The King
9
Era una brutta emicrania.
Quando iAm aprì la porta della
camera di suo fratello, la sofferenza del povero bastardo impregnava l'aria,
rendendo difficile respirare - e anche vedere correttamente.
"Trez?"
Il gemito in risposta non suonava
bene, era una combinazione tra il verso di un animale ferito e una gola
dolorante dopo aver rimesso. iAm sollevò il polso nel fascio di luce alle sue
spalle e imprecò verso il Piaget. Ormai il figlio di puttana avrebbe dovuto
essere in netta ripresa, il corpo riemerso dal buco in cui il mal di testa
l'aveva inghiottito.
Non in questo caso.
"Vuoi qualcosa per lo
stomaco?"
Borbottio,
borbottio, gemito, borbottio?
"Okay, sono sicuro che ne
abbiano un po'."
Borbottio,
lamento, lamento. Brontolio, brontolio.
"Sì, anche quello. Vuoi dei
biscotti Milano?"
Llllllllllllllllllllamento.
"Affermativo."
iAm chiuse la porta e scese le
scale che lo portarono nella giuntura
tra la galleria delle statue e il foyer del secondo piano. Al pari del resto
della casa, tutto era silenzioso come una tomba, ma quando mise il primo piede
sulla scalinata principale, il suo naso da chef colse i sottili odori del Primo Pasto che veniva
preparato nell'ala delle cucine.
Più si avvicinava al territorio dei
doggen, più il suo stomaco
borbottava. Logico. Dopo aver preparato il sugo alla bolognese, aveva
controllato suo fratello e poi aveva trascorso ore in palestra.
Dove aveva visto tanto di più
rispetto alla sala pesi.
L'ultima cosa con cui avrebbe mai
pensato di fare i conti era provare a togliere di dosso a quella guerriera il
Re. Era stato costretto a interrompere l'allenamento quando aveva sentito
urlare qualcuno ed era andato a controllare - al che aveva trovato, beh, il Re
avvinghiato a quella femmina.
Inutile dire che provava un
rinnovato rispetto per il vampiro cieco. C'erano davvero poche cose che iAm non
era stato in grado di spostare nella sua vita adulta. Aveva cambiato una gomma
come se stesse usando una chiave per pneumatici. Era stato visto spostare
pentole piene di salsa grandi come lavabiancheria per tutta la cucina. Diavolo,
aveva anche riposizionato una lavatrice e un'asciugatrice senza pensarci
troppo.
E poi aveva dovuto togliere quel
furgone da dosso al fratello due anni prima.
Un altro esempio di come la vita
amorosa di Trez fosse fuori controllo.
Ma giù nel centro d'addestramento
con Wrath? Non c'era stato modo di spostare quello stronzo. Il Re teneva la
presa come un bulldog - e l'espressione sulla sua faccia? Nessuna emozione, né
una smorfia né uno sforzo. E quel corpo - brutalmente forte.
iAm scosse la testa mentre
attraversava la sala con l'albero di melo in fioritura.
Provare a spostare Wrath era stato
come spingere un macigno. Non si era mosso per niente.
Quel canide però ce l'aveva fatta.
Grazie a Dio.
Di solito ad iAm non piacevano gli animali in casa - e di
sicuro non era un tipo da cani. Erano troppo grossi, troppo dipendenti, la
perdita di pelo. Ma adesso rispettava quel golden qualunque cosa fosse -
Meeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeooooooooowwwwwwwwwwww.
"Cazzo!"
Quando si parla del diavolo. Quando il gatto nero della Regina si strusciò tra i suoi piedi, iAm fu costretto a
imitare Michael Jackson per evitare di pestarlo.
"Dannazione, gatto!"
Il felino lo seguì in cucina,
sempre attorcigliandosi alle caviglie - quasi come se sapesse che lui stava
pensando alla prestazione del cane e il gatto volesse determinare il proprio
dominio.
Solo che i gatti non potevano
leggere nel pensiero, naturalmente.
Si fermò a guardare quella cosa.
"Che diavolo vuoi."
Non proprio una domanda, e a lui
non importava dare al felino una possibilità di risposta.
Una zampa nera si sollevò e poi...
Nell'istante successivo, il
maledetto gatto gli saltò in braccio, girandosi sulla schiena... e facendo le
fusa come una Ferrari.
"Vuoi scherzare,"
borbottò. "Non mi piaci. Maledizione."
"Padrone, cosa posso fare per
te?"
