sabato 31 agosto 2013

Recensione di L'altra metà della mela di Viviana Leo

Titolo
L'altra metà della mela


Autore
Viviana Leo


Editore
Butterfly Edizioni




Recensione di 'L'altra metà della mela' di Viviana Leo

Nel mondo letterario i generi si sprecano, o meglio, per noi assidui divoratori di carta, non sono mai abbastanza, e nella mia modesta esperienza di scrittura, grazie al veicolo dei social network, ho avuto modo di conoscere molti autori/ci tutti diversi tra loro.

La varietà dei generi e degli stili di scrittura, ma anche i confronti personali, mai soggetti a giudizi bensì a critiche costruttive, hanno creato dei rapporti che vanno ben al di là del virtuale.

Con diversi autori ho intrapreso percorsi lavorativi in comune, con altri delle collaborazioni proficue e stimolanti, con altri ancora discussioni interessanti nelle quali si estrinsecavano personalità e voglia di fare e condividere.

Quando io e Viviana siamo entrate in contatto, ho subito percepito le sue capacità. Lo stile diretto e chiaro, la pulizia nell'esporre concetti in maniera semplice in modo da renderli accessibili a chiunque, la freschezza e il brio che la giovane età porta con sé, facendone un punto di forza importante.

Rispetto a 'Lacrime d'argento', già letto in passato, ho ritrovato una Viviana maturata, più sicura dei propri mezzi, ma senza perdere il suo tocco.

Il cambio di genere, anche da me suggerito in quanto ero sicura che avrebbe reso di più in narrativa, ha fatto sì che la nostra autrice desse vita a uno young davvero piacevole, semplice e frizzante come solo la gioventù riesce ad esprimere.

Una storia fatta di quotidianità, realtà e consuetudini a prima vista banali, ma che sono tutt'altro, ossia un insieme di espedienti creati ad hoc  per la costruzione di una fiaba moderna e senza pretese, pronta ad arrivare ai ragazzi ormai disincantati, ma con ancora tanta voglia di sognare.


Non sto qui a spoilerare la storia tra Kathy e David, perché va letta, ma c'è un'unica pecca di questa breve, ma intensa storia ed è l'editing, che avrebbe dovuto essere più accurato, ma confido nell'esperienza che insegnerà a Viviana come muoversi, continuando a migliorare, racconto dopo racconto. 



VOTO: 





mercoledì 28 agosto 2013

Traduzione Capitolo 22 di Lover at Last di J.R.Ward


Lover at Last


22


Al di là del fiume, nella clinica di Havers, Layla poté finalmente scendere dal lettino e passeggiare nella piccola camera. A quel punto aveva perso la cognizione del tempo. 

A dire la verità le pareva di aver fissato quelle quattro mura per sempre - e che avrebbe continuato a farlo per il resto della vita sulla terra.

L'unica parte di lei che era connessa e reattiva era la mente. La cosa brutta che l'aveva pietrificata era ciò che l'infermiera le aveva detto... ossia che quello era un aborto. Che con ogni probabilità aveva concepito -

Quando il leggero colpo alla porta che stava attendendo arrivò, non se lo aspettava e la fece sobbalzare.

"Avanti," disse.

Fu l'infermiera tanto gentile a entrare... ma sembrava cambiata. Rifuggiva lo sguardo di Layla e il viso era fermo in una maschera di ghiaccio. Drappeggiato attorno al braccio aveva un pezzo di stoffa bianco, che le diede allungando le braccia in avanti, ma senza guardarla. Poi fece un inchino.

"Vostra Grazia," disse la femmina con voce tremante. "Io... noi... Havers... non ne avevamo idea."

Layla aggrottò la fronte. "Cosa stai -"

L'infermiera scosse la tunica, incitando Layla a prenderla. "Ti prego. Indossala."

"Cosa significa?"

"Hai il sangue delle Elette nelle vene." La voce dell'infermiera tremò. "Havers è... sconvolto."

Layla si sforzò di capire le parole. Quindi... non riguardava la sua gravidanza? "Cosa - non capisco. Perché è così... turbato dal fatto che sono un'Eletta?"

L'altra femmina impallidì. "Pensavamo fossi... una caduta."

Layla si coprì gli occhi. "Potrei esserlo presto - dipende da quello che succede." Non aveva sufficiente energia per affrontare tutto questo. "Perché qualcuno non mi dice i risultati del test e quel che devo fare per prendermi cura di me stessa?"

L'infermiera maneggiò in modo maldestro la stoffa, cercando ancora di consegnarla. "Non può tornare qui dentro -"

"Cosa?"

