nell'appartamento di oltre duecentocinquanta metri quadri, le sue Merrells non fecero alcun rumore nonostante sul pavimento incerato non vi fossero tappeti e l'arredamento moderno fosse ridotto al minimo non solo in termini di stile, ma di quantità.

Dannazione... quella vista era ancora stupenda. Specialmente in quella condizione, di notte e con le luci spente all'interno. La città aveva indossato la sua facciata notturna, con tutto quello scintillio, dal mosaico delle luci dei grattacieli alle arcate doppie dei ponti gemelli, dalle scie dei fanali posteriori rossi ai fari bianchi che si muovevano lungo la riva in basso.

Era così facile dimenticare che il cuore di Caldie era un posto sporco, con molta più povertà che ricchezza - se non di più. Lassù, isolati dalla realtà, con il lamento delle sirene spiegate e il puzzo dell'immondizia rimossi da tempo, si era tentati a credere nella versione ripulita di una provincia dello stato di New York.

Ma lui non era uno stupido.

Lungo il tragitto, incontrò dei pannelli scorrevoli in vetro che conducevano fuori al terrazzo, e dopo aver acceso le luci, ne aprì uno, una folata fredda corse all'interno e ne smosse l'aria statica. Il suo visitatore non sarebbe arrivato comunque prima di un'ora, ma lui voleva assicurarsi che il luogo apparisse abitato. Tornando indietro nell'ampia cucina, creò un po' di disordine discreto tirando fuori una coppia di piatti già puliti dalla rastrelliera sul lavandino e insudiciando il tavolo con... vediamo... un cucchiaio o due. Un sacchetto mezzo mangiato di patatine Cape Cod ormai stantio. Un numero della rivista GQ che lasciò aperto alla pagina con una giacca che sarebbe piaciuta a Trez.

E avviò la macchina per il caffè.

Lui e suo fratello non avevano alcuna intenzione di tornare lì, ma doveva far sì che il posto sembrasse abitato, perché era importante che la s'Hisbe non pensasse che se n'erano andati. Una squadra di ricerca a Caldwell non sarebbe stata un valore aggiunto. Specialmente se, in qualche modo, fosse finita a fare visita alla magione della Confraternita -

iAm si voltò verso la porta a vetri. Fuori, sul terrazzo, una figura si era materializzata nella notte scura come uno spettro, la sua tunica battuta dal vento gelido che correva verso la parete scivolosa del palazzo.

"Benvenuto," disse iAm con tono piatto al Gran Sacerdote. "Sei in anticipo."

Okay, chi di loro due aveva perso la cognizione del tempo?

La figura attraversò la porta, camminando con in un modo così leggero e controllato che avrebbe potuto giurare che era su un cuscinetto a mezz'aria.

"Sono invitato a entrare?" esclamò una voce secca.

Il cuore di iAm perse un battito.

Cazzo, quello non era il Gran Sacerdote.

Con quella tunica che lo copriva dalla testa ai piedi, lui aveva creduto di sapere di chi si trattasse.

Questo qui era peggio. Molto peggio.

Il cappuccio del boia avrebbe dovuto dargli una dritta.

"Beh, sono io, iAm."

Praticamente si poteva avvertire il sorriso malvagio. "È un'allitterazione."
(La figura si riferisce alla ripetizione della parola I Am. In originale: "Well, am I, iAm", che ho tradotto con: "Beh, sono io, iAm".)

"Già, entra pure," disse iAm, mettendo con calma una mano sotto la giacca. Con un colpetto, aprì la fondina sul calcio della sua Glock. "Non mi sarei mai aspettato di vederti in casa mia."

"Interessante. Non credevo fossi così ingenuo." Il maschio dovette abbassarsi per entrare. "E non è anche la casa di tuo fratello?"

Cristo, tutto quello che iAm riusciva a pensare era La Morte.

E poi, s'Ex, come sicario della regina delle Ombre, aveva ucciso abbastanza creature da riempire un cimitero o due. E il suo corpo era costruito in modo da dispensare la morte. Era alto oltre due metri e dieci centimetri e pesava più di centotrenta chili - almeno. E quella voce che veniva al di sotto del cappuccio? Era pure male.

"Ho sentito dire che non hai mai lasciato entrare AnsLai," disse lui, avvicinandosi al pannello scorrevole. "Sono commosso."

