mercoledì 16 aprile 2014

Capitolo 2 di THE KING di J.R.Ward

The King

2

Caldwell, New York

"Lunga vita al Re."

Quando Abalone, figlio di Abalone, disse quelle parole, provo a testare la risposta dei tre maschi che avevano bussato alla sua porta, entrati a passo di marcia in casa fermandosi in biblioteca, e che ora lo fissavano come se gli stessero prendendo le misure per fargli un sudario.

A dire il vero, non ne fu capace. Riuscì a leggere un'unica espressione - quella del guerriero sfigurato dietro tutti gli altri, appoggiato alla carta da parati in seta, gli stivali da combattimento ben piantati nel tappeto persiano.

Gli occhi del maschio erano nascosti da un ventaglio di ciglia spesse, le iride così scure da non poter dire di che colore fossero, se blu, castane o verdi. Il suo corpo era enorme, e anche il resto, era un'audace minaccia, una granata con la spoletta pronta a saltare.  E la sua risposta a tutto quello che era stato detto?

Nessun cambiamento nei lineamenti, quel labbro leporino niente più di un taglio, il cipiglio lo stesso. Nessun segno di emozione.

Ma la mano con cui teneva il pugnale si fletté completamente prima di richiudersi in un pugno.

Chiaramente, l'aristocratico Ichan e l'avvocato Thym, che si era portato dietro questo combattente, aveva mentito. Questa non era una "conversazione riguardo al futuro" - no, una cosa del genere avrebbe presupposto che Abalone aveva una scelta al riguardo.

Era un colpo d'avvertimento mirato al suo lignaggio, una chiamata di tutti a bordo a cui non c'era nessuna risposta.
Eppure le parole gli erano uscite da bocca in quel modo, e non poteva cambiarle.

"Sei sicuro della tua risposta?" chiese Ichan inarcando un sopracciglio.

Ichan era il prototipo della sua educazione e del valore finanziario, raffinato al punto di apparire femmineo a scapito del genere di nascita, vestito con un completo e cravatta e ogni capello a posto. Al suo fianco, Thym, l'avvocato, si presentava allo stesso modo, solo più magro, come se la sua considerevole abilità mentale bruciasse calorie.

E entrambi, come il guerriero, si aspettavano che cambiasse la sua risposta.

Gli occhi di Abalone corsero alla pergamena antica incorniciata e appesa alla parete di fianco alla porta a doppio battente. A quella distanza non riusciva a leggere i caratteri del Vecchio Idioma, ma non aveva bisogno di dare un'occhiata da vicino. Li conosceva tutti uno ad uno, col cuore.

"Non credevo mi fosse stata posta una domanda," disse Abalone.
Con un sorriso falso, Ichan cominciò a passeggiare per la stanza, toccò una ciotola piena di mele rosse in argento sterling, la collezione di orologi da tavolo di Cartier sul tavolino, il busto bronzeo di Napoleone sullo scrittoio vicino alla finestra a nicchia.

"Naturalmente a noi interessa la tua posizione." L'aristocratico si fermò di fronte a un ritratto a china su una mensola. "Questa è tua figlia, suppongo."

Abalone sentì una stretta al petto.

"Sta per debuttare in società, non è vero?" Ichan lanciò un'occhiata oltre la sua spalla. "Sì?"

Abalone voleva allontanare il maschio da quell'immagine.

"Di tutto ciò che considerava "suo", la sua preziosa figlia, l'unica progenie che lui e la sua shellan avevano avuto, era la luna in un cielo notturno, la gioia che riempiva le ore domestiche, la sua bussola per il futuro. E voleva tante cose per lei - anche se non nei termini che intendeva la glymera. No, per lei desiderava quel che lui e la sua mahmen avevano trovato - almeno per quanto riguardava gli anni fino a che la sua femmina era stata chiamata ad andare nel Fado.

Per sua figlia desiderava un amore profondo con un maschio di valore che si sarebbe preso cura di lei.