"Non se sei... non può stare qui con te. E non avrebbe mai dovuto -"

Layla scattò in avanti, pronta a scoppiare. "Adesso sarò chiara - voglio parlare col dottore." A quella richiesta, l'infermiera la guardò. "Ho il diritto di sapere cosa ha scoperto - digli di venire qui adesso."

Non ci fu alcuno stridio nella voce. Nessuna isteria - solo un tono piatto e potente che non aveva mai sentito venir fuori dalla sua bocca prima.

"Va'. E portalo qui," comandò.

L'infermiera sollevò la stoffa candida. "Per favore. Indossalo. Lui..."

Layla si costrinse a non sbraitare. "Sono solo una paziente come le altre -"

L'infermiera aggrottò la fronte e allargò le spalle. "Perdonatemi, ma non è corretto. E per quanto gli riguarda, ti ha profanata durante l'esame."

"Cosa?"

L'infermiera la fissò. "È un buon maschio, molto tradizionalista -"

"Nel nome della Vergine Scriba, cosa c'entra?"

"Il Primale potrebbe ucciderlo per quello che ti ha fatto."

"Durante l'esame? Ma io ho acconsentito - era una procedura medica di cui avevo bisogno!"

"Non ha importanza. Ha fatto qualcosa che va contro le leggi."

Layla chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto andare alla clinica della Confraternita.

"Devi capire da dove viene," disse l'infermiera. "Fai parte di una gerarchia con cui non veniamo in contatto - e con cui inoltre, non dovremmo."

"Ho un cuore che pulsa e un corpo che ha bisogno d'aiuto. Questo è tutto ciò che lui - e chiunque altro - deve sapere. La carne è la stessa."

"Ma il sangue no."

"Deve venire a -"

"Non lo farà."

Layla si concentrò sulla femmina. Poi si mise una mano sull'addome. Per tutta la sua vita, fino a quel momento, aveva vissuto sulla via della rettitudine, servendo fedelmente, espletando i suoi doveri, esistendo entro i parametri designati da altri.

Ma adesso basta.

Layla strinse gli occhi. "Di' a quel dottore che o viene qui a dirmi di persona cosa sta succedendo - oppure andrò dal Primale e gli riferirò parola per parola cos'è successo qui dentro."

Volutamente spostò lo sguardo sul macchinario che era stato usato durante il suo esame interno.

Quando l'infermiera sbiancò, Layla non si sentì per niente felice d'aver forzato in quel modo. Ma non sentì nemmeno rimorso.

L'infermiera fece un profondo inchino e uscì dalla stanza, lasciando quel ridicolo pezzo di stoffa sul ripiano basso del lavabo.

Layla non aveva mai considerato il suo stato di Eletta né come un onere né come un vantaggio. Era semplicemente tutto ciò che conosceva da sempre: nella lotteria del destino, il fato che le era stato assegnato si era manifestato attraverso il respirare e la coscienza. Tuttavia altri non erano così flemmatici nell'accettare - soprattutto quaggiù.

Ed era solo l'inizio.

Inoltre, stava perdendo il bambino, giusto? Quindi quella era la fine.

Allungando la mano, afferrò la stoffa bianca e se l'avvolse attorno. Non le importava della delicata sensibilità del medico, ma se si copriva come le avevano chiesto, forse lui si sarebbe concentrato  su di lei e non su ciò che era.

Quasi immediatamente, sentì bussare alla porta, e quando Layla rispose, Havers entrò, con un espressione come se avesse una pistola puntata alla tempia. Tenendo gli occhi bassi, si avvicinò appena prima d'incrociare le braccia sullo stetoscopio. "Se avessi saputo cos'eri, non ti avrei mai curata."

"Sono venuta di mia spontanea volontà, un paziente con un'esigenza."

Havers scosse la testa. "Sei una divinità sulla terra. Chi sono io per intervenire in situazioni sacre?"

"Per favore. Metti fine alle mie sofferenze e dimmi come sto."

Si tolse gli occhiali massaggiandosi il ponte del naso. "Non posso darti quest'informazione."

Layla aprì la bocca e poi la richiuse. "Scusami?"

"Non sei una mia paziente. Lo sono il bambino e il Primale - quindi parlerò con lui quanto prima -"

"No! Non devi chiamarlo."

L'occhiata che le lanciò era piena di un disprezzo che immaginò riservasse alle prostitute. Poi parlò a voce bassa, con un tono vagamente minaccioso. "Non sei nella posizione di comandare proprio niente."