"Lascia perdere. Al momento attuale, il Gran Sacerdote pensa che questo posto sia troppo contaminato dai nostri contatti con gli umani. Caffè?"

"Come se fosse un appuntamento?" A differenza del Gran Sacerdote, s'Ex non aveva alcuna pazienza nei confronti delle regole di corte o delle formalità che si osservavano tra i membri della s'Hisbe. E poi, la regnante suprema non se lo teneva al suo fianco come un ciondolo. "E sì, perché no. Mi piace l'idea di te che mi aspetti."

iAm strinse i molari, ma non avrebbe perso la calma. La s'Hisbe aveva alzato la posta di parecchio mandando questo tizio al posto del Gran Sacerdote, per cui le cose stavano già partendo col piede sbagliato.

Aggirando il bancone in granito, prese due tazze dalla credenza con  lo sportello in vetro e sperò che il bastardo non gradisse del latte nella sua. Mentre attendeva che la macchina per il caffè gorgogliasse e terminasse il ciclo con un sibilo, l'ultima cosa che si aspettava era che si avvicinasse e prendesse posto su uno sgabello - normalmente un assassino avrebbe fatto un sopralluogo.

Sfortunatamente, questo stava a significare, con ogni probabilità, che già lo aveva fatto.

"Così tu e tuo fratello siete stati occupati ultimamente." s'Ex appoggiò le sue massicce braccia sul ripiano e si allungò. "Beh, allora?"

"Ti spiace toglierti quel vestito?" iAm fissò lo sguardo su quella maglia che ricopriva quel viso. "Voglio vedere i tuoi occhi."

"Che romantico!"

"Neanche lontanamente."

"Sai, non avrai più una gamba a cui appoggiarti quando inizieranno le domande."

"Detesti portare quel maledetto cappuccio. Non negarlo."

"A differenza di altre persone, svolgere il mio compito non mi fa rodere il culo."

"Stronzate."

La breve pausa che seguì gli disse che stava per superare il limite. Ma non ancora.

"Il caffè è pronto. Ti spiace portarmi il mio?"

iAm si voltò in modo da non mostrare la mandibola stretta. "Zucchero?"

"Sono dolce quanto il caffè."

Già. Giusto.

iAm portò entrambe le tazze. "Se ti piace macchiato, non sei fortunato. Mi spiace."

s'Ex si mostrò con un veloce scatto del copricapo - a scapito del fatto che quell'affare doveva pesare almeno tredici chili.

E sì, al di sotto lui era esattamente come lo ricordava iAm. Oscuro, dalla pelle scura. Scaltri occhi neri. Testa con due simboli cerimoniali rasati. Tatuaggi bianchi che scendevano dalla gola e continuavano lungo ogni centimetro di pelle.

E per la cronaca, quei tatuaggi non erano fatti con l'inchiostro. Era veleno, inserito in modo tale che quando il derma sarebbe morto, avrebbe "perso colore." La maggior parte dei maschi, per provare la loro virilità, ne avevano fatto uno piccolo sul braccio - ed erano stati male per giorni. Nessuno, ma proprio nessuno era riuscito a fare ciò che s'Ex aveva fatto.

Il bastardo era un mostro. Specialmente mentre sorrideva - per qualche ragione, molto probabilmente a causa dell'eccesso di testosterone, le sue zanne erano state sempre totalmente esposte.

"Felice adesso?" disse, strascicando le parole.

"Non è la parola che avrei usato." iAm prese un sorso dalla propria tazza. "Allora, a cosa devo l'onore?"

O meglio a cosa devo un calcio nelle palle, era più adatto.

s'Ex fece un piccolo sorriso - che era decisamente peggio di una risata a trentadue denti. "Così tu e tuo fratello siete stati occupati ultimamente."

"Lo hai già detto."

"Sono già venuto un paio di volte. Niente di speciale - solo un giretto al volo o due. Ultimamente non siete venuti qui. Occupati con le femmine?"

"Col lavoro."

"Notte e giorno, allora. Cavolo... avete problemi di grana? Serve un prestito?"

"Non da te. Posso pagare gli interessi."

"Giustissimo." Quegli occhi neri si strinsero in quelli di iAm. "Quindi dove stai?"

"In giro. Adesso qui, ovviamente."