Quando Fritz, l'antico doggen maggiordomo, sollevò il viso
grande quanto un manifesto, iAm si prese un momento per riconnettersi con la
sua isola felice. Che, sfortunatamente, somigliava molto al film Saw - parti del corpo degli altri erano
ovunque.
Ma era solo una fantasia indotta
dallo stress. Ad esempio, ricordava che mooooolto tempo prima, non si lagnava
di tutto e tutti. Sul serio. Era vero.
Zampa, zampa, zampa. Sulla sua camicia.
"E che cazzo." Cedette e
massaggiò il pancino nero. "E no, non ho bisogno di niente."
Le fusa si fecero così forti che
dovette allungarsi verso il maggiordomo. "Cosa hai detto?"
"Che sono felice di procurati
qualunque cosa di cui hai bisogno."
"Sì. Lo so. Ma mi occuperò io
di mio fratello. Nessun altro. Sono stato chiaro?"
Ora il gatto stava strofinando la
testa contro i suoi pettorali. Poi si allungò con impazienza.
Oh, Dio, questa era brutta -
specialmente quando il viso già cadente del maggiordomo si afflosciò fino alle
ginocchia nodose.
"Ah, merda, Fritz -"
"È malato?"
iAm chiuse velocemente gli occhi quando
riconobbe la voce della femmina. Fantastico. Un'altra fazione d'ascoltare.
"Sta bene," disse iAm
senza guardare l'Eletta Selena.
Lasciandosi chi dava consigli non
richiesti alle spalle, si diresse alla dispensa col gatto scroccone e...
Giusto. Come avrebbe trasferito
tutto quel carico di razioni da post emicrania dagli scaffali con le braccia
impegnate da -
Qual era il suo nome?
Bene. Sarebbe stato Maledetto
Gatto, allora.
Abbassando lo sguardo verso quegli
enormi occhi appagati, iAm strinse le labbra mentre lo accarezzava sotto il
mento. Dietro un orecchio.
"Okay, adesso basta
così." Si mise a giocare con una zampa. "Ora ti metto a terra."
Riprendendo il controllo, spostò il
gatto dalla sua posizione supina e provò a metterlo a terra -
In qualche modo, l'animale riuscì
ad aggrapparsi con gli artigli alle fibre del suo maglione di lana e restò
appeso davanti a lui come una cravatta.
"Vuoi scherzare."
Ci furono altre fusa. Un solo
battito di ciglia su quegli occhi luminosi. Un'espressione di possesso che fece
intuire ad iAm che quella interazione sarebbe andata come voleva il gatto - e
come nessun altro.
"Forse posso essere
d'aiuto?" chiese Selena dolcemente.
iAm borbottò un'imprecazione e
fissò il gatto. Quindi toccava all'Eletta. Ma smettere di provare a togliergli
il maglione? Maledetto Gatto ci era appiccicato sopra.
"Mi servono quei biscotti
Milano là sopra." L'Eletta si allungò e prese un sacchetto della
Pepperidge Farm dal reparto stuzzichini. "E avrà bisogno di alcune di
quelle tortilla."
"Semplici o al gusto lime?"
"Semplici." iAm rinunciò
completamente e riprese a coccolare Maledetto - e subito il gatto si sdraiò
come iAm fosse una poltrona o un divano della La-Z-Boy.
"Vorrà anche una di quelle
torte della Entenmann. E gli porteremo anche tre coche ghiacciate, due
bottiglie grandi di Poland Spring a temperatura ambiente e una pernice su un
pero."
(iAm cita la Christmas Carol
"I dodici giorni di Natale", una canzoncina che parla di doni in
maniera esponenziale, partendo dal
numero 1 fino ad arrivare a 12 regali, questo per intendere quante cose gli
stanno portando.)
Dopo uno dei suoi mal di testa,
Trez desiderava idratazione, glucosio e caffeina. Aveva senso. Stare dodici ore
senza cibo non era una buona notizia. E poi c'era tutto quel vomitare con cui
aveva dovuto confrontarsi.
Cinque minuti dopo, lui, l'Eletta e
Maledetto Gatto si diressero al terzo piano. E iAm riuscì almeno ad aiutare
portando le lunghe bottiglie d'acqua sotto le ascelle. Fritz aveva anche
fornito una di quelle borse con maniglie della Whole Foods per trasportare il
resto.
Cristo, avrebbe preferito mille
volte fare quel tragitto da solo.
"Gli piaci moltissimo,"
commentò la femmina mentre salivano le scale.