Se non avesse debuttato in società? Questo non sarebbe mai potuto accadere.

"Perdonami," biascicò Ichan. "Hai risposto e me la sono persa?"

"Lo farà presto, sì."

"Sì." L'aristocratico sorrise di nuovo. "Conosco le tue giuste preoccupazioni. Anch'io come padre, mi metto nei tuoi panni - quando hai delle figlie, vuoi che contraggano buoni matrimoni."

Abalone trattenne il respiro fino a che il maschio non riprese la sua pigra passeggiata nella stanza. "Ti dà sicurezza pensare che esistono delle linee di demarcazione così nette nella nostra società? Gli accoppiamenti correttivi hanno dato origine a un gruppo di individui superiori, e noi siamo obbligati dalla tradizione e dal buonsenso a preservare le nostre unioni come membri della nostra razza. Riesci a immaginare tua figlia sposata con plebeo?"

Quell'ultima parola indugiò, la pronuncia simile a una parolaccia e alla minaccia di una pistola pronta a far fuoco.

"No, non ci riusciresti," rispose Ichan al posto suo.

In verità, Abalone non ne era così sicuro. Se il maschio l'avesse amata abbastanza? Ma non era quello il succo della questione, vero?

Ichan si fermò a guardare le pitture a olio appese di fronte all'immensa collezione di famiglia di prime edizioni allineate sulle mensole. Le opere d'arte erano, naturalmente, dei suoi avi, col più rinomato tra tutti era montato sopra la cornice di marmo dell'immenso camino.

Un celebre maschio nella storia della razza, e del lignaggio di Abalone. Il Nobile Redentore, come era noto in famiglia.

Il padre di Abalone.

Ichan fece un gesto con la mano, includendo non solo la stanza, ma la casa con tutto ciò che conteneva, comprese le persone sotto quel tetto.

"Tutto questo merita garanzie, e il solo modo per far sì che accada è che le Vecchie Usanze vengano rispettate. I principi che noi, la glymera, cerchiamo di tutelare sono il fondamento di ciò che speri di fornire a tua figlia - senza di loro, chissà come potrebbe andare a finire."

Abalone chiuse velocemente gli occhi.

E  questo fece assumere all'aristocratico un tono di voce più calmo e gentile. "Quel Re di cui hai appena parlato con tanto rispetto - è sposato con una mezzosangue."

Le palpebre di Abalone si spalancarono. Come tutti i membri del Consiglio, era stato informato dell'unione reale. "Pensavo avesse sposato Marissa, la figlia di Wallen."

"In realtà, no. La cerimonia è avvenuta un anno prima degli attacchi, il presupposto era che il Re tenesse fede alla promessa fatta alla sorella di Havers - ma sono comparsi dei sospetti quando Marissa successivamente ha sposato un Fratello. La notizia ci è arrivata più tardi, attraverso Thym" - annuì all'avvocato - "che Wrath aveva preso un'altra femmina - che non è della nostra razza."

Ci fu una pausa, come se ad Abalone fosse stata data la possibilità di boccheggiare a quella scoperta. Quando non apparve frastornato dallo shock, Ichan si allungò verso lui e parlò lentamente - come se fosse un minorato mentale. "Se hanno dei figli, l'erede al trono per un quarto sarebbe umano."

"Non c'è nessuno col sangue puro," mormorò Abalone.

"Che peccato. Eppure, di sicuro converrai che c'è un'enorme differenza tra distanti relazioni con umani... e un Re che pratica con quell'orrida razza. Ma anche se non ne sei offeso - e sicuramente non è questo il caso - le Vecchie Leggi prevedono l'ordine. Il Re deve essere un maschio di razza pura - e Wrath, figlio di Wrath, non può fornirci un tale erede."

"Presumendo che sia vero -"

"Lo è."

"Che cosa ti aspetti da me?"