"Credo che non vivi più qui."

"Come mai sei seduto su qualcosa che mi appartiene, allora?"

"Scommetto che se andassi nella tua stanza troverei l'armadio vuoto."

"E io penso che irrompere ed entrare in una casa fa parte dei tuoi 'giretti al volo' - a meno che tu non abbia cambiato modo di agire."

s'Ex si spostò indietro e incrociò le braccia sotto la tunica. "Ora, quanto sarei maleducato se facessi qualcosa tipo entrare qui dentro per annusare in giro? Sarebbe impensabile."

"Stai dicendo che non l'hai fatto?" iAm alzò gli occhi al cielo. "Andiamo."

"No. Oppure potrei mentire. Una cosa tipo il fatto che non vivete più qui."

"Forse sei semplicemente venuto mentre noi non c'eravamo."

"Okay, analizziamo stasera. Perché indossi il cappotto? Perché i cucchiai sono su quel ripiano pulito? Oh, e la rivista? È del mese scorso. Tuttavia è stata aperta come se la stessi 'leggendo'." Usò anche l'ironia. "E un sacchetto già aperto di patatine non riempie una dispensa."

Maledizione. "La rivista GQ non è merce di contrabbando nel Territorio?"

s'Ex sorrise di nuovo. "A Sua Altezza Reale piace rendermi felice. Che posso dire!"

O quello o la regina aveva paura di questo tizio.

iAm socchiuse le palpebre. "Parlami."

"Credevo di farlo. Oppure stavamo usando il linguaggio dei segni e me lo sono perso?"

Poi il sicario divenne serio, aggrottando la fronte si chinò verso la tazza e restò immobile.

E più a lungo durava il silenzio, più le cose si facevano strane. s'Ex non era uno che sprecava tempo e non aveva pazienza - di solito, quello stronzo era decisivo quanto una motosega.

iAm attese per due motivi: primo, quale altra scelta aveva? E secondo, era abituato a farlo.

Grazie alla merda di Trez, aveva conseguito un master in non-c'è-nulla-che-possa-fare.

Gli occhi di s'Ex tornarono su lui. "Il Gran Sacerdote sta venendo a dirvi che il tempo a disposizione di Trez è terminato. La regina vuole ciò che le è stato promesso e sua figlia è pronta a riceverlo. Ogni ritardo da questo punto in avanti  avrà delle ripercussioni incalcolabili. Per cui, nessuna bugia, se hai la possibilità di non far sgarrare tuo fratello, falla. Ora."

"Lei ti ha mandato qui per ucciderlo, non è vero?" disse iAm duramente.

L'assassino scosse la testa. "Non ancora. Comincerò dai vostri genitori. Per prima vostra madre. Poi vostro padre. E non sarà una cosa carina." Lo sguardo del maschio non tentennò mai. "Mi è stato ordinato di legarla e raderle la testa prima - poi stuprarla e infliggerle dei tagli in modo che sanguini lentamente. Vostro padre assisterà a ogni passaggio e quando toccherà a lui, sarà peggio ancora. Se li onori in un qualsiasi modo, parla con tuo fratello. Portalo nel Territorio. Fagli fare la cosa giusta. Lei non si fermerà fino a che non lo avrà ottenuto - e giusto per esser chiari, non esiterò un istante a fare il mio lavoro."

iAm strinse le mani sul ripiano di granito e allungò le braccia. La situazione coi loro genitori era... complicata, per usare un termine di Facebook. Ma questo non significava che li volesse morti e/o dissacrati.

Quando s'Ex si alzò in piedi e lasciò scivolare il cappuccio da boia oltre la spalla, iAm sentì la propria voce dire, "Non hai toccato il tuo caffè."

"Potresti averlo avvelenato." Il sicario strinse le spalle. "Non mi fido di nessuno - mi spiace."

"Intelligente." iAm valutò il maschio. "Dopotutto, sei un vero professionista."

"E ho la mia reputazione per un buon motivo, iAm."

"Lo so." Imprecò tra i denti. "Sono cosciente del tuo lavoro."

"Non tirare la corda. Non avevo genitori, e li avrei voluti. Non sono impaziente di farlo."

"Dannazione, non dipende da me." iAm strinse i pugni. "E non so se a Trez possa importare, per essere onesti. Li odia."

s'Ex scosse la testa. "Non è una buona notizia. Per entrambi."