Layla indietreggiò. "Sono venuta qui di mia spontanea volontà, come una femmina indipendente -"

"Sei un'Eletta. Non solo ho agito contro le leggi dandoti asilo, ma potrei essere perseguito per quello che ti ho fatto prima. Il corpo di un'Eletta è -"

"Di sua esclusiva proprietà!"

"- del Primale per legge, come dovrebbe essere. Tu sei insignificante - nient'altro che un contenitore per ciò a cui servi. Come osi entrare qui in questo modo, fingendoti una normale femmina - metti a rischio il mio lavoro e la mia vita con questa disonestà."

Layla sentì una furia selvaggia irradiarsi in ogni nervo del corpo. "Il cuore di chi batte in questo petto?" disse battendosi un pugno al torace. "Di chi è il respiro?"

Havers scosse la testa. "Parlerò col Primale, e lui soltanto -"

"Non può dire sul serio! Solo io sono padrona della mia carne. Nessun altro -"

Il volto del medico si riempì di disgusto. "Come ho detto, sei una contenitore per il divino mistero nel tuo utero - è il Primale a possedere la tua carne. E questa è la cosa più importante - e di conseguenza ti terrò qui fino a che -"

"Contro la mia volontà? Non penso proprio!"

"Resterai qui fino a che il Primale verrà a riprenderti. Non sarò responsabile per averti lasciato libera nel mondo."

I due si fissarono negli occhi. Con una bestemmia, Layla lasciò cadere la stoffa. "Bene, un grande piano per quanto ti riguarda. Ma adesso sono nuda - e uscirò fuori così se proprio devo. Stai qui e guarda se preferisci - oppure puoi provare a toccarmi, ma credo che sarebbe considerata un'altra violazione di qualche tipo, o qualcun'altra per te, non è vero?"

Il medico uscì in fretta, incespicando nell'atrio.

Layla non sprecò un istante, s'infilò gli abiti e uscì di corsa nel corridoio. Sebbene ci fosse una sola strada per entrare e uscire attraverso l'area di accettazione - dovevano esserci delle uscite d'emergenza, in caso di un eventuale attacco - sfortunatamente, non aveva la più vaga idea di come fosse strutturato il complesso.

Quindi l'unica scelta era quella di uscire dall'ingresso principale. E doveva farlo a piedi - era troppo incazzata per smaterializzarsi.

Correndo appena, Layla andò nella direzione da cui era venuta - e quasi immediatamente, come se fossero state istruite a farlo in quel modo, tutte le infermiere si misero in mezzo, riempiendo l'ingresso e rendendole impossibile il passaggio.

"Se qualcuno toccherà la mia persona," urlò nel Vecchio Idioma, "lo considererò come una violazione alla mia sacra divinità."

Si bloccarono tutte.

Guardandole tutte negli occhi, Layla si fece avanti e le costrinse a farle spazio, un passaggio si aprì tra le figure ferme e poi si richiuse alle sue spalle. Fuori, nell'area d'attesa si fermò di fronte al banco dell'accettazione e tenne lo sguardo sulla femmina seduta dietro.

"Hai due possibilità." Layla indicò col mento la porta d'uscita rinforzata. "O la aprì volontariamente per me, oppure la farò a pezzi- esponendo voi e i vostri pazienti all'attacco della luce del sole quando arriverà" - controllò il grande orologio sul muro - "meno di sette ore. Non credo che riuscirete a sistemare un danno del genere in tempo - vero?"

Lo scatto della serratura che si apriva rimbombò nel silenzio.

"Grazie," mormorò educatamente mentre si avviava all'uscita. "Il tuo consenso è molto apprezzato."

Dopotutto, non doveva mica dimenticare le buone maniere!

*    *    *

Seduto alla sua scrivania, col culo foderato di pelle ben piazzato sul trono che era stato di suo padre secoli e secoli prima, Wrath, figlio di Wrath, faceva scorrere l'indice su e giù lungo la lama d'argento del tagliacarte a forma di pugnale. Dietro di lui sul pavimento, veniva il leggero russare dal muso di George.

Il cane dormiva solo durante il raro tempo libero.

Se qualcuno avesse bussato, o fosse entrato, oppure se Wrath stesso si fosse mosso in qualche modo, quella grossa testa si sarebbe sollevata e il pesante collare avrebbe tintinnato.

L'allarme immediato scattava anche se qualcuno camminava nell'ingresso, o se si passava l'aspirapolvere da qualche parte, oppure se si apriva la porta del vestibolo nell'androne.  O ancora se veniva servito un pasto. Oppure se veniva uno starnuto dalla biblioteca.