"È mio fratello. Sarebbe meglio che lo facesse."
"Oh, no - intendevo il gatto.
Boo ti adora."
"Il sentimento non è reciproco."
iAm aveva voglia di sbattere in
faccia alla femmina un "Ci penso io" quando arrivarono alla porta
della camera da letto - ma Maledetto non aveva alcuna intenzione di andarsene
da qualche altra parte.
E così l'Eletta Selena sarebbe
finita direttamente nel letto di Trez.
Proprio la situazione di cui non
aveva bisogno.
Grazie mille, gatto.
Quando la porta si spalancò, la
luce penetrò all'interno e, come la fortuna aveva voluto, quella merda illuminò
Trez mentre quella grossa, brutta prominenza si mostrava.
Qualcuno aveva percepito l'odore
della femmina.
Oh, porca puttana.
E perché cazzo quello stronzo non
poteva apparire al peggio? Suo fratello avrebbe dovuto somigliare a una
schifosa carogna di animale dopo quel che aveva passato durante il giorno.
"Dove lo metto?" chiese
l'Eletta a uno di loro o a entrambi.
"Sul ripiano," mormorò
iAm. Era il punto più lontano dal letto -
"Lasciaci soli," esclamò
con un grugnito il paziente.
Okay, grazie a Dio Trez si stava
finalmente riprendendo. L'Eletta poteva riprendere le sue faccende e lui e suo
fratello potevano tentare di nuovo la storia del pentimento...
iAm si rese conto che nessuno si
muoveva. Eppure Trez era ancora sollevato e l'Eletta era immobile come un cervo
dinanzi ai fari di un auto. E entrambi guardavano lui.
"Cosa c'è?" disse.
Quando infine comprese, iAm strinse
gli occhi fissando il fratello. "Dici sul serio?"
"Lasciaci soli," si
limitò a ripetere il bastardo.
Maledetto Gatto smise di fare le
fusa tra le sue braccia, come se l'animale avesse capito che nella stanza c'era
una pessima atmosfera.
Ma la questione era che non potevi
trattare con gli stupidi - e iAm si era stufato di tentare, era pronto a
gettare la spugna.
Voltandosi verso l'Eletta, disse a
bassa voce, "Stai attenta."
Per concludere, portò Maledetto e
il suo culo triste fuori da quella stanza.
Era senza dubbio la cosa migliore.
Nei confronti del fratello si sentiva come si era sentito con Wrath, e non ne
sarebbe venuto fuori niente di buono.
Avviandosi verso le scale, fece il
percorso a ritroso. Di tanto in tanto, allungò la mano verso l'animale tra le
sue braccia, accarezzandogli con gesti circolari il mento con la punta delle
dita. Una volta tornato in cucina, che era gremita dal personale di turno,
decise che era giunto il momento di riunirsi nuovamente alla sua ombra.
"Fritz."
Il maggiordomo lasciò perdere
all'istante le cruditè che stava preparando. "Sì, Padrone! Desidero essere di aiuto."
"Prendi questo." iAm si
tolse il gatto di dosso, divincolando entrambi gli artigli anteriori dal
maglione. "E fai tutto ciò che va fatto."
Quando si voltò, sentì il bisogno
di girarsi a guardare e assicurarsi che Maledetto stesse bene. Ma perché cazzo
avrebbe dovuto farlo?
Doveva tornare da Sal e controllare
il suo personale. Di solito andava al ristorante nel primo pomeriggio, ma
niente era stato come "al solito", con quella merda di emicrania. Ogni volta che
suo fratello ne aveva una, entrambi soffrivano di mal di testa. E ora col
veloce recupero di Trez che senza alcun dubbio se la sarebbe spassata con quell'Eletta,
era giunto il momento di tornare sui suoi passi.
Se solo fosse riuscito a evitare di
uscire fuori di testa.
Gesù Cristo, Trez stava per scopare
con quella femmina. E solo Dio sapeva dove quel gesto li avrebbe condotti
tutti.
Appena raggiunse l'uscita, chiamò
da sopra la sua spalla, "Fritz."
Attraverso il baccano della
preparazione del Primo Pasto, il doggen
rispose, "Sì, Padrone?"
"Non ho mai visto del pesce
qui. Perché?"
"Il Re non lo gradisce."
"Permette di averlo in
casa?"
"Oh, certamente, Padrone. Solo
non al suo tavolo e di sicuro mai nel suo piatto."
iAm fissò i pannelli della porta di
fronte a lui. "Voglio che mi procuri del salmone fresco lo metti a
bollire. Stasera."