"Ti sto semplicemente mostrando l'intera situazione. Non sono niente più di un cittadino preoccupato."

Allora perché presentarsi con quella scorta violenta?

"Beh, apprezzo la tua sollecitudine nel tenermi informato -"

"Il Consiglio sta per agire."

"In che modo?"

"Ci sarà una votazione. Presto."

"Per ripudiare qualsiasi erede?"

"Per rimuovere il Re. Con la sua autorità è capace di cambiare le leggi in qualunque momento, sradicando i conferimenti e indebolendo ulteriormente la razza. Deve essere rimosso per legge quanto prima." L'aristocratico fissò il ritratto della figlia di Abalone. "Confido nel fatto che, al prossimo incontro col Consiglio, la tua stirpe sarà ben rappresentata dal tuo sigillo e dai tuoi colori."

Abalone lanciò un'occhiata al combattente poggiato contro il muro. Sembrava che il maschio respirasse a malapena, ma era ben lontano dal dormire.

Quanto ci sarebbe voluto prima che la rovina si abbattesse sul suo casato se non avesse impegnato il suo voto? E che forma avrebbe avuto?

Immaginò sua figlia piangere per la perdita dell'unico genitore rimastole ed essere abbandonata per il futuro. Lui torturato e poi ucciso in maniera raccapricciante.

Beata Vergine Scriba, gli occhi stretti di quel guerriero erano fissi su di lui come se fosse un bersaglio.

"Lunga vita al giusto Re," disse Ichan, "suona più adatto."

Con quella frase, l'azzimato "cittadino preoccupato" si licenziò, uscendo ordinatamente insieme all'avvocato.

Il cuore di Abalone gli martellava nel petto quando fu lasciato da solo col guerriero... e dopo un momento di urla silenti, il maschio si mosse verso la ciotola d'argento piena di mele.

Con un tono basso e un accento molto marcato disse, "Queste sono da mangiare, non è vero?"

Abalone aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo uno squittio.

"È un sì?" mormorò.

"Certamente. Sì."

Il guerriero prese un pugnale dal fodero sul torace, la lama argentata appariva lunga quanto il braccio del maschio. Con un veloce movimento del polso, lanciò l'arma in aria, la luce si rifletté lampeggiando sulla superficie tagliente - e con la stessa sicurezza, prese l'impugnatura e infilzò una delle mele.

Tutto questo senza interrompere il contatto visivo con Abalone.

Prendendo il frutto dalla ciotola, lo sguardo andò al ritratto. "È davvero bella. Per ora."

Abalone si alzò e si frappose tra il guerriero e il disegno, pronto a sacrificare se stesso, se necessario. Non voleva che il guerriero nemmeno guardasse il ritratto, ancor meno che lo commentasse - o fare ancora peggio.

"A presto, allora," disse il guerriero.

Se ne andò tenendo la mala in verticale, impalata al centro.

Quando Abalone sentì chiudere la porta d'ingresso, collassò sul divano rivestito di seta con le gambe molli e il cuore che martellava. Anche se le mani tremavano, riuscì a tirar fuori una sigaretta dal cofanetto di cristallo e ad accenderla col pesante accendino.

Inalando una boccata di fumo, guardò l'immagine della figlia e assaggiò per la prima volta nella sua vita il vero terrore.

"Beata Vergine Scriba..."

C'erano stati segnali di malcontento per un intero anno: voci e avvisaglie indicavano che il Re stava perdendo l'appoggio di certi settori dell'aristocrazia; il pettegolezzo che c'era stato un attentato; insinuazioni che era stata creata una società segreta e stava per agire. E poi c'era stato l'incontro col Consiglio in cui Wrath si era presentato con la Confraternita e aveva minacciato sfacciatamente i partecipanti.

Era stata la prima volta che la gente vedeva il Re da... beh, da molto più di quanto Abalone potesse rammentare. Infatti, non riusciva a ricordare di qualcuno che avesse avuto un'udienza col sovrano. C'erano stati proclami sparsi, naturalmente - e editti in progressione e, nella mente di Abalone, parecchio ritardati.