Dopo che la testa si alzava, c'erano una serie di risposte, dal niente (l'attività nel soggiorno, l'aspirapolvere e gli starnuti) allo sbuffo (l'apertura della porta giù alle scale, l'andirivieni) alla seduta in completa attenzione (bussate alle porte e entrate). Il cane non era mai aggressivo, fungeva piuttosto da segnalatore di movimento, lasciando la scelta d'azione al suo proprietario.

Che gentiluomo era quel cane guida!

E tuttavia, sebbene la natura domata fosse tanto parte dell'animale quanto il suo soffice, lungo pelo e il corpo grande e snello, Wrath aveva visto di tanto in tanto la bestia dentro quella graziosa indole.

Quando ti trovavi in mezzo a un gruppo di combattenti altamente aggressivi, completamente fuori di testa come quelli della Confraternita, ci si scaldava facilmente - anche verso il re. E a Wrath non fotteva un cazzo - era stato con quei figli di puttana troppo a lungo per infastidirsi al minimo petto ansimante, o a pugni rotanti.

Comunque a George non piaceva. Se qualcuno di loro fosse entrato nel suo territorio per avvicinarsi al re, il pelo si sarebbe rizzato e avrebbe ringhiato in avvertimento, mentre premeva il corpo contro la gamba di Wrath - come se fosse pronto a mostrare ai Fratelli quanto erano davvero lunghe le zanne nel caso si dovesse passare alle mani.

La sola cosa che Wrath amava di più, era la sua regina.
Allungando la mano, accarezzò il fianco del cane, poi si concentrò di nuovo sulla sensazione del dito contro il tagliacarte.

Gesù Cristo. Aeroplani che cadevano giù dal cielo... Fratelli che venivano feriti... Qhuinn che risolveva di nuovo la situazione...

Almeno la notte non era stata tutta una tragedia costellata da vari attacchi di cuore. Infatti, era iniziata con la buona notizia che avevano la prova per agire contro la Banda dei Bastardi. V aveva terminato il test balistico e, cavolo, il proiettile che era nel collo di Wrath aveva iniziato il suo viaggio partendo dal fucile trovato nel covo di Xcor.

Wrath sorrise tra sé e sé, la punta delle zanne fece una breve apparizione.

Quei traditori erano ufficialmente sulla lista nera, con il supporto della legge - ed era giunto il momento di smuovere le acque.

In quell'istante, George sbuffò - e il continuo bussare alla porta fece capire a Wrath che si era perso il primo colpo. "Sì."

Sapeva chi era prima ancora che la Confraternita entrasse: V e lo sbirro. Rhage. Tohr. Phury. E per ultimo, Z. Che, dal colpo che sentì, stava usando un bastone.

Chiusero la porta.

Quando nessuno prese posto o diede il minimo accenno di dialogo, seppe con esattezza perché erano lì. "Qual è il verdetto, signore?" biascicò, tornando a poggiarsi allo schienale del trono.

Gli rispose Tohr. "Stavamo pensando a Qhuinn."

Ci avrebbe scommesso. Dopo aver buttato lì l'idea alla riunione della serata, non li aveva pressati per avere un sì o un no.

C'era tanta di quella merda che, come re, era ben più che disponibile a strangolare la gente. Non era solo un Fratello ad essere il benvenuto nel club. "E?"

Zsadist parlò nel Vecchio Idioma. "Io, Zsadist, figlio di Aghony, iniziato nel duecentoquarantaduesimo anno della reggenza di Wrath, figlio di Wrath, con la presente nomino Qhuinn, un orfano nel mondo, come membro della Confraternita del Pugnale Nero."

Sentire quelle parole formali venir fuori dalla bocca del Fratello fu uno shock. Z, sopra tutti gli altri, pensava che il passato fosse tutta una serie di stronzate. Non riguardo a questo, però.

Gesù, pensò Wrath. Stavano per discuterne. E in fretta - pensava ci sarebbe voluto molto di più. Giorni di ripensamenti. Settimane. Forse un mese - e poi forse, un niente da fare per una quantità di ragioni.

Ma adesso erano in ballo - così come Wrath.

"Su quali basi fai questa richiesta in nome tuo e della tua discendenza di sangue?" chiese Wrath.

Z lasciò perdere i formalismi. "Mi ha riportato a casa sano e salvo dalla mia shellan e da mia figlia stasera. A rischio della sua stessa vita."

"Sta bene."