"Perché diamine non può scegliere qualcun altro?"

"Non è la domanda che porrei se fossi in te." s'Ex si guardò intorno. "A proposito, bel posticino. Proprio il mio stile - e mi sono goduto la vista quando sono stato qui."

iAm strinse gli occhi allo strano tono di quella voce curiosa. Figlio di puttana... "Lo vuoi, non è vero?"

"Cosa? Come qualcuno può volere qualcosa all'infuori del Territorio. Essere liberi di vivere la propria vita." Improvvisamente, il volto di s'Ex si trasformò in una maschera. "Non so di cosa stai parlando."

L'assassino si voltò e tornò verso il pannello scorrevole della finestra. Mentre si muoveva, la tunica ondeggiava dietro di lui, il corpo si muoveva con la grazia di un predatore.

"s'Ex."

Il maschio guardò oltre la sua spalla. "Sì?"

iAm allungò il braccio e prese il caffè che aveva preparato al suo ospite. Sollevandolo alle labbra, bevve a lungo e profondamente, terminando quella merda come se fosse roba fantastica mentre scendeva bruciandogli l'addome.

Quando poggio la tazza vuota, l'assassino s'inchinò. "Hai più onore di tutti, iAm. Ed ecco perché sono venuto da te. Al momento mi piaci - non che questo ti aiuterà ulteriormente stasera."

"Lo apprezzo."

Il sicario si guardò intorno, come se stesse conservando dai ricordi da gustare in seguito. "Una volta tornato alla s'Hisbe, farò il possibile per rallentare le cose, ma è tutto nelle tue mani. Tuo fratello può essere quello col cappio al collo - ma sei tu che devi portarlo dove deve andare."

"Non è pulito, sai."

"In che senso?"

"Ha scopato con le umane. Con un sacco di umane."

s'Ex chinò la testa all'indietro e rise. "Lo spero bene, dannazione. Io lo farei, se fossi fuori."

"Scommetto che alla tua regina non piacerebbe."

"Lei è quella che comanda - e non mi giocherei questa carta se fossi in te." s'Ex gli puntò contro l'indice a distanza. "Lo farebbe purificare, e se riuscisse a sopravvivere - che non è una conclusione scontata - non sarebbe mai più lo stesso. Devi chiudere la tua cazzo di bocca sulla sua vita amorosa, fidati di me. Oh, e AnsLai non sa che sono venuto. Teniamo questo piccolo segreto tra noi, va bene?"

Dopo che l'assassino fu uscito e scomparve nell'aria fine, iAm andò avanti e chiuse la porta. Poi andò direttamente al mobile bar alla fine del grande open space e si versò un bourbon.

Era come se la carta pescata da Trez esci-di-prigione-senza-pagare avesse un buco: la sua dipendenza dal sesso non sarebbe stata il deterrente che loro speravano fosse.

Fantastico.

E se s'Ex non si fosse presentato a dirgli di tenere tutto quello scopare nascosto? Dio solo sapeva cosa sarebbe accaduto.

Non aveva mai sentito parlare della purificazione, ma poteva immaginare.

Una cosa era certa: non avrebbe mai pensato, nemmeno in un milione di anni, di dovere qualcosa a un boia dal cuore di ghiaccio. Poi, sembrava che Trez non fosse l'unico recalcitrante alle restrizioni del Territorio.


La questione era... cosa fare adesso? E aveva a malapena dieci minuti per raccapezzarsi in quella merda prima che il Gran Sacerdote si presentasse. 

7 commenti:

  1. Grazie Christiane......il tuo nome e' così da dove ti seguo....e continuo a pensare....che fai veramente paura per come traduci!

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  2. Grazie a entrambe. Oddio, addirittura paura? Non è nulla di speciale!!! Dov'è che mi segui, visto che non è Christiane ma Christiana??? :D

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    1. Ti seguo dalla Germania....e non è vero che non è nulla di speciale....perché riuscire a tradurre emozioni non è mai facile. Grazie, B.

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    2. Quanto hai ragione, già è difficilissimo spiegare a parole i nostri sentimenti, figuriamoci scriverli

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  3. Grazie Christiana e brava come sempre - un bacio Adele

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  4. Grazie Christiana. Sei bravissima come sempre. Susanna

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