Gli altri non erano d'accordo comunque.

Ed erano ovviamente pronti a forzare le mani di quelli che non la pensavano come loro.

Spostando gli occhi sul ritratto di suo padre, cercò di raccogliere del coraggio nel profondo di se stesso, un qualche tipo di base solida su cui piantare i piedi e lottare per ciò che riteneva giusto: se Wrath aveva sposato una mezzosangue, cosa importava se l'amava? 

Parecchie delle Vecchie Leggi che stava riformando erano discriminatorie e la scelta della shellan da parte del Re mostrava chiaramente quanto stesse cercando di modernizzarle.

Eppure c'era ancora tanto della vecchia scuola nel comportamento del Re: due aristocratici erano stati uccisi recentemente. Montrag ed Elan. Entrambi brutalmente e nelle loro case. Ambedue erano stati associati ai dissenzienti.

Era chiaro che Wrath non aveva intenzione di starsene seduto comodamente mentre si tramavano complotti ai suoi danni. La cattiva notizia era che anche i suoi nemici a corte si stavano preparando con le proprie forze.

Abalone prese l'iPhone del taschino della giacca, scelse un numero tra i suoi contatti e iniziò una chiamata con l'apparecchio che squillava a metà orecchio.

Quando la voce del maschio rispose, si dovette schiarire la gola. "Devo sapere se hai ricevuto una visita."

Suo cugino non esitò un istante. "Sì."

Abalone imprecò. "Non voglio far parte di questa cosa."

"Nessuno vuole. Ma questo loro punto di vista giuridico?" 

Suo cugino prese un lungo respiro. "Riguardo l'erede? La gente sta rispondendo."

"Non è giusto. Wrath ha fatto buone cose, facendoci avanzare nel mondo moderno. Ha abolito la schiavitù di sangue e creato quel rifugio per femmine che hanno subito abusi e i loro figli. È stato giusto e anche i proclami -"

"Su questo lo hanno in pugno, Abalone. La vinceranno loro - perché c'è abbastanza gente che si è disgustata alla notizia della regina mezzosangue e di un erede dal sangue ancor più annacquato." La voce del cugino si abbassò. "Non metterti dal lato sbagliato, sangue del mio sangue. Si stanno preparando a fare ciò che è necessario per garantire un voto unanime quando arriverà il momento, e la legge è quel che è."

"Potrebbe cambiarla. Sono sorpreso che non l'abbia fatto."
"Senza dubbio ha avuto problemi più pressanti da sistemare che qualche vecchio libro impolverato. E francamente, anche se riformulasse la disposizione? Non so se ci sia sufficiente supporto per sostenerlo."

"Potrebbe rivalersi sull'aristocrazia."

"E cosa potrebbe fare - ucciderci tutti? E poi?"

Quando infine Abalone chiuse la comunicazione, fissò negli occhi suo padre. Il cuore gli diceva che la razza era in buone mani con Wrath, anche se il Re si isolava in molti modi. Ma suo cugino aveva detto cose sensate.

Dopo un lunghissimo momento, fece un'altra chiamata che gli fece venire la nausea. Quando ebbe risposta, non si perse in preamboli. "Hai il mio voto," dichiarò con durezza.

Prima che Ichan potesse elogiare il suo buonsenso, riattaccò. E andò al cestino per la carta straccia per vomitare.

L'unica cosa peggiore del non avere un'eredità... era non essere stato all'altezza di quella che ti era stata donata.

*    *    *

Quando Xcor uscì dalla casa dell'aristocratico, s'irritò nel trovare Ichan, il rappresentante del Consiglio, e Thym, il legale, che lo aspettavamo al chiarore della luna.

"Credo che siamo stati abbastanza persuasivi," dichiarò Ichan.