Wrath esaminò i maschi che erano attorno alla scrivania, anche se non poteva vederli con gli occhi. Dopotutto la vista non era necessaria. Non aveva bisogno di un trapianto di retina per sapere dove fossero o come si sentivano riguardo a quella storia, gli odori delle emozioni erano fin troppo chiari.

Erano un gruppo compatto, risoluto e orgoglioso.

Ma bisognava rispettare le formalità.

Wrath cominciò col più lontano. "V?"

"Ero pronto a salire a bordo quando è scivolato addosso a Xcor."

Ci fu un brontolio in assenso.

"Butch?"

L'accento di Boston si sentì forte e chiaro. "Credo che sia un combattente dannatamente forte. E mi piace il ragazzo. Sta crescendo bene, lasciando perdere tutte le cazzate, sta maturando."

"Rhage?"

"Avresti dovuto vederlo stasera. Non ha voluto che prendessi l'aereo - ha detto che la scomparsa di due Fratelli era una perdita troppo grande."

Altri borbotti d'approvazione.

"Tohr?"

"La notte in cui ti hanno sparato? Sei ancora qui grazie a lui. È la scelta giusta."

"Phury?"

"Mi piace. Davvero. È il primo a correre in ogni situazione. Farebbe letteralmente ogni cosa, per ognuno di noi - non importa quanto sia pericoloso."

Wrath colpì la scrivania coi pugni. "È deciso, allora. Dirò a Saxton di procedere con le modifiche e lo faremo."

S'inserì Tohr. "Col dovuto rispetto, mio Signore, dobbiamo risolvere la questione dell'ahstrux nohtrum prima. Il suo ordine primario non può più essere parare il culo a John."

"Sono d'accordo. Diremo a John di rilasciarlo - e non credo che la risposta sarà un no. Dopo quello, dirò a Saxton di redigere i documenti, poi seguirà l'induzione di Qhuinn, V, occupati dell'inchiostro sul suo viso. Come se John fosse morto per cause naturali o una roba del genere."

Ci fu un fruscio di indumenti, come se i Fratelli si stessero facendo il simbolo "Proibito della Beata Vergine Scriba" sopra i petti.

"Andata," disse V.

Wrath incrociò le braccia sul petto. Era un momento storico e lo sapeva bene. L'induzione di Butch si era potuta fare grazie al legame di sangue che il maschio aveva con la famiglia reale. Con Qhuinn era tutta un'altra storia. Niente sangue reale. Nessun sangue della Confraternita o di un'Eletta, sebbene tecnicamente fosse un aristocratico.

Niente famiglia.

D'altro canto, il ragazzo si era mostrato degno sul campo di battaglia più e più volte, benché le Vecchie Leggi dicessero che era destinato solo a specifiche discendenze - il che era una stronzata. Non che Wrath non apprezzasse il piano per la razza della Vergine Scriba. Gli accoppiamenti prestabiliti tra i più forti maschi e le femmine più intelligenti aveva di fatto generato dei risultati straordinari, che si erano risolti in guerrieri.

Ma c'erano stati anche dei difetti, come la sua cecità. E le promozioni ristette solo in base ai meriti.

In conclusione, questa ricostruzione delle leggi riguardo chi poteva o non poteva essere ammesso nella Confraternita, non era solo appropriata nei termini del tipo di società che voleva creare - era una questione di sopravvivenza. Era meglio avere più soldati. In più, Qhuinn si era veramente guadagnato quest'onore.

"Così sia," mormorò Wrath. "Otto è un buon numero. Un numero fortunato."

Il cupo ringhio di affermazione riempì di nuovo l'aria, un suono di completa e totale solidarietà.


Questo è il futuro, pensò Wrath, sorridendo a zanne scoperte. E aveva ragione.

mercoledì 21 agosto 2013

Traduzione Capitolo 21 di Lover at Last di J.R.Ward



Lover at Last

21

Blay si smaterializzò verso la magione nello stesso istante in cui l'ultimo assassino in quella piana venne rispedito all'Omega. Con Qhuinn in aria assieme a Z, non c'era alcuna ragione per aspettare l'apparizione di un altro squadrone di lesser.

Anche se, sul serio, come se ci fosse qualcuno che potesse davvero fare qualcosa per quei due?
Riprendendo forma nel cortile, lui -

Direttamente sopra la sua testa, senza fare alcun rumore, quell'aereo abbandonato da Dio oscurava la luna.

Porca troia, ce l'avevano fatta - e dannazione, erano talmente vicini che avrebbe potuto allungare la mano e toccare la carlinga del Cessna.