"Naturalmente. Non sarà pronto
prima del Primo Pasto per te -"
"Non per me. Io odio il pesce.
È per Maledetto Gatto. Voglio che glielo serviate regolarmente." Aprì la
porta. "E dategli anche della verdura fresca. Cosa mangia?"
"Soltanto il meglio. Una dieta
a base di cibo della Hill's Science."
"Scopri cosa c'è in quelle
scatolette - e voglio che tutto venga preparato a mano. Niente più ingredienti segreti
per lui d'ora in avanti."
L'approvazione sbocciò nella voce
del vecchio doggen: "Sono certo
che Padrone Boo apprezzerà il vostro interesse speciale."
"Non mi interessa quella palla
di pelo."
Completamente irritato con se
stesso e con chiunque altro sul pianeta, uscì a passo di marcia non solo dalla
cucina, ma dalla magione. Bel tempismo. Il sole era già tramontato e la luce
iniziava a spegnersi nel cielo.
Amava la notte e si prese un
momento per fare un profondo respiro. La fredda aria invernale gli fece
fischiare le cavità nasali.
Se fosse stato un vero maschio,
libero dalle catene di suo fratello e dalla prigionia imposta a Trez dai loro
genitori, avrebbe scelto un'altra vita. Se ne sarebbe andato da qualche parte a
ovest, lontano dalla terraferma e da chiunque altro.
Non che lui fosse un eremita per natura. Semplicemente non dava
importanza a ciò che molti altri invece davano in abbondanza. Nella sua testa, il mondo non aveva bisogno di un altro iPhone,
o di una rete internet più veloce, oppure un'esclusiva sulla ventisettesima
edizione di Real Housewives. Diavolo,
a chi cazzo importava se un vicino aveva una casa/auto/barca/roulotte/tagliaerba
più grande? Perché doveva infastidire se qualcuno aveva un orologio/anello/telefono/televisore/biglietto
della lotteria migliore? Per non parlare delle scarpe sportive.
Sempre ipermodaiole.
Spot di makeup, tragedie di star del cinema, acquirenti compulsivi sul canale
televisivo per le vendite e stupidi automi umani che credevano ancora a ciò che
i predicatori gli infilavano in gola.
E no, non erano solo gli umani a bersi tutta quella merda.
I vampiri erano ugualmente responsabili - indossavano solo la
loro superiore mentalità schiavista su quei ratti senza coda.
Erano talmente tante le esaltazioni su chi erano davvero dettate
da ciò che veniva inculcato loro di volere, di necessitare, di cercare, di
acquisire.
D'altronde, non era riuscito a liberarsi della tragedia del
fratello, per cui eccolo lì -
Quando il telefono cominciò a squillare nella tasca,
allungò una mano e lo prese. Sapeva chi stava chiamando anche prima di
guardare lo schermo, accettò la chiamata e mise il cellulare all'orecchio.
Quella piccola parte di lui in cui era divampata la vita morì
ancora una volta nel centro del suo petto.
"Vostra Eccellenza," salutò il Gran Sacerdote. "A
cosa devo questo onore?"
* * *
Assail controllò l'orologio mentre
andava avanti e indietro nella sua cucina. Si girò verso il lavandino. Andò
verso il mobile bar. Controllò di nuovo l'orologio.
Ehric se n'era andato ventuno - no,
ventidue minuti prima - e il viaggio ne richiedeva al massimo venticinque.
Il cuore gli batteva sordo nel
petto. Aveva un piano per quella sera e questa prima parte era critica ai fini
della conclusione.
Tirò fuori il cellulare e iniziò a
digitare -
Il doppio bip che sentì indicava che un veicolo stava entrando in
garage.
Assail corse all'ingresso, spalancò
la porta blindata e provò a guardare attraverso gli scuri vetri antiproiettile
della Range Rover. I cugini avevano messo in sicurezza...
Il protocollo prevedeva di
aspettare che tutto fosse nuovamente chiuso prima di uscire da qualsiasi
veicolo, ma l'impazienza e quella paura che lo affliggeva gli fece gettare il
buon senso fuori dalla finestra. Correndo sul pavimento liscio di cemento, raggiunse
il SUV mentre Ehric spegneva il motore e usciva insieme al fratello.
Prima che Assail potesse valutare
le espressioni sulle facce dei cugini, o iniziare ad abbaiare affinché gli
dessero spiegazioni, lo sportello posteriore si aprì lentamente.