C'era un enorme orgoglio in quella voce sprezzante - come se il maschio avesse già piazzato le chiappe molli sul trono.

Xcor guardò di nuovo la casa stile Tudor. Attraverso le finestre col vetro a diamante, il maschio con cui si era confrontato era al telefono, fumava una sigaretta come se i polmoni avessero più bisogno della nicotina che dell'ossigeno. Poi si fermò a fissare qualcosa. un secondo più tardi, le spalle cedettero in segno di sconfitta, portò nuovamente il telefono all'orecchio.

Ichan tirò fuori dalla tasca il cellulare sorridendo. "Pronto? Che gradita chiamata -" Ci fu una pausa. "Oh, penso che sia stato saggio da parte tua - pronto? Pronto?"

Ichan mise da parte il cellulare con una scrollata di spalle. "Non posso offendermi per il fatto che mi abbia attaccato il telefono in faccia."

Xcor prese la mela rubata e la liberò dalla lama. Con mano sicura cominciò a togliere la buccia rossa dalla croccante polpa bianca, girando tutto intorno fino a che un'unica striscia arricciata si formò sotto l'arma.

In opposizione alla sua linea preferita riguardo l'assassinio, questo nuovo approccio legale di forzare l'abdicazione andava bene lo stesso.  Avevano un'altra mezza dozzina di membri delle Prime Famiglie da incontrare e istruire, e poi sarebbe giunto il momento di rendere tutto ufficiale al livello del Consiglio. 

Dopodiché? Le uccisioni dovevano avvenire - senza dubbio uno o tutti gli aristocratici con cui stavano trattando sarebbero stati delusi dal cambio alla corona.

Facilmente risolvibile, comunque, e poi avrebbe ottenuto quel che voleva.

"... un pasto di nostro gusto?"

Quando Ichan e Thym lo guardarono, realizzò che gli era appena sto chiesto di uscire a mangiare.

Xcor lasciò che la buccia cadesse sulla neve ai suoi piedi. Senza alcun dubbio il nobile dentro casa aveva dei giardinieri che l'avrebbero raccolta, anche se visto quanto il tipo era scombussolato, forse si sarebbe avventurato fuori per una passeggiata  tra quei fottuti cespugli topiari e l'avrebbe vista da solo.

Le minacce funzionavano meglio se attuate su più livelli.
"Il campo di battaglia mi attende," disse Xcor mentre tagliava un pezzo di polpa e snudava le zanne, portò il coltello alla bocca assieme al pezzo di mela.

Il rumore secco mentre l'addentava fece il suo effetto.
"Sì, certo, naturalmente, ovvio," disse Ichan, le parole volteggiavano come le piroette di una ballerina che danzava sulle punte e sbandava verso la buca in cui suonava l'orchestra.

Che carino.

E poi ci fu un attimo di silenzio, come se il saluto di commiato dovesse essere ripagato. Quando Xcor si limitò ad inarcare un sopracciglio, i due si smaterializzarono così in fretta come se ci fossero delle emergenze nelle rispettive case.

Che pedine insignificanti erano - ne aveva già usate altre e non c'era dubbio che uno e entrambi che erano appena andati via sarebbero finiti presto nella fossa.

Nella grande casa, il membro del Consiglio che erano andati a incontrare aveva ancora il capo chino - ma non per molto. Qualcuno entrò nella stanza, e di chiunque si trattasse, l'aristocratico non voleva che sapessero del suo turbamento. Si riprese, sorrise e aprì le braccia. Quando una giovane femmina andò nella sua direzione, Xcor capì che si trattava della figlia.

Era bellissima, davvero - il ritratto era accuratissimo.

Ma non quanto un'altra.

Spontanei, i ricordi scorsero dalla sua mente, immagini di pelle e capelli chiari, e occhi che erano capaci di fermare i suoi passi come solo un proiettile poteva fare, ingarbugliando i suoi pensieri  fino a che era lui a inciampare anche restando fermo.