Tuttavia, quel silenzio immoto non era un buon segno...

Il primo impatto fu con le cime delle siepi di tuia che circondavano il giardino. L'aereo rimbalzò, prese quota, e uscì dal campo visivo.

Blay si materializzò sulla terrazza posteriore giusto in tempo per vedere il Cessna colpire la neve, la forza dell'impatto come quella di un grassone che dà una panciata in piscina, con grandi ondate bianche che si abbatterono tutto intorno. E poi l'aereo si esibì nel più grande tagliaerba Weedwacker mai conosciuto dall'uomo, la combinazione tra il corpo d'acciaio e l'ultra velocità che si faceva strada attraverso gli alberi da frutto e i letti di fiori che erano stati assicurati per l'inverno, e merda, anche le fontane a forma d'uccello allineate.

Ma fanculo tutto. Non gliene fotteva un cazzo se andava modificata la pendenza all'intero posto, purché l'aereo si fermasse... prima di sbattere contro il muro di cinta.

Solo per un istante, gli venne una mezza idea di materializzarsi davanti a quella cosa a mani alzate, ma era una pazzia. Se il Cessna non pareva disturbato dalle statue di marmo che stava buttando giù, figurarsi se gliene sarebbe fregato di un maschio vivo e ansimante -

Senza alcuna ragione apparente, la cosa-fuori-controllo iniziò a ruotare, l'ala di fronte a Blay che si agitava come se Qhuinn stesse cercando di sterzare. La scodata era una mossa perfetta - ma non si sapeva se funzionassero i freni, e visto che la spirale restava stretta, avrebbe avuto bisogno di più spazio per rallentare.

Merda, si stavano davvero avvicinando al muro di cinta -
Dei lampi illuminarono la notte, assieme all'urlo dato dal metallo contro la pietra che annunciava che il 'molto vicino al muro di cinta' era diventato 'proprio contro il  muro' - ma grazie alla curva stretta di Qhuinn, erano scivolati in posizione parallela, piuttosto che di faccia.

Blay iniziò a correre verso lo spettacolo di luci, e quando lo fece, gli altri si unirono a lui, uno dietro l'altro. Non potevano far niente per fermarlo, ma sarebbero stati a portata di mano quando tutto sarebbe -

Crunch!

- finito.

Finalmente l'aereo toccò un oggetto inanimato che non ce n'era di migliori: il capanno dove tenevano i tosaerba, gli attrezzi, le scorte di terreno e fertilizzanti proprio nel retro del giardino.

Capolinea.

Era tutto troppo silenzioso. Tutto quello che Blay riusciva a sentire era l'impatto attutito dei suoi stivali camminando sulla neve, e il respiro nell'aria fredda, e lo scatto degli altri alle sue spalle.

Fu il primo a raggiungere l'aereo e andò allo sportello che per miracolo non era contro il muro di cemento. Aprendolo, tirò fuori la torcia a stilo, non sapeva cosa aspettarsi dentro - fumo? Esalazioni? Sangue e parti di corpo?

Zsadist era seduto nel sedile posteriore rigido come una mazza di scopa, il grande corpo bloccato dalle cinture, entrambe le mani chiuse sui braccioli. Il Fratello aveva lo sguardo fisso dinanzi a sé e non batteva le palpebre.

"Ci siamo fermati?" disse in tono cupo.

Okay, a quanto sembrava anche un Fratello poteva subire uno shock.

"Sì, vi siete fermati." Blay non voleva essere maleducato, ma ora che si era assicurato che lui ce l'aveva fatta, voleva vedere se Qhuinn -

Il maschio uscì dalla cabina di comando. Nel fascio di luce della torcia di Blay, sembrava come se si fosse fatto un giro nel parco dei divertimenti hard core, i capelli buttati indietro con la fronte bruciata dal vento, gli occhi blu e verde spalancati in un viso striato da sangue fresco e ogni arto tremava visibilmente.

"Stai bene?" urlò Qhuinn come se gli fischiassero le orecchie dopo tutto quel rumore. "Z - di' qualcosa -"

"Sono proprio qui," rispose il Fratello con una smorfia mentre faceva leva con una della mani sui braccioli e l'alzava. "Sto bene, figliolo - Sto a posto."

Qhuinn si aggrappò alla mano e fu allora che gli cedettero le ginocchia. Crollò attorno ai loro palmi uniti, la voce così rotta che poteva a malapena parlare.

"Io... volevo solo che tu stessi bene... io... volevo solo... che tu stessi bene - oh Dio... per tua figlia... io volevo che tu stessi bene..."