Ehric e suo fratello
s'immobilizzarono. Come se non avessero avuto nessun controllo sul loro carico - e sapevano che ora sarebbe potuto accadere di tutto.
L'anziana femmina umana che scese
era alta un metro e cinquantadue centimetri ed era tarchiata come un
cassettone. I capelli erano spessi e bianchi ed erano arricciati all'indietro,
scoprendo un viso rugoso, gli occhi scuri fissavano luminosi e intelligenti
da sotto le palpebre appesantite. Al di sotto di uno stazzonato cappotto di
lana nera, il suo abbigliamento era semplice, un abito a sacco a fiori blu, ma
le scarpe dal tacco basso e la borsa abbinata erano di vernice - come se avesse
voluto indossare il meglio di ciò che aveva nell'armadio.
Assail le fece un inchino.
"Signora, benvenuta."
La nonna di Sola tenne la piccola
borsa sotto il seno. "I miei effetti. Li voglio."
Il suo accento portoghese era
marcato, e lui dovette mettere ordine tra le parole per tradurre quel che aveva
detto.
"Bene." Assail fece un
cenno ai cugini e a quel comando, andarono sul retro del SUV e tirarono fuori
tre modeste valigie spaiate. "La sua stanza è pronta."
Lei annuì brevemente. "Faccia
strada."
Quando Ehric arrivò col bagaglio,
sollevò un sopracciglio e aveva ragione a essere scioccato. Ad Assail non piaceva
molto prendere ordini.
Eppure a lei sarebbero state fatte
delle concessioni.
"Naturalmente." Assail
fece un passo indietro e s'inchinò di nuovo, indicando la porta da cui era
uscito.
Regale come una regina, la piccola
vecchietta si avviò verso i tre gradini bassi che conducevano in casa.
Assail balzò avanti per aprire le
varie porte. "Questo è il nostro ripostiglio. Avanti c'è la cucina."
Entrò dietro di lei, deglutendo con
impazienza. Eppure non c'era alcuna fretta. Doveva essere certo che la facciata
legittima dell'impero di Benloise fosse svuotata dai suoi mercanti d'arte e gli
impiegati d'ufficio prima di andarci. E mancava ancora un'ora buona almeno.
Continuò il suo giro. "Al di
là ci sono la zona pranzo e la zona intrattenimento." Mentre faceva strada
in quell'enorme open space che sovrastava il fiume Hudson, guardò i suoi arredi
sparsi con nuovi occhi. "Non che m'interessi l'intrattenimento."
Non c'era niente di personale in
quella casa. Solo gli allestimenti che erano stati montati per vendere la
proprietà, tappeti e vasi anonimi, e un set di divani e poltroncine in tinta
neutra. Lo stesso valeva per le camere da letto, di cui quattro erano laggiù e
una al secondo piano.
"Il mio ufficio è qui -"
Si fermò. Aggrottò la fronte. Si
guardò attorno. Dovette tornare sui propri passi verso la cucina per trovare il
gruppo variegato.
La nonna di Sola aveva la testa nel
frigorifero Sub-Zero, sembrava uno gnomo che cercava un posto fresco in piena
estate.
"Signora?" chiese Assail.
Lei chiuse lo sportello e si
diresse verso gli armadietti a
tutt'altezza. "Non c'è nulla qui. Nulla. Cosa mangiate?"
"Ah..." Assail guardò i
cugini in cerca di supporto. "Di solito mangiamo in città."
Lo sbeffeggio della signora anziana
era l'equivalente di E che cazzo. "Ho
bisogno di alimenti di base."
Si voltò sulle piccole scarpe
lucenti e si mise le mani sui fianchi. "Chi mi porta al supermercato."
Non era una richiesta.
E mentre lei fissava tutti e tre,
Ehric e il violento assassino del suo gemello apparvero sconcertati quanto
Assail.
La serata era stata pianificata al
minuto - e un giretto all'Hannaford locale non era sulla lista.
"Voi due siete troppo
magri," annunciò la donna, agitando la mano in direzione dei gemelli.
"Dovete mangiare."
Assail si schiarì la gola.
"Signora, è stata portata qui per la sua incolumità." Non avrebbe
permesso a Benloise di fare armi e bagagli e fuggire - e quindi lui doveva assicurare al minimo un
potenziale danno collaterale. "Non per cucinare."
"Ha già rifiutato il denaro.
Non resterò qui gratis. Mi guadagnerò vitto e alloggio. È così che deve
andare."