No, per quanto giovane e delicata fosse quella figlia, non era nient'altro che una eco di graziosità rispetto alla sua irraggiungibile Eletta.

"Devi smetterla," disse nella notte fredda. "Devi smetterla all'istante."

Un buon comando, indubbiamente - eppure gli ci vollero diversi minuti prima di potersi concentrare a sufficienza e smaterializzarsi dal prato di fronte alla casa.

Dopo un battito di ciglia, Xcor si trovò di nuovo nel suo elemento: il vicolo davanti a lui era una fogna urbana, la neve sudicia dagli pneumatici di innumerevoli ribaltabili che erano passati dietro mezza dozzina di ristorante a buon prezzo. A dispetto delle folate rigide dicembrine, il puzzo di carne marcia e di sostanza verde denaturata erano sufficienti a fargli pizzicare il naso.

Inspirando, cercò la vomitevole dolcezza del nemico.

Era nato deforme, era stato scartato e lasciato nel mondo dalla femmina che l'aveva portato nel suo utero. 

Allevato nel campo di battaglia del Carnefice, era stato
affilato come una lama in quella sadistica buca per il fuoco di aggressione e dolore, ogni debolezza presa a martellate fino a che era diventato letale come un pugnale.

Lui apparteneva a questo palcoscenico di lotta.

E non restò solo a lungo.

Voltando la testa, spostò tutto il peso nelle cosce. Un gruppo di uomini umani si fece avanti, liberando l'angolo e camminando in branco. Quando lo videro, si fermarono e si compattarono tra loro.

Xcor ruotò gli occhi e riprese a passeggiare nella direzione opposta -

"Checazzostaifacendo," urlò qualcuno del branco.

Voltandosi indietro, lanciò un'occhiata ai cinque uomini. Indossavano una specie di divisa coordinata da ganzi umani: giacche di pelle, berretti con testi neri, bandane annodate sotto al mento.

Avevano la chiara intenzione di volersi imbattere in qualcuno o qualcos'altro.

Non il tipo di nemico di cui preoccuparsi. In primo luogo, gli umani erano talmente inferiori fisicamente, che era come mordere una mela.

Secondo, erano capaci di coinvolgere altri della loro specie, oppure sia di proposito attraverso quella temuta cosa del 911 o inavvertitamente, facendo un tale baccano da allertare i passanti.

"Checazzostaifacendo!"

Se fosse rimasto in silenzio, forse si sarebbe trasformato in un numero di coordinato di ballo e canto? Terribile.

"Andate a passare la notte altrove," disse a bassa voce.

"Andate a pass- seiunfottutostraniero?"

O qualcosa che suonava simile. I loro accenti erano difficili da decifrare - inoltre non aveva alcun interesse a sforzarsi per capire -

Dal nulla, un auto comparve all'angolo sbandando, le gomme persero trazione mentre l'autista premeva il freno.

Risuonarono dei fucili a pompa, rimbombando nella notte, disperdendo gli assemblati, incluso lui. 

Posto sbagliato, momento sbagliato, pensò Xcor beccandosi un proiettile nella spalla, un dolore bruciante gli attraversò la testa - e gli rese impossibile la smaterializzazione.

Non gliene fregava un cazzo di quello scontro tra quei topi senza coda. A quanto pareva però, doveva ingaggiare battaglia.


Non sarebbe morto a causa di un proiettile umano.

5 commenti:

  1. Iniziano subito la guerra a Wrath! ma che brutta gente! Certo che come inizio e' tostissimo - spero che facciano una brutta fine - Chris che capitolone! grazie baci Adele

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  2. Toc toc ci siete? Salve consorelle! c'è un capitolone da commentare! - cmq approfitto x augurare a Chris e a voi una Buona Pasqua - un abbraccio Adele

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  3. Grazie Adele, tanti auguri anche a te, alle nostre consorelle e, naturalmente, alla nostra amata Christiana.
    Bacioni
    Dany

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