Zsadist, il Fratello che non aveva mai toccato nessuno, allungò la mano libera e la mise sul capo chino di Qhuinn. "Non far avvicinare nessuno. Dagli un minuto, okay?"

Blay annuì e si voltò, bloccando l'accesso allo sportello col proprio corpo. "Stanno bene - va tutto bene..."

Mentre farfugliava alla folla, le facce che lo fissavano erano una buona dozzina, ma Bella non era tra loro. Dov'era -

"Zsadist! Zsaaaaaaaaaaaaaadist!"

L'urlo rimbombò attraverso il prato dal bagliore blu mentre, sopra al terrazzo, una figura schizzò fuori e corse a perdifiato nella neve.

Un sacco di persone gridarono a Bella, ma lui dubitava che le avesse sentite.

"Zsaaaaaaaaaaaaaadist!"

Quando lei scivolò entrando nel raggio d'azione, Blay l'acchiappò al volo, preoccupato che si schiantasse sul fianco dell'aeroplano. E, oh Dio, non avrebbe mai dimenticato l'espressione sul suo viso - era più spaventosa di qualunque atrocità avesse mai visto, come se  fosse stata scuoiata viva, mentre braccia e gambe le venivano strappate via insieme a brandelli della sua carne.

Qhuinn saltò giù dall'aereo. "Sta bene, è tutto a posto, te lo giuro - sta bene."

Bella divenne di ghiaccio, come se quella fosse l'ultima cosa che si aspettasse di sentire da qualcuno.

"Mia nalla, vieni dentro," disse Z con lo stesso tono calmo che aveva usato con Qhuinn. "Vieni qui."

La femmina fissò Blay come se avesse bisogno di una conferma se ciò che sentiva fosse corretto. In risposta, lui le prese il gomito e l'aiutò a passare attraverso lo sportello.

Poi si voltò e bloccò di nuovo l'accesso. Mentre si sentivano i singhiozzi di sollievo di una femmina, lui vide Qhuinn portarsi le mani agli occhi, come se il maschio si stesse asciugando le lacrime dal viso.

"Porca troia, figliolo, non sapevo che sapessi volare," disse qualcuno.

Quando Qhuinn guardò in alto come se ammirasse il panorama, Blay fece lo stesso. Quando si dice un paesaggio post apocalittico: c'era un canale che si estendeva lungo tutto il percorso del volo, come se un dito di Dio avesse tracciato una piccola linea proprio in mezzo al giardino.

"Veramente... non lo so fare," mormorò Qhuinn.

V si mise una sigaretta rollata a mano tra le labbra e allungò il palmo. "Hai riportato a casa mio Fratello tutto intero. Fanculo il resto."

"L'hai detto -"

"Sì, grazie a Dio -"

"Diamine, sì -"

"Amen -"

Uno dopo l'altro, i membri della Confraternita si fecero avanti, ognuno con la mano con cui impugnava il pugnale aperta. La processione richiese del tempo, ma a nessuno pareva importare del freddo.

Blay sicuramente non lo sentiva. Al punto che diventò paranoico...

Mettendo la mano nel calore della sua giacca di pelle, arrivò alla gabbia toracica e si pizzicò più forte che poté.

Ow.

Chiudendo gli occhi, pregò in silenzio ringraziando che quella fosse la realtà... e non l'orrore che avrebbe potuto essere.

*    *    *

Tutte quelle attenzioni stavano innervosendo Qhuinn.

E non era come se quel piccolo volo di piacere fosse stata una fottuta esperienza Zen. Il bruciore sulla faccia a causa di tutto quel vento, i dolori alle spalle e alla schiena, le gambe molli - si sentiva come se fosse ancora là in alto, ancora a pregare un qualcosa a cui non credeva, sempre e comunque sul filo.

Della morte.

In più era talmente imbarazzato - crollare davanti a Z in quel modo? Andiamo. Era una fottuta checca.

"Ti spiace se do un'occhiata?" disse Doc Jane avvicinandosi.

Sì, buona idea. L'intero motivo di tutta quella storia era perché Z era stato ferito tanto gravemente da non permettergli di smaterializzarsi.

"Qhuinn?" disse la femmina.

"Chiedo scusa?" Oh, era giusto in mezzo. "Ecco, mi tolgo
subito da -"

"No, non Zsadist. Tu."

"Eh?"

"Stai sanguinando."

"Davvero?"

La dottoressa gli voltò i palmi in su. "Guarda."