Assail lasciò andare un lungo e
lento respiro. Ora sapeva da chi Sola aveva preso la sua indipendenza.
"Beh?" domandò la donna.
"Io non guido. Chi mi porta."
"Signora, non preferirebbe
riposare -"
"Il mio corpo riposerà quando
sarà morto. Chi."
"Abbiamo un'ora," disse
evasivamente Ehric.
Mentre Assail guardava l'altro
vampiro, la vecchietta si sistemò la borsetta al braccio e annuì. "Allora
mi porterà lui."
Assail incontrò direttamente lo
sguardo della nonna di Sola e abbassò la voce di un mezzo tono in modo che la
frase successiva suonasse rispettosa. "Pago io. Siamo chiari - non
spenderà un centesimo."
Lei aprì la bocca come se volesse
discutere, ma era testarda - non stupida. "Allora farò i rammendi."
"I nostri indumenti sono in
condizioni -"
Ehric si schiarì la gola. "In
realtà ho un paio di bottoni lenti. E la striscia di velcro del suo giubbotto
protettivo è -"
Assail guardò oltre la sua spalla e
mostrò le zanne all'idiota - fuori dal campo visivo della nonna di Sola, naturalmente.
Riassumendo la propria espressione,
Assail si voltò e -
Capì d'aver perso. La nonna aveva
inarcato un sopracciglio, gli occhi scuri fermi come quelli di un nemico che non
aveva mai affrontato. Assail scosse la testa. "Non posso credere di
negoziare con lei."
"E ha accettato le
condizioni."
"Signora -"
"Allora è deciso."
Assail alzò le mani. "Bene.
Avete quarantacinque minuti. Questo è tutto."
"Saremo di ritorno in
trenta."
Dopodiché, la donna si voltò e si
diresse alla porta. Nella sua minuscola scia, i tre vampiri cominciarono a giocare
a pingpong oculare.
"Andate," disse Assail a
denti stretti. "Tutti e due."
I cugini si avviarono verso la
porta del garage - ma non la raggiunsero. La nonna di Sola si voltò mettendo le
mani sui fianchi.
"Dov'è il suo crocifisso?"
Assail sobbalzò. "Chiedo
scusa?"
"Non siete cattolici?"
Mia piccola dolce donna, noi non
siamo umani, pensò.
"Temo di no."
Due occhi fissi come un raggio
laser si fermarono su di lui. Su Ehric. Sul fratello di Ehric. "Questa cosa
cambierà. È la volontà di Dio."
E uscì, a passo di marcia
attraverso l'ingresso, spalancò la porta e sparì in garage.
Quando la massiccia barriera
d'acciaio si chiuse automaticamente, Assail riuscì solo a sbattere le palpebre.
Anche gli altri due erano
esterrefatti. Nel loro mondo, il dominio si stabiliva attraverso la forza e la
manipolazione da parte di maschi persuasivi. La posizione si guadagnava o si
perdeva in competizioni che finivano
spesso in bagni di sangue e il risultato veniva dato dalla conta dei corpi.
Quando uno veniva da
quell'orientamento, di sicuro non si aspettava di venire castrato nella propria
cucina da una donna che non aveva nemmeno un coltello. E avrebbe gradito salire
sulla scala a libretto e rimuovere la suddetta parte anatomica.
"Non statevene là,"
sbottò Assail. "Sarebbe capace di guidare lei."
Io ADORO la nonna di Sola!!! Non vedo l'ora di scoprire cos'altro succederà a casa di Assail con questa simpaticissima vecchietta!!!!
RispondiEliminacosa succede al re nel capitalo 9 non ne parla ti ringrazio christiana sei x mè una continuità
RispondiEliminaBaci e grazie. Assail e Sola sono la mia coppia preferita in questo libro, lo confesso!
RispondiEliminaSe penso ai mesi che devo aspettare x leggere questo libro mi vien male!!!! Qualt'e' bello!!! Nel frattempo grazie di cuore Chris - Adele
RispondiEliminabaci a te, Adele <3
RispondiEliminaFidanziamo la nonna di Sola con Fritz?
RispondiEliminaBuona idea, Babette!!!
Eliminaquando uscirà in italia avete qualche novità ,grazie chiristiana per le traduzzioni aspetto con ansia il prossimo capitolo.
EliminaUff ... devo mettermi in pari con i capitoli ... ma cosa starà combinando la nonna di Sola? Mah ...
RispondiElimina