Vero, le mani erano striate di rosso. "Te lo sei tolto dalla faccia. Hai un taglio profondo sulla testa."

"Oh. Va bene." Forse era per quello che si sentiva così disorientato? "Riguardo a Z -"

"Manny è già con lui."

Huh. Si era perso quella parte. "Vuoi visitarmi qui?"

Doc Jane fece una piccola risata. "Che ne dici se torniamo in casa - se puoi camminare."

"Me ne occupo io -"

"Lasciate che lo porti -"

"Lo porto io -"

"Lo porto -"

Il coro di volontari era una sorpresa, così come tutte quelli mani per aiutare che apparvero dal nulla: Qhuinn era completamente avvolto dalle braccia ispessite dai combattimenti e lo portarono via da lì come qualcuno che scivola sulla folla a un concerto.

Diede un'occhiata alle spalle, sperando di vedere Blay, sperando d'incrociare gli occhi del ragazzo, solo per connettersi con lui, essere in sintonia, sebbene fosse una pazzia -

Ma Blay era là.

Quel bellissimo sguardo blu era proprio lì, fermo e vero mentre incontrava il suo, che lo fece sentire come se stesse per collassare di nuovo. E lui prese forza da quegli occhi, proprio come aveva fatto in passato, quando trascorrevano tanto tempo insieme.

La verità era che avrebbe voluto che fosse Blay a riportarlo in magione, ma nessuno diceva una dannata parola alla Confraternita quando li vedevi caricare così in massa. Inoltre, non c'erano dubbi che il ragazzo si sarebbe sentito come se fossero troppo vicini.

Qhuinn tornò a guardare avanti. Porca... troia...

Il giardino era completamente distrutto, la metà della siepe alta tre metri vicina alla casa era giù, tutti i tipi di alberi abbattuti, i cespugli falciati di netto, i resti dell'impatto ovunque come i frammenti di una bomba.

Cavolo, c'erano un sacco di detriti che sembravano parti dell'aereo.

Oh, guarda, un pannello d'acciaio.

"Aspettate," disse Qhuinn liberandosi. Si abbassò e tirò fuori dalla neve un frammento appuntito e tagliente. Poteva giurare che era ancora tiepido.

"Mi spiace davvero tanto," disse a nessuno in particolare.
La voce del re tuonò di fronte a lui. "Per aver salvato mio Fratello?"

Qhuinn guardò in alto. Wrath era uscito dalla biblioteca con George a un fianco e la regina all'altro. Il maschio pareva enorme quanto la casa dietro di lui - e anche altrettanto forte. Anche cieco, sembrava un super eroe avvolto da quegli occhiali da sole a mascherina.

"Ti ho fottuto tutto il giardino," borbottò Qhuinn alzandosi verso il re. "Voglio dire... riprogettato male."

"Darà a Fritz qualcosa da fare durante la primavera, Sai quanto adora tirar via le erbacce."

"È il minore dei tuoi problemi. Sembra che sia passata una pala meccanica, pare un cantiere, giuro."

Wrath si fece avanti, incontrandolo a metà del terrazzo. "È la seconda volta, figliolo."

"Che distruggo qualcosa di meccanico nelle ultime ventiquattrore? Lo so, hai ragione - la prossima cosa che farò sarà far saltare in aria una nave da guerra."

Quelle sopracciglia nere si abbassarono. "Non era di quello che stavo parlando."

Okay, adesso quella cosa doveva finire. Odiava davvero che tutta l'attenzione fosse puntata su di lui.

Ignorando deliberatamente l'affermazione del re, disse: "Bene, la buona notizia è che non ho intenzione di ripetermi per la terza volta. Quindi credo che per ora siamo salvi".

Ci fu un borbottio sordo in conferma.

"Posso portarlo in clinica adesso?" disse Doc Jane introducendosi a forza.

Wrath sorrise facendo scintillare le zanne al chiaro di luna. "Fa' ciò che devi."

Grazie a Dio... per quella notte era finita.

"Dov'è Layla?" chiese la dottoressa mentre entravano nel tepore della biblioteca. "Devi nutrirti."

Cazzo.

Mentre mamma chioccia in pelle nera dietro di lui cominciò a ridacchiare in supporto a quell'idea, Qhuinn alzò gli occhi al cielo. Una crisi a notte era più che sufficiente. L'ultima cosa che voleva era dover spiegare con esattezza perché l'Eletta non poteva essere usata per il sangue.

"Sembri stordito," disse qualcuno.

"Credo che stia per svenire -"


Eeeeeeee quella fu l'ultima cosa che sentì per un